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Eitan, la Corte suprema israeliana respinge il ricorso del nonno: il bambino dovrà tornare in Italia entro il 12 dicembre

29 Novembre 2021 - 15:18 Redazione
L'unico sopravvissuto alla tragedia del Mottarone dovrà tornare a vivere a casa della zia paterna, in provincia di Pavia

Cade nel vuoto l’ultimo appello presentato da Shmuel Peleg, nonno di Eitan Biran: la Corte suprema di Tel Aviv ha respinto il ricorso della famiglia materna stabilendo che il bimbo di sei anni dovrà tornare a vivere con la zia paterna, Aya Biran, residente in provincia di Pavia. Nell’ultima sentenza emessa oggi, 29 novembre, la magistratura israeliana ha tenuto conto del fatto che il minore «ha vissuto in Italia quasi tutta la sua vita» e quindi non lo si può allontanare «dalla sua residenza abituale». Peleg, secondo i giudici, non ha poi «fornito una motivazione valida per cui il ritorno in Italia possa provocare al piccolo un danno psichico o fisico». Il rientro di Eitan in Italia è previsto entro il giorno 12 dicembre: a darne notizia è Gadi Solomon, portavoce della famiglia materna dell’unico sopravvissuto alla strage del Mottarone. Duro il commento dei Peleg, che accusano direttamente le autorità israeliane: «Lo Stato d’Israele ha rinunciato a un bimbo ebreo indifeso e un cittadino israeliano senza che la sua voce venisse ascoltata, lasciandolo in terra straniera, lontano dalle sue radici, dalla sua amata famiglia e dal posto dove sono sepolti i suoi genitori e il fratello».

C’è invece un senso di liberazione nelle dichiarazioni dei Biran, arrivate dopo il pronunciamento della magistratura, la quale ha preso una decisione «legalmente, moralmente e umanamente corretta». Shmuel Moran e Avi Chimi, legali della famiglia paterna, aggiungono: «Sebbene sia un sospiro di sollievo, è la fine di un episodio sfortunato, e per lo più dannoso e inutile per il piccolo Eitan che potrà ora tornare alla sua famiglia in Italia, compresi i suoi nonni, i genitori del suo defunto padre, e a tutte le strutture da cui è stato tolto: mediche, psicologiche ed educative. Speriamo che ora – dicono in riferimento ai Peleg -, in considerazione delle loro azioni e delle conseguenze penali delle loro azioni, sapranno fermare le battaglie legali».

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