Ombre sul processo per il delitto Cerciello: «Quei tre testimoni hanno alterato i fatti»
La notizia dei procedimenti penali per falsa testimonianza avviati nei confronti di tre testimoni chiave solleva nuovi interrogativi sul processo per l’omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega. I testimoni al centro dell’ultimo sviluppo del caso sono Constantin Saracila, Ahmed Tamer e Italo Pompei. Supportata dalla testimonianza del primo, l’accusa ha sempre sostenuto che i due ragazzi condannati all’ergastolo in primo grado per la morte di Cerciello – Finnegan Lee Elder e Christian Hjorth – fossero consapevoli di trovarsi davanti a membri delle forze dell’ordine e che li abbiano aggrediti per evitare l’arresto. Le difese, da parte loro, hanno sempre parlato di un quadro dei fatti poco chiaro e di un’Arma dei Carabinieri intenzionata più a nascondere procedure interne non rispettate che a ricostruire la verità.
La testimonianza di Saracila
I fatti risalgono al 2019. Cerciello fu ucciso con 11 coltellate. Stando a quanto ricostruito, Cerciello e il collega Andrea Varriale dovevano recuperare lo zaino di Sergio Brugiatelli, rubato dai due ragazzi. In cambio, Elder e Natale Hjorth avrebbero chiesto della droga, ma all’appuntamento, fissato nei pressi del loro hotel, si sono presentati i due carabinieri, uno dei quali – Cerciello Rega – colpito a morte da Elder. Saracila avrebbe dovuto chiarire se Cerciello Rega e Varriale, di turno con lui in quelle tragiche ore, si fossero qualificati o meno come carabinieri. Per la difesa non è stato dimostrato che i due carabinieri abbiano esibito i tesserini. Saracila aveva detto: «Nella notte tra il 25 e il 26 luglio ero a dormire nel mio solito posto quando venivo svegliato dalle voci di due giovani. Dopo pochi minuti, credo circa 5, arrivavano altri due uomini, e si fermavano a parlare con i due giovani. Dopo un breve colloquio uno dei due diventava aggressivo. Io, per non farmi vedere, mi nascondevo e mi mettevo a dormire».
Il ruolo di Tamer e Pompei
I legali di Elder hanno commentato: «Abbiamo chiesto fin dall’inizio, senza mai ricevere alcuna spiegazione in sede giudiziaria, che fossero indagate le ragioni per cui Saracila, che il Comandante Del Prete della stazione Carabinieri Prati aveva accertato non fosse presente sul luogo dei fatti, sia stato ripescato dagli investigatori pochi giorni dopo. E’ stato chiaro fin da subito che il presunto testimone mentiva, fornendo non si sa perché una testimonianza secondo cui avrebbe visto i due carabinieri parlare con i ragazzi». Le altre testimonianze giudicate inattendibili sono quelle del posteggiatore abusivo Tamer, chiamato a rendere dichiarazioni sullo scambio di droga finito male, e quella di Pompei, che avrebbe ingannato i due americani vendendo coca scadente. «Hanno contribuito ad alterare la verità dei fatti. In particolare sul ruolo di informatori dei carabinieri ruolo (tenuto nascosto dai due testi) che avrebbe fornito una chiave di lettura dei successivi eventi della tragica notte del 26 luglio 2019».
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