Omicidio Willy, parla Marco Bianchi: «Sono un ragazzo semplice tra sport e amici. I calci? Si è rialzato subito»
Davanti alla Corte di assise del Tribunale di Frosinone, Marco Bianchi, accusato insieme al fratello Gabriele e ad altri amici dell’omicidio di Willy Monteiro Duarte, ucciso a Colleferro nella notte tra il 5 e il 6 settembre dello scorso anno, rompe il silenzio. «Non ho colpito Willy al petto, con un calcio l’ho colpito al fianco sinistro e l’ho spinto. Lui è caduto ma si è subito rialzato. Io poi sono andato via dai giardinetti», ha detto ai giudici nel corso dell’udienza del processo. Poi ha aggiunto: «Io non avevo capito che era successo qualcosa di grave perché non sarei mai partito con l’auto. Mentre eravamo in macchina un mio amico si è rivolto a Belleggia (altro imputato, ndr) dicendo sei un pezzo di m… perché hai colpito quel ragazzo…». Nel corso dell’esame, Bianchi ha detto di essere «un ragazzo semplice diviso tra sport ed amici» rispondendo, dunque, a chi lo accusa di essere dedito, insieme al fratello, allo spaccio di stupefacenti e di essere stato estremamente violento al punto da essere temuto nella zona. «Ho detto la verità ma non sono stato creduto. A Willy ho dato solo una spinta e un calcio al fianco. Belleggia non dice la verità è dovrebbe assumersi le sue responsabilità», ha concluso Marco Bianchi cercando, dunque, di smentire la circostanza secondo cui sarebbe stato lui a sferrare il corpo che sarebbe stato letale per la giovane vittima. Nell’aula del tribunale di Frosinone questa mattina era presenti tutti e quattro gli imputati: oltre ai due fratelli Bianchi, anche Mario Pincarelli e Francesco Belleggia (quest’ultimo si trova ai domiciliari, non in carcere).
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