Fortino No Vax, tra nuove varianti e contagi in aumento, chi sono e quanti sono ora gli irriducibili del no al vaccino
Scendono in piazza in migliaia – a volte anche meno come accaduto ieri – ma in realtà sono milioni, gridano a voce alta contro il vaccino ma nascondono un esercito di compagni silenziosi, si chiamano, o vengono chiamati, No vax e rappresentano il muro, per ora, invalicabile della campagna vaccinale. Dopo undici mesi dall’inizio delle prime somministrazioni, in Italia la platea dei non vaccinati si è evoluta nel tempo: prima composta dai più timorosi ora sembra essere formata da chi il vaccino non lo sceglie per principio. Una categoria ridotta all’osso, ma a quello più duro, su cui la domanda che esperti e politici continuano a farsi è: chi e quanti sono davvero? Ma soprattutto: è possibile convincerli?
I numeri
L’84,44% della popolazione italiana risulta completamente vaccinata. Una percentuale che in numeri corrisponde a 45.607.770 persone, calcolata su una platea totale di 54.009.944. Dalla differenza delle due cifre si ottiene il numero della popolazione non vaccinata: 8.402.174. Chi sono questi 8 milioni di persone? All’interno del bacino di popolazione non immunizzata è necessario individuare queste categorie:
- I guariti da al massimo 6 mesi: in tutto 362.034
- I vaccinati con una sola dose in attesa della seconda: in tutto 1.505.975
- Gli esenti al vaccino per allergie e patologie gravi stabilite dal ministero della Salute. A loro è più difficile attribuire un numero preciso: il Ministero al momento non è in grado di fornire un conteggio a livello nazionale del numero complessivo delle esenzioni concesse. Sono infatti le 116 Asl sparse sul territorio ad avere il controllo sulle singole richieste, avanzate ancor prima dai singoli pazienti al medico di base. Le regole comunque riguardano solo una minima parte della popolazione: possono dirsi esentate dal vaccino le persone che dimostrano di avere ipersensibilità a principi attivi contenuti nei preparati somministrati in Italia, chi ha avuto una sindrome chiamata di Guillan-Barrè (una infiammazione acuta della nervatura periferica), o chi ha accusato una reazione allergica dopo aver ricevuto la prima dose. In tutti gli altri casi, compreso chi soffre di malattie autoimmuni o chi soffre di allergie non legate ai vaccini, l’esenzione non può essere concessa. Per fare un esempio, in una delle regioni d’Italia con meno vaccinati, la Sicilia, si contano al massimo quattro esenti ogni mille assistiti, su una platea di non vaccinati pari a circa un milione.
Per arrivare al cuore dei No vax bisogna escludere anche la categoria di cui parla il professor Massimo Galli: «In Italia ci sono circa 4 milioni e 700 mila persone che hanno contratto la Covid in maniera asintomatica o sintomatica e che sono registrati regolarmente perché hanno fatto un tampone – spiega il primario dell’Ospedale Sacco di Milano a Open – Ma c’è una quantità di persone di cui anche il Cnr di Milano rende conto che nel primo grande lockdown, quando ancora il tracciamento tramite tampone non era attività quotidiana, hanno presentato sintomi ma non hanno avuto modo di verificare l’avvenuta infezione tramite test». Persone che sanno di essere state malate e che spesso ne hanno avuto prova tardiva mediante l’esito positivo al test degli anticorpi.
«Soggetti che non sono registrati da nessuna parte», spiega Galli, «e che una stima orientativa mi può far pensare possano essere pari a 2 milioni». Valutazione che al momento non ha dettagliate evidenze statistiche o scientifiche ma che riguarda una categoria senza dubbio esistente, «insieme a tutti coloro poi che non hanno proprio avvertito nessun sintomo e nonostante questo sono risultati positivi al test anticorpale». Una realtà che in termini di contagio non deve preoccupare: tali soggetti rappresentano un ambito in cui difficilmente il virus può circolare, in virtù della dimostrata immunità naturale che viene conferita proprio dall’infezione.
