La versione di Varriale: «Le accuse della mia ex? Ho sbagliato, ma ci siamo colpiti in due. Ero messo peggio io»
Dovrà mantenersi a distanza dalla sua ex compagna per tutta la durata del procedimento penale che lo coinvolge. Enrico Varriale, volto noto del giornalismo sportivo italiano ed ex vicedirettore di Rai Sport, è accusato di lesioni e stalking ai danni di una donna con cui ha avuto una storia più breve di un anno, e che ha rifiutato un’offerta di 15 mila euro per ritirare la querela. La gip Monica Ciancio ha scritto che Varriale, durante una lite per gelosia, ha sbattuto la propria compagna al muro e l’ha presa a calci. «Ha accolto la tesi della signora – spiega lui -, per questo motivo ho deciso di affrontare il processo con rito ordinario. Così avrò modo di raccontare l’intera storia in un dibattimento». Intanto, il giornalista fornisce il suo racconto della lita e della separazione tumultuosa a Repubblica.
Nell’intervista, ricostruisce l’inizio della relazione, chiamando sempre «signora »la parte offesa. E con la signora, che viveva a Pesaro insieme al marito, Varriale iniziò a frequentarsi dallo scorso novembre. «Lei veniva a Roma, da me, una settimana sì e una no. Diceva di essere “prigioniera” di un matrimonio inesistente. Piangeva al telefono, si sentiva in gabbia. Ritenevo la cosa umiliante per lei e per me, così le ho chiesto di scegliere, un rapporto saltuario non mi interessava. A maggio, come tappa intermedia aveva affittato una casa vicino alla mia».
Varriale le ha posto un ultimatum: dopo gli Europei, il 15 luglio, o si ufficializzava o si interrompeva la relazione. «Non ebbi risposta». Nonostante ciò, a fine mese, i due si sono incontrati a Roma per organizzare una vacanza in Costiera amalfitana. «Quella sera lei si accorse che avevo cambiato password al computer e ha dato di matto: mi ha tirato il computer in faccia. Poi però abbiamo fatto pace e siamo partiti», dice Varriale. Il rapporto, però, non ha trovato stabilità e gli alterchi sono tornati a ripetersi. Prima il 5 agosto, forse per un tradimento di lui, «ma dal 15 luglio ero un uomo libero. E comunque non sono caduto nelle sue provocazioni». Poi, il 6 agosto, la lite che è finita al centro dell’inchiesta.
«Di quel giorno voglio dire due cose. La prima: non le ho mai messo le mani al collo – racconta Varriale -. Al Gemelli le hanno fatto una prognosi di cinque giorni. Un’abrasione alla base del collo, solo un’abrasione». La seconda cosa che Varriale vuole evidenziare è la reciprocità della violenza: «Ci siamo colpiti tutti e due. Non l’ho picchiata. Non ho provato a strangolarla. È stato un litigio. Alla fine avevo l’occhio pesto, quello messo peggio ero io. Lo hanno visto diverse persone, anche nei giorni successivi. Ma io non mi sono fatto refertare. Una colluttazione non è meno grave. È comunque diverso. Io non ho mai picchiato una donna».
Il giornalista spiega nel dettaglio come sarebbe andata: «Stavamo litigando. Io parlavo lei chattava. Le chiedo di smettere. E una volta, e due e tre. Le tiro via il telefonino. Lei mi salta addosso. Non le ho mai messo le mani alla gola. Sono cose che non devono capitare. Non mi sono controllato. Ma non sono un violento, non sono uno stalker, non ho provato a strangolarla». È lui stesso ad anticipare il tema dell’altro capo di accusa, quello dello stalking.
La giudice accusa Varriale anche di aver «ossessivamente cercato» di contattare la sua ex dopo la lite. Dal 6 agosto al 27 settembre le ha inviato 43 messaggi: «Eravamo abituati a scambiarcene 30-40 al giorno – si giustifica lui -. Se mi avesse detto “mi disturbi” sarei sparito». Dal suo cellulare, sono partite telefonate verso la ex compagna anche di notte, «ma lei era famosa perché non dormiva mai. Si alzava alle tre e cominciava a scrollare il telefono. Una volta era online e ho provato», conclude lui.