I tamponi rapidi non bastano più ma i molecolari spaventano i No vax: 50 euro a test e poche strutture
Dopo quasi due anni di pandemia ormai è chiaro, il miglior modo per frenare la corsa del virus è anticiparlo. Stanarlo o come si direbbe meglio in gergo, “tracciarlo”, prima che abbia tutto il tempo di replicarsi da un organismo a un altro e magari anche di mutare in varianti più pericolose. In piena quarta ondata e con l’inverno alle porte, tamponare il numero maggiore di persone e casi sospetti si fa fondamentale, soprattutto se la popolazione non è ancora completamente immunizzata. Il lavoro di squadra tra vaccini anti Covid e test appare ora centrale a meno di decisioni da parte del governo che non siano ancora più drastiche. Si parla di G2, e cioè di un Green pass che elimini l’opzione dei tamponi. Ma mentre nei palazzi si discute ancora sul da farsi, la variante Delta corre veloce e spinge ad attrezzarsi con quello che si ha.
«Con il virus originario di Wuhan un positivo ne infettava al massimo 2, con la Delta i contagi arrivano a 6-7 persone, con un indice di contagiosità maggiore del 15-20%. Per queste ragioni non possiamo più permetterci il rischio dei falsi negativi dati dai tamponi antigenici », spiega il consulente del ministro della Salute Speranza, il professor Walter Ricciardi. Alla luce di questi dati la domanda è su quanto i tamponi antigenici rapidi siano davvero un’arma efficace per questo inverno e quanto siano in grado di tracciare una variante del virus così potente. L’ultimo allarme dei presidi nelle scuole è piuttosto indicativo: per risultati sbagliati dei test antigenici oltre 150 classi sono attualmente in quarantena con 1.500 ore di lezione perse.
«Si usino solo i molecolari», dicono. La risposta degli esperti poi non incoraggia: «Sappiamo che il test antigenico è meno attendibile di quello molecolare: il 60-65% dell’attendibilità contro il 99%. Significa che un terzo degli infetti non viene intercettato», spiega il membro del Comitato tecnico scientifico e immunologo Sergio Abrignani. Una differenza di efficacia che in piena quarta ondata risulta rischiosa. Ogni falso positivo è in grado di dare via a un cluster ancora più pericoloso. Dunque cosa fare? Molecolari per tutti?
I problemi
Chi paga 50 euro a test?
Gli scettici del vaccino non hanno al momento scelta: a lavoro e nella maggior parte dei posti di svago si entra con Green pass. E a meno che non abbiano già contratto il virus e siano guariti, l’unica strada per loro rimane il tampone. Attualmente il test antigenico rapido, valido entro 48 ore dall’esecuzione, (ma il governo pensa a una riduzione a 24) può essere fatto in farmacia e negli ambulatori al prezzo di 15 euro. Se per proteggersi dalla Delta si dovesse decidere di abbandonare questa tipologia di tampone e scegliere unicamente il molecolare, la spesa media ogni 72 ore (ma il governo pensa a una riduzione a 48) sarebbe di 50 euro. Una bella differenza che al momento peserebbe sulle tasche dei No vax.
Tempi troppo lunghi
Il tampone molecolare garantisce un’efficacia di tracciamento del virus al 90%. Un enorme vantaggio per il tentativo di arginare in tempo la diffusione veloce sul territorio nazionale e individuare con sicurezza i contatti stretti di un positivo colpiti dall’infezione. Il problema però sono i tempi. A differenza del rapido, il cui esito è ottenibile anche entro un quarto d’ora dall’esecuzione, il test molecolare richiede un iter di elaborazione molto più lungo, che in genere richiede almeno le 24 ore. Tempistiche che risulterebbero poco fattibili soprattutto per quei test utili per l’ingresso quotidiano a lavoro.
Troppe poche strutture
Negli ultimi mesi No vax e non vaccinati in generale hanno trovato nelle farmacie il posto più comodo e immediato per eseguire i loro tamponi ogni 48 o 72 ore. Se i test rapidi venissero completamente eliminati, la capillarità garantita dalla farmacie verrebbe meno lasciando il posto a un problema di strutture e numero di laboratori in grado di affrontare una richiesta così alta di molecolari.
Troppi test da fare
Attualmente in Italia si eseguono circa 600-700 mila tamponi al giorno tra rapidi e molecolari. All’interno del totale la differenza di numero tra le due tipologie però è netta. Basti pensare che negli ultimi 7 giorni su territorio nazionale si sono contati 3,7 milioni di tamponi in tutto di cui 2,7 milioni di antigenici rapidi e solo 1 milione di molecolari. Una differenza che sta anche nell’efficacia di tracciamento: il tasso di positività rilevato dai molecolari si è attestato al 6,04%, quello degli antigenici allo 0,25%. Il gap è spiegato sia dalla differente efficacia di rilevamento sia dall’utilizzo attuale delle due tipologie. Spesso si ricorre ai molecolari per casi già fortemente sospetti nella sintomatologia, i rapidi sono la scelta più frequente per tutti coloro che vogliono il Green pass. Alla luce di questi numeri, eliminare di colpo l’utilizzo dei test antigenici rapidi significherebbe per tutti i motivi finora spiegati provocare un evidente blocco al sistema di tracciamento italiano.
Chi entra in Italia con altre regole
L’idea di eliminare i test rapidi sarebbe per l’Italia una decisione piuttosto forte anche rispetto a una politica di azione condivisa con il resto d’Europa. In tutti gli altri Paesi l’antigenico rapido è un tampone ritenuto valido: per questo si potrebbe continuare ad entrare tranquillamente in Italia con Green pass da esito negativo di test antigenico. E ancora uno straniero potrebbe accedere a tutti i luoghi di svago e alle attività sociali. Stesso problema si verificherebbe con la questione dei tempi di validità: se l’Italia dovesse ridurre a 24 ore il tempo massimo in cui un test rapido continua a valere come “patente” di negatività al virus, andrebbe a scontrarsi con le tempistiche più ampie dei Paesi esteri. Insomma si continuerebbe a entrare in Italia con modalità che ai cittadini italiani risultano vietate.
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