Scappato dall’Italia grazie a un intoppo burocratico, così è tornato libero il torturatore nazista di Pinochet arrestato in Toscana
«Una vergogna. Lo Stato italiano ci deve delle spiegazioni». Hanno reagito così i familiari delle vittime di Reinhard Doring Falkenberg, uno dei torturatori del regime cileno di Pinochet, alla notizia della sua liberazione dal carcere di Lucca e della sua successiva fuga in Germania. Uno dei ricercati dall’Interpol più pericolosi al mondo e uno dei nomi più temibili di Colonia Dignidad, il centro di detenzione per gli oppositori della dittatura fondato in Cile da un gruppo di nazisti, era detenuto in Italia da settembre. 75 anni, era stato identificato mentre era in vacanza a Forte dei Marmi durante un controllo. Era in attesa della richiesta di estradizione dal Cile, da dove è fuggito nel 2005 per evitare il processo per crimini contro l’umanità. Il documento è arrivato il 19 novembre, ma il 18 novembre la Corte d’Appello di Firenze aveva già deciso di revocare la custodia in carcere per motivi di salute, e perché non risultava ancora essere pervenuta la richiesta di estradizione.
A questo si aggiunge un altro fatto: per tre giorni, dal 19 novembre alla mattina del lunedì 22 novembre, nessuno legge l’email con la richiesta dal Cile. Proprio in quella data scadeva il tempo a disposizione delle autorità cilene per richiedere l’estradizione. Il torturatore si presenta regolarmente alla questura di Lucca per l’obbligo di firma fino al 22 novembre, quando, a metà mattinata, gli viene comunicata l’estradizione che diventerebbe effettiva il giorno dopo. Basta quel margine di tempo per permettergli di tornare indisturbato in Germania. Reinhard Doring Falkenberg è stato latitante per 15 anni. Tra i suoi crimini c’è la condanna per il rapimento e la scomparsa di Elizabeth Rekas, Antonio Ormaechea e Juan Maino, il fotografo italo-cileno militante del Movimento a sostegno di Allende.
Immagine di copertina: EPA/MARIO RUIZ