Indagata l’azienda francese per «complicità in torture e sparizioni» in Egitto: gli intrecci con il caso Regeni
L’azienda francese Nexa Technologies è stata posta sotto indagine per complicità in atti di tortura e sparizioni forzate. Gli inquirenti di Parigi la accusa di aver venduto all’Egitto apparecchiature di sorveglianza informatica che potrebbero aver consentito al Paese guidato da al Sisi di rintracciare gli oppositori. Lo ha appreso l’Afp da una fonte autorevole vicina al caso. Il pronunciamento del giudice per le indagini preliminari, che è anche responsabile delle indagini, risale al 12 ottobre, ovvero quattro mesi dopo i verdetti emessi nei confronti di quattro dirigenti della società. Intanto, però, l’avvocato di Nexa Technologies, François Zimeray, ha preferito non commentare. Un caso che, di fatto, imbarazza il presidente Emmanuel Macron, che secondo i media francesi sarebbe stato a conoscenza delle forniture della Nexa all’Egitto e che potrebbe avere collegamenti con la morte di Giulio Regeni in Egitto.
I rapporti con
L’accordo risale alla fine del 2014 quanto tre aziende francesi consegnano all’Egitto un sistema di sorveglianza della popolazione, in grado di intercettare comunicazioni telefoniche e internet e di localizzare le posizioni degli utenti. Un sistema che il Cairo avrebbe usato per arrestare oppositori politici e dissidenti specialmente nel periodo 2014-2021, dunque quando è stato ucciso Giulio Regeni. A rivelarlo, per primo, è stato il sito investigativo Disclose che ha svelato i presunti rapporti segreti tra Parigi e il regime di al Sisi. Le tre società che hanno stipulato l’accordo sono Ercom-Suneris, Nexa Technologies e Dassault Systèmes. Nello specifico, Nexa avrebbe installato un apparato che permetterebbe di «analizzare i dati per comprendere le relazioni e il comportamento delle persone sospette, andando indietro nel passato per trovare le informazioni utili in molti miliardi di conversazioni registrate». E non è finita qui: alcuni dipendenti di Dassault, sempre secondo Disclose, si trovavano al Cairo, per supervisionare l’installazione del nuovo sistema, come riporta la Repubblica, proprio nei giorni in cui Regeni è stato brutalmente massacrato.
Foto in copertina di repertorio: EPA/IAN LANGSDON
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