Chi sono allora questi No vax?
Tolte le categorie di immunizzati per avvenuta infezione o gli esenti, tocca fare i conti con chi il vaccino lo rifiuta e basta. Con un calcolo sommario i 3 milioni di soggetti rimanenti rappresentano una realtà da comprendere nelle sue caratteristiche attuali. Chi sono i non vaccinati di oggi e perché sono diversi da quelli di qualche mese fa? L’analisi aggiornata del Laboratorio di ricerca sul cambiamento sociale e politico, Sps Trend, dell’Università Statale di Milano sembra netta: nella componente dei non immunizzati diventa sempre più dominante la parte di quelli che sono contrari alla vaccinazione per principio, con una percentuale che supera il 50%. Una considerazione di partenza fondamentale per capire chi sono le persone che la campagna vaccinale punta a convincere e qual è il reale margine di persuasione che forze politiche ed esperti riescono ancora ad avere. Il numero di No vax all’interno della popolazione non vaccinata, attualmente il 10% del totale, non è sempre stata così dominante come adesso.
L’evoluzione nel tempo
«Nelle stime di giugno, il 20% della popolazione risultava non propensa alla vaccinazione. Di questi il 5% si dichiarava contrario al vaccino per principio. Lo sapevamo dalle risposte date alla domanda sul perché avevano rifiutato la vaccinazione contro Covid-19. Se la prima categoria parlava di timori, di dubbi su eventi avversi, di necessità di pensarci ancora un po’, la seconda forniva come unica spiegazione la contrarietà ai vaccini di ogni tipo». Adesso, secondo quanto conferma anche il coordinatore scientifico di Sps TREND, professor Cristiano Vezzoni, il cerchio si è decisamente più ristretto. Se a giugno i 3/4 dei non propensi alla vaccinazione erano rappresentati dal gruppo dei “dubbiosi” e solo 1/4 dai No vax, attualmente i contrari al vaccino per principio costituiscono più del 50% della popolazione che ha scelto di non immunizzarsi.
«Questo indica l’esistenza di un gruppo molto più saldo di prima e coeso nelle idee in comune», spiega Vezzoni, «più il cerchio si stringe e più l’importanza identitaria della loro scelta e del loro rifiuto si alimenta e si fortifica». Quello che è successo alla categoria dei dubbiosi in questi mesi è semplice. Due elementi sembrano averli portati a prendere una decisione e vaccinarsi: il primo è la centralità del tema. Per i distratti e per chi aveva preferito non pensarci, è diventato quasi impossibile non occuparsene. La seconda ragione, e quella forse più determinante, sono le decisioni del governo in merito a pass sanitario e vita sociale che ha fatto assumere al vaccino un ruolo strumentale per poter svolgere le attività quotidiane.
Il ritratto di un No vax
I suoi punti fermi
Prima di far riferimento alle più classiche caratteristiche socio demografiche e ai criteri standard di profilazione fatti di età media, istruzione e provenienza, ci sono due fondamentali elementi che disegnano il profilo medio del No vax attuale.
- Dai manifestanti in piazza agli intellettuali della tv, dagli operatori sanitari ai docenti, il tratto fondamentale dei no vaccino è la completa sfiducia nella figura istituzionale. «Una sfiducia trasversale che emerge essere rivolta ai più disparati organi autorevoli: non si fidano del Parlamento, ma neanche delle forze dell’ordine, e allo stesso tempo della Chiesa. Fino poi ad arrivare alla scienza» spiega Vezzoni, definendo il fenomeno come vera e propria “crisi epistemica”. Una crisi cioè che mette in discussione ogni fonte autorevole e istituzionale in quanto tale. Da qui la ricerca smodata di informazioni alternative su Internet: tanto è potente il rifiuto con il quale ci si allontana dalle “fonti epistemiche” altrettanto forte è l’affidamento a siti, spazi web e profili social che di scientifico hanno ben poco.
