La minaccia di Lukashenko: stop al gas per l’Europa. Ma von der Leyen conferma le sanzioni
«Forniamo all’Europa il riscaldamento e i Paesi europei ci minacciano di chiudere le frontiere. E se noi interrompessimo il transito di gas diretto all’Europa?». È questa la minaccia che il dittature bielorusso Aleksandr Lukashenko, al potere nonostante tutto da 27 anni, agita contro l’Europa che lo sanziona: chiudere i rubinetti dei gasdotti che portano il 20% del gas russo destinato alla Ue (Yamal Europe) in caso di nuove sanzioni europee contro Minsk. «Sta a loro decidere. Se chiudono le frontiere, lasciamo che lo facciano», ha detto in un incontro di governo secondo quanto riporta l’agenzia governativa Belta. Al suo ministro degli Esteri ha detto di «avvertire tutti gli europei che se introdurranno nuove sanzioni ‘indigeribili’ e inaccettabili per noi, risponderemo». «Come risponderemo? Lo abbiamo concordato circa un anno fa». Lukashenko raccomanda «alla leadership polacca, a quella lituana e ad altre personalità prive di senno di pensare prima di parlare. Non ci fermeremo di fronte a nulla per proteggere la nostra sovranità e indipendenza».
Le accuse
L’Ue ha infatti annunciato nuove sanzioni a Minsk collegate al suo ruolo nella crisi migratoria al confine orientale europeo. Un pacchetto di misure annunciate da Ursula von der Leyen che prevede importanti restrizioni anche per il ministro degli Esteri di Minsk, Vladimir Maki e per Belavia, la compagnia di bandiera bielorussa. Non è ancora chiaro se verrà sanzionata anche la Turkish Airline che, per scampare alla blacklist europea, vieterà la vendita di biglietti per Minsk a iracheni, siriani, afghani e yemeniti, fatta eccezione per chi è titolare di passaporto diplomatico. Anche la compagnia turca infatti è accusata, insieme alla russa Aeroflot, di collaborare nel «traffico di migranti». «Aeroflot e Turkish Airlines svolgono un ruolo di primo piano nel trasferimento dei migranti», ha detto il capo della polizia federale tedesca, Heiko Teggatz. Contribuendo a portare a destinazione le persone ora ammassate al confine.
La minaccia del gas sembra però un’arma spuntata. Il gasdotto origina in Russia e attraversa la Bielorussia per arrivare poi in Polonia e in Germania. Il tratto bielorusso è stato inaugurato nel 2006 e appartiene a Gazprom, l’azienda energetica russa a parziale controllo statale. L’infrastruttura ha una sorta di status giuridico extraterritoriale. Per questo secondo la leader dell’opposizione bielorussa, Svetlana Tikhanovskaya, un’interruzione operativa del gasdotto «avrebbe conseguenze peggiori per Lukashenko, piuttosto che per l’Unione Europa». Di certo, ricostruisce Il Sole 24 Ore, la minaccia di Lukashenko ha subito invertito il calo dei prezzi del gas naturale. Gazprom aveva avviato in questi giorni il rifornimento dei siti di stoccaggio in Germania e Austria, un segnale atteso dai mercati. Intanto il tentativo di mediazione di Angela Merkel con Vladimir Putin continua: i due sono al secondo giorno consecutivo di confronto telefonico. Ma il prossimo cancelliere tedesco Olaf Sholtz potrebbe avere un approccio diverso, con la promessa di tenere con Lukashenko la linea dura.
I migranti
In mezzo, usati dalle parti in causa nella loro disperazione, migliaia di persone in fuga da Afghanistan, Iraq, Yemen, Siria. Le aree di confine di Bielorussia, Lituania e Polonia continuano a essere dichiarate “zone di emergenza” da tutti i paesi coinvolti. Non ci sono media, non ci sono ong, non è possibile comprendere la situazione umanitaria di queste persone accampate con temperature sotto allo zero, spinte anche con la forza dai bielorussi ad attraversare il confine e rispedite indietro dalla polizia polacca quando lo fanno. Secondo il portale polacco Oko.press, negli ultimi due giorni sarebbero morti assiderati un ragazzino curdo di 14 anni e una donna irachena di 37. Secondo altre fonti, le vittime sarebbero di più. Lukashenko ha permesso ad alcuni membri di Alto Commissariato per i Rifugiati dell’Onu, Oim e Croce Rossa bielorussa di recarsi in zona per un sopralluogo. Sono preoccupate anche le Nazioni Unite, con la questione portata all’attenzione del Consiglio di sicurezza, per la crisi umanitaria degli esuli ma anche dell’aspetto militare dell’intera vicenda, sempre più pesante, con truppe ammassate ormai su tutte le frontiere tra Europa e Bielorussia.
In copertina ANSA/MAXIM GUCHEK | Il presidente bielorusso Alexander Lukashenko in Parlamento a Minsk, Bielorussia, 26 maggio 2021.
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