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Mario, tetraplegico da 10 anni: il primo sì al suicidio assistito in Italia

Suicidio assistito
Suicidio assistito
Il comitato etico della Asur Marche di Ancona ha detto sì alla sua richiesta di accedere al farmaco letale. Ora potrà autosomministrarselo. Oppure cambiare idea all'ultimo momento

“Mario” è un nome di fantasia. Ma così verrà identificato il primo paziente che ha ottenuto il suicidio medicalmente assistito. Il comitato etico della sua azienda sanitaria, la Asur Marche di Ancona, ha detto sì alla sua richiesta di accedere al farmaco letale. Mario è un malato tetraplegico immobilizzato in un letto da dieci anni. Da oltre un anno chiedeva la somministrazione e non voleva andare in Svizzera o in altri paesi che riconoscessero il suicidio assistito. Ma prima l’azienda sanitaria e poi due sentenze del tribunale gli avevano detto di no. Il 10 agosto Mario aveva scritto ad alcuni giornali (Corriere della Sera e Stampa) per raccontare la sua vicenda. Il ministro della Salute Roberto Speranza si era schierato con lui.

Fine vita

A giugno era arrivato l’ok del tribunale. Dopo l’estate a muoversi era stata l’Associazione Luca Coscioni. Infine il comitato tecnico di Ancona ha verificato le sue condizioni con la relazione di un gruppo di medici specialisti. E ha confermato che Mario possiede i requisiti per l’accesso legale. Ovvero le quattro condizioni essenziali dettate dalla Corte Costituzionale nella sentenza Cappato-Dj Fabo:

  • è tenuto in vita soltanto grazie a trattamenti di sostegno;
  • è affetto da una patologia irreversibile e incurabile;
  • è pienamente in grado di intendere e di volere;
  • non è sua intenzione avvalersi di trattamenti per il dolore e la sedazione profonda.

Per questo il Comitato Etico ha detto di sì. Ma, spiega oggi proprio La Stampa, manca ancora qualcosa. Ovvero la definizione del processo di somministrazione del farmaco letale. E questo perché il Parlamento non ha ancora votato una legge che garantisca i diritti del cittadino e fissi le procedure per il suicidio medicalmente assistito. E quindi «nessun malato ha finora potuto beneficiarne, perché il servizio sanitario si nasconde dietro l’assenza di una legge che definisca le procedure», spiega al quotidiano Marco Cappato dell’Associazione Luca Coscioni.

La legge che manca

Nel documento del Comitato vengono accertati i requisiti ma sul farmaco letale ci si limita a chiedere informazioni. «Pur rimanendo qui immobile ho capito che in questi mesi ho fatto una cosa grande», aveva detto lui secondo quanto riporta oggi il Corriere. «Adesso mi sento più legger o, mi sono svuotato di tutta la tensione accumulata in questi anni», dice oggi. Mario adesso potrà scegliere quando morire e anche cambiare idea all’ultimo istante visto che soltanto lui (che riesce a muovere il dito mignolo della mano sinistra) potrà autosomministrarsi il farmaco. I medici possono intervenire solo nell’eutanasia. Mario aveva deciso di andare in Svizzera perché era stanco di aspettare. Poi dopo i 13 di mesi necessari per la visita e per la stesura del parere, è arrivato l’ok.

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