- Il rinforzo emotivo. Dopo 11 mesi di campagna vaccinale, aver rifiutato l’immunizzazione diventa un elemento identitario sempre più importante: «La scelta è oggi fondamentale per la vita quotidiana, per le misure a cui si è obbligati ad andare incontro, per l’appartenenza ad un gruppo». Fattori che alimentano il tratto emotivo dei soggetti sempre più chiusi in una bolla di appartenenza, dove si rinforzano reciprocamente posizioni comuni e si diventa sempre più refrattari ad accogliere ragioni differenti dalle proprie convinzioni. «Viene creata così una specie di minoranza sociale che con il passare dei mesi è diventata e diventerà un fortino difficile da abbattere».
Il contagio geografico
La questione della vaccinazione va al di là del classico modello basato su sistemi sanitari funzionanti. Una delle ipotesi più frequenti è che con un migliore sistema sanitario, a migliorare sia anche l’approccio alle cure proposte. Ma questo sembra non valere affatto per la campagna anti Covid. «La mappa italiana delle vaccinazioni non segue il modello del classico Nord efficiente e del Sud più arretrato anche e soprattutto a livello di offerta sanitaria». Secondo quanto emerge dai dati aggiornati di Sps TREND, scegliere di non vaccinarsi è una questione di “contagio” culturale. Prendendo in esame i due territori con le più basse percentuali di vaccinazione, Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, e la buona efficienza dei due sistemi sanitari locali, l’ipotesi che si fa strada è un’altra: «Una regione o provincia come quella di Bolzano è esposta a degli stimoli di tipo culturale che derivano da altre realtà come quella austriaca e quella tedesca, dove sappiamo bene quanto sia diffuso l’approccio scettico e dubbioso ai vaccini», spiega Vezzoni.
Un’influenza culturale che viene da oltre confine e che sovverte tutti gli stereotipi di territori con sistemi avanzati come luoghi in cui la cultura sanitaria tocca alti livelli di consapevolezza. Evidenze di indagine socio-politica e culturale che solo con il passare del tempo potranno consolidarsi e acquisire la forza di evidenze scientifiche, proprio come qualsiasi altro esperimento sul campo. L’altra componente geografica è la spiccata tendenza, nei luoghi di più alta concentrazione No vax come Friuli, Sicilia o Trentino, ad alimentare la presenza di minoranze già solide sul territorio. Il caso di Trieste e dei portuali insegna: «Un gruppo che era già in piedi per altre ragioni vede l’imporsi, al suo interno, di una tendenza al rifiuto del vaccino che non è quella diffusa su scala nazionale ma che in quella micro realtà si instaura come conformismo a cui aderire». Bolle sociali, dunque, in cui il contagio culturale si diffonde e si auto alimenta.
L’età
Sulle vaccinazioni i giovani hanno fatto meglio di tutti, raggiungendo percentuali superiori alle altre fasce d’età. Cosa simile è successa per i molto anziani. Le due categorie hanno avuto per differenti esigenze, legate proprio all’età e allo stile di vita, una particolare propensione al vaccino. Come confermato dalle analisi di Sps TREND la fascia preferita dall’ideologia No vax è quella intermedia: dai 35 ai 55 anni. Un range confermato anche dai dati ufficiali sulle vaccinazioni divise per fascia d’età. Qui di seguito il numero di persone attualmente non immunizzate:
- 12-19 anni: 1.319.920
- 20-29 anni: 901.488
- 30-39 anni: 1.320.596
- 40-49 anni: 1.669.094
- 50-59 anni: 1.430.168
- 60-69 anni: 860.775
- 70-79 anni: 526.418
- over 80: 291.926
Colti o ignoranti?
