Il governo accelera sul Super Green pass: domani cabina di regia e Cdm sulle nuove misure
Dopo l’incontro con le Regioni, il governo accelera verso il nuovo decreto che conterrà il provvedimento sul Super Green pass. Secondo fonti dell’esecutivo, domani, 24 novembre, si terrà prima una cabina di regia e poi il Consiglio dei ministri. Il tema principale sarà l’erogazione della certificazione verde soltanto per guariti e vaccinati: chi non lo avrà non potrà entrare in cinema, bar, ristoranti, stadi. I tamponi resteranno validi per chi deve andare a lavoro, ma la loro durata potrebbe scendere da 72 a 48 ore per i molecolari e da 48 a 24 per gli antigenici. Allo studio anche l’estensione ai mezzi pubblici (bus, metropolitane, tram, treni regionali), l’obbligo di terza dose per i sanitari e la riduzione della validità del Green pass a 6 mesi (non più a 9). Ma anche, secondo le ultime ipotesi, l’obbligo vaccinale per forze dell’ordine e personale della scuola. Sul tavolo anche l’idea di tornare alla mascherina obbligatoria all’aperto su tutto il territorio nazionale.
Divieti per tutti e anche in zona bianca?
C’è però ancora un nodo da sciogliere. Il lasciapassare sanitario rafforzato sarà rilasciato per le attività di svago. E quindi non sarà possibile, senza Green pass rinforzato, frequentare cinema e teatri, bar e ristoranti, sale da concerto e discoteche, stadi e palazzetti dello sport. Con il test del tampone si continuerebbe invece ad andare al lavoro. Ma a partire da quando? Le Regioni chiedono di varare un piano che preveda nuovi divieti già in fascia bianca e per tutti gli italiani a prescindere dalla situazione epidemiologica. Anche nel governo il fronte rigorista la pensa così. Ma negli enti locali non c’è compattezza attorno a questa ipotesi e anche nell’esecutivo. La stretta dovrebbe attivarsi quando una regione finisce in zona gialla, arancione o rossa secondo altri.
Ma questo, come spiega oggi La Stampa, avrebbe due risvolti negativi. Il primo: si va in zona gialla con le terapie intensive occupate al 15% e i reparti ordinari al 10%, un livello che viene considerato già pericoloso. Perché l’aumento dei posti letto messo in campo dalle Regioni non è stato seguito dall’incremento del personale che deve dedicarsi al paziente in rianimazione. Quindi la stretta del lasciapassare arriverebbe troppo tardi. Il secondo risvolto negativo è che le chiusure dei luoghi di svago scatterebbero per la popolazione non vaccinata, ma il virus circola anche tra gli immunizzati, anche se in misura minore. Sarebbe quindi più logico muoversi prima, anticipando la circolazione del virus tra la popolazione. Ma questo potrebbe rivelarsi un problema politico.
Vaccino obbligatorio: quali categorie?
Sul tavolo c’è anche l’ipotesi dell’obbligo vaccinale per alcune categorie di lavoratori. Ieri il ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta lo ha proposto per tutte le forze di polizia ed emergenza e per tutti i dipendenti pubblici che lavorano negli sportelli a contatto con il pubblico. Oggi, spiega Repubblica, c’è un motivo ulteriore per immunizzare le forze di polizia. Proprio agli agenti il Viminale vuole affidare un piano straordinario di controlli da far scattare prima del Natale e del Capodanno. Con l’obiettivo di verificare con maggiore puntualità rispetto a quanto si è fatto fino ad oggi il rispetto delle regole del Super Green pass. Ma proprio per questo sarebbe incoerente lasciare le forze dell’ordine senza obbligo e poi mandarle a controllare chi rispetta le regole.
Ma c’è anche un dubbio. Se l’obbligo non venisse rispettato si rischierebbe la paralisi per l’ordine pubblico, visto che gli agenti che non potrebbero lavorare in quanto non in regola con l’immunizzazione sarebbero uno su cinque. Poi ci sono i docenti. L’opzione dell’obbligo per il personale della scuola desta le stesse perplessità e obiezioni. Nessuna discussione invece sull’obbligo di terza dose o booster per sanitari e lavoratori delle Rsa. Così come per la riduzione della validità del Green pass, che sarà fissata a 6 o a 9 mesi. Il governo potrebbe invece far tornare il vigore l’obbligo di mascherina all’aperto. Ieri nell’incontro lo hanno proposto alcuni governatori.
Tamponi molecolari e test antigenici
Sul tavolo del governo c’è anche il problema dei tamponi molecolari e dei test antigenici. Se passerà il Green pass 2G i test rimarranno comunque fondamentali per chi dovrà andare al lavoro. Ma nel governo si discute sull’affidabilità dei secondi e sulla validità della durata dei primi. L’ipotesi è di far scendere la durata da 72 a 48 ore per i molecolari e da 48 a 24 ore per gli antigenici. E questo per due motivi fondamentali. Il primo lo spiega l’immunologo e membro del Comitato Tecnico Scientifico Sergio Abrignani al Corriere della Sera: «Sappiamo che il test antigenico è meno attendibile di quello molecolare: il 60-65% dell’attendibilità contro il 99%. Significa che un terzo degli infetti non viene intercettato. I dati li conosciamo bene».
Il secondo motivo lo ha spiegato ieri il professor Walter Ricciardi, consulente del ministro Speranza, a Repubblica: nel contagio con la variante Delta plus «siamo ai livelli della varicella, un positivo è in grado di contagiarne 8-9. Con il virus originario di Wuhan un positivo ne infettava al massimo 2, con la Delta 6-7, la nuova variante ha un indice di contagiosità maggiore del 15-20%. È per questo che non possiamo più permetterci il rischio dei falsi negativi dati dai tamponi antigenici». Con un indice di contagio così alto, è il ragionamento, ogni falso positivo è in grado di dare il via a un cluster. Ma il problema è che negli altri paesi europei per ora il test antigenico è valido. E quindi si continuerebbe a entrare in Italia con ciò che viene vietato alla cittadinanza.
I costi
C’è anche un problema di numerosità dei test. Oggi, spiega ancora il quotidiano, si fanno 600-700mila test al giorno: 3,7 milioni di test sono stati effettuati nell’ultima settimana e di questi 2,7 milioni sono rapidi. Il tasso di positività rilevato è diverso: 6,04% per il molecolare, 0,25% per l’antigenico. Di solito infatti il molecolare viene utilizzato per confermare l’antigenico. O per ottenere il Green pass se non ci si vuole vaccinare. Ma i tamponi molecolari per tutti quelli che devono averlo per andare a lavoro sarebbero impossibili da garantire: sia per i tempi di lavorazione che per le strutture (che non possono essere le farmacie). Infine c’è il problema dei costi: un antigenico costa 15 euro, un molecolare 50. La differenza andrebbe in conto ai No vax.
Immagine di copertina: ANSA/UFFICIO STAMPA PALAZZO CHIGI/FILIPPO ATTILI
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