Smart working, il protocollo lancia la contrattazione collettiva
Il Protocollo appena firmato dalle parti sociali in materia di smart working ha un valore positivo non solo, e non tanto, per le regole che contiene, ma anche e soprattutto per quelle che non contiene: le parti sfuggono alla tentazione di sottoscrivere un documento pesante, complesso e verboso, ma scelgono la strada di definire linee guida abbastanza semplici e leggere, che potranno indirizzare le regole future dei contratti collettivi. Una scelta che ha anche un’altra indubbia valenza positiva: mette parola fine alla tentazione, sempre presente in tutte le vicende del lavoro nostrane, di approvare l’ennesima legge sul tema del momento, quando quella precedente (che risale al 2017) è ancora in fase di sperimentazione.
Mancano, invece, alcuni temi importanti: il costo delle attrezzature, la rivisitazione dei fringe benefit (a partire dai buoni pasto), una disciplina più incisiva del diritto alla disconnessione e altri argomenti che avrebbero sicuramente meritato di trovare posto nel documento, anche se nulla esclude che tali questioni siano affrontate nei contratti collettivi. Con queste linee guida, infatti, si chiude solo in parte il cantiere delle regole: si consegna alle parti sociali un documento che orienterà la scrittura di tutti i prossimi contratti collettivi, tanto nazionali quanto aziendali, e consentirà l’avvio delle sperimentazioni concrete.
Visione complessiva
Per capire la visione complessiva che anima i curatori del Protocollo, è utile andare a leggere la premessa del documento, dove si chiarisce a cosa deve servire lo smart working (conciliazione dei tempi di vita e lavoro, contributo alla sostenibilità ambientale, cambio di prospettiva del lavoro verso un maggiore peso della fiducia e della responsabilità individuale) e si mettono anche in evidenza i problemi emersi durante l’utilizzo su grande scala del lavoro agile (coordinamento con l’organizzazione del lavoro, eccessiva compressione dei tempi di risposta alle richieste, bilanciamento delle pause). In tale prospettiva, le parti evidenziano che il lavoro agile deve essere utilizzato per promuovere una nuova organizzazione aziendale, meno piramidale e più orientata a obiettivi e fasi di lavoro.
Principi generali e accordo individuale
Il Protocollo richiama i principi generali già fissati dalla legge, ma introduce un concetto aggiuntivo che potrebbe cambiare molto la gestione di tale strumento: le intese individuali – le uniche previste dalla legge 81/2017 – dovranno adeguarsi ai contenuti previsti dalla contrattazione collettiva. Un cambio di prospettiva importante, che può aggiungere maggiore complessità allo strumento ma anche generare maggiore consenso rispetto alla sua introduzione in azienda.
Diritto alla disconnessione
Il Protocollo affronta uno dei nodi principali del lavoro agile, il diritto alla disconnessione. L’intervento è abbastanza timido ma ci sono comunque alcuni concetti importanti, in parte già previsti dalla legge: le parti devono individuare una “fascia di disconnessione”, durante la quale il lavoratore non è tenuto a lavorare ed essere connesso, possono essere usati i permessi retribuiti, e durante le assenze dal lavoro non si può richiedere di svolgere attività lavorativa. Viene introdotta, inoltre, una forma particolare di “parità di trattamento”: tutti i lavoratori impiegati nelle aree organizzative in cui si concede lo smart working devono potervi accedere, compatibilmente con le esigenze aziendali.
Strumenti di lavoro
In merito al costo degli strumenti di lavoro il Protocollo rinuncia a una scelta netta: non viene detto se va sostenuto dal lavoratore o dal datore, limitandosi ad accollare a quest’ultimo solo il costo di manutenzione e sostituzione degli strumenti, ove siano fronti dal datore. Per il resto, viene rimessa all’accordo tra le parti la scelta di utilizzare anche gli strumenti del lavoratore.
Altre misure
Per gli altri aspetti – salute e sicurezza sul lavoro, infortuni, diritti sindacali, parità di trattamento, protezione dei dati – il Protocollo richiama concetti già previsti dalla legge, con un forte accento – molto opportuno – sulla formazione e informazione, passaggi essenziali per “allevare” le competenze digitali dei lavoratori. Viene previsto, inoltre, un osservatorio bilaterale con lo scopo di monitorare l’attuazione dell’intesa, e si chiede al legislatore un intervento di sostegno agli accordi collettivi che disciplinano il lavoro agile.
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