Il documentario più visto su Netflix in questi giorni è «14 Peaks». Gli Sherpa si riprendono l’Himalaya
Nirmal Purja, detto Nimsdai, il figlio della montagna. 38 anni, un passato nelle forze speciali dell’esercito britannico e ora una dei volti più importanti dell’alpinismo contemporaneo. Secondo i dati di Netflix il documentario più visto in questa settimana è 14 Peaks, nothing is impossibile. È la storia, pubblicata sulla piattaforma il 29 novembre, di come Nimsdai sia riuscito ad arrivare in cima a tutte le 14 montagne sopra gli 8 mila metri che esistono nel mondo in sei mesi e sei giorni. Il record precedente era del coreano Kim Chang-Ho: per completare tutte le montagne aveva impiegato 7 anni, 10 mesi e 6 giorni. Nimsdai è riuscito a fare tutto dal 23 aprile 2019 al 29 ottobre dello stesso anno. È partito dall’Annapurna e ha finito, passando da Everest e K2, con lo Shisha Pangma, montagna cinese in cui è difficile entrare perché è necessario ottenere un visto da Pechino. Il documentario di Torquil Jones racconta questa