Omicron, l’Iss: «Nessuna evidenza che provochi una malattia più grave rispetto alle altre varianti»
Non ci sono ancora evidenze che la variante Covid Omicron causi una malattia più grave rispetto a quella procurata dalle altre mutazioni e non è ancora chiaro se sia più trasmissibile rispetto alle altre varianti. Questa la posizione dell’Istituto superiore di sanità rispetto all’ultima mutazione del Coronavirus individuata che sta destando grande preoccupazione nei governi e tra la popolazione. L’Iss specifica che il numero di persone contagiate da Omicron è molto cresciuto in Sud Africa, ma sono in corso studi epidemiologici per capire se la causa sia questa variante o se invece ci siano altri fattori che possano avere influenzato la circolazione del virus. Inoltre, per il momento, non ci sono elementi che possano far comprendere che i sintomi specifici associati a questa variante siano diversi da quelli attribuibili alle altre.
L’Iss ha pubblicato sul suo sito in primo piano tutto ciò che è noto fino ad ora su Omicron, nel tentativo di fare chiarezza e magari con lo scopo di ottenere un livello di preoccupazione e allarmismo più aderente alla realtà scientifica dei fatti. «Per capire il livello di gravità dell’infezione causata da Omicron servirà più tempo (da alcuni giorni ad alcune settimane)», spiega l’Istituto. I casi iniziali di variante Omicron – isolata per la prima volta in campioni raccolti l’11 novembre in Botswana e il 14 novembre in Sud Africa – riguardano studenti universitari, giovani che tendono ad avere una malattia più lieve, chiarisce l’Iss.
«La decisione di dichiararla VOC (variante di preoccupazione, ndr) è dovuta alla presenza nella variante di diverse mutazioni che potrebbero avere un impatto sul comportamento del virus, anche in termini di gravità della malattia o della capacità di diffusione», spiega l’Istituto ma l’Organizzazione mondiale della sanità sta ancora lavorando per stimare il possibile impatto della nuova variante sulla protezione garantita dai vaccini e sulle altre misure di prevenzione. «I vaccini – conclude l’Iss – restano indispensabili per ridurre il rischio di malattia grave e di morte».
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