Se da un lato l’idea smentita dalle statistiche è quella che considera i No vax un insieme di ignoranti e violenti, dall’altro sembra non corrispondere al vero l’idea di un gruppo composto in larga maggioranza da intellettuali e super istruiti. «Ci sono senza dubbio elementi di marginalità e di poco coinvolgimento sociale nella maggior parte di loro, a cominciare dal lavoro inquadrato nei settori più bassi e dai minori livelli di istruzione. Nonostante ciò, però, è bene specificare che questi non sono fattori che contribuiscono in modo chiaro a una tipizzazione. Soprattutto dal punto di vista dell’istruzione».
Quello che spiega il professor Vezzoni è che a fare la vera differenza sono i tratti tipici, spiegati all’inzio, di sfiducia nelle fonti autorevoli e di resistenza alle opinioni differenti dalle proprie. Sul piano statistico dunque il livello di istruzione non sembra essere una caratteristica predominante. Le cose cambiano sul piano della sostanza. Sono esponenti della cultura new age, sportivi, filosofi e storici, insegnanti di yoga, vegani, i sottogruppi della bolla No vax che però non riescono a raggiungere una rappresentatività discreta a livello numerico. Lo fanno invece a livello di profilazione, permettendoci di capire in modo più capillare le identità e le singole influenze di chi rifiuta il vaccino.
Vale ancora la pena provare a convincerli?
Alla luce dei nuovi dati in constante aumento e di una nuova variante, l’Omicron, entrata ora anche in Italia, la domanda che si pongono gli analisti è se lo zoccolo duro dei No vax potrà mai ammorbidirsi. Gli esperti che hanno profilato il nocciolo duro dei contrari, al momento, sono convinti che il margine per persuadere gli irriducibili sia praticamente assente. «La struttura polarizzata della società è ormai così tanto acutizzata e la potenza identitaria acquisita dal fortino No vax talmente consolidata, che continuare a spendere risorse per abbatterlo rischia di essere un buco nell’acqua».
L’analisi che emerge dal team di ricerca della Statale è quanto mai chiara: a questo punto della campagna e in questa delicata fase epidemiologica, continuare ad agire per convincere chi per principio rifiuta il vaccino non serve più. «L’obbligatorietà del vaccino è una soluzione poco risolutiva rispetto all’approccio psicologico che si è ormai consolidato e il “rischio boomerang” sarebbe altissimo. Se esistesse la norma dovrebbe essere collegata a delle sanzioni. Ma il No vax di oggi non si farà spaventare da una multa. E se dopo aver pagato potrà continuare a circolare senza protezione lo farà», spiega Vezzoni.
Il vero ago della bilancia
C’è una categoria di popolazione che, a differenza dei “puri” No vax, ora sembra essere il vero ago della bilancia. Sono gli ex paurosi: «Quel famoso 15% di popolazione indecisa di giugno che per motivi strumentali ha deciso di aderire alla vaccinazione» spiega Vezzoni. Quelli, per intenderci, che o per tornare a lavoro o per andare al cinema, hanno preferito seguire l’onda, pur senza nutrire particolari convinzioni sulla bontà della campagna di protezione. È su di loro che nei prossimi mesi si dovrà provare a vincere la scommessa, ad esempio, delle terze dosi, al momento l’azione più urgente per potenziare l’efficacia della protezione contro il virus: «Sarà fondamentale garantire loro un contesto economico e politico di crescita, anche se la pandemia dovesse subire una recrudescenza».
A quel punto saranno sul carro dei vincitori e vorranno rimanerci. Se al contrario l’aumento di contagi e la comparsa di nuove varianti dovesse portarci indietro in termini di misure, restrizioni, con ipotetici lockdown, «allora li perderemmo», conclude Vezzoni. Al momento la congiuntura economica e politica è strettamente collegata al futuro dell’ideologia No vax italiana. Un ago della bilancia quanto mai importante per assicurarsi degli alleati fondamentali a una lotta al virus tutt’altro che terminata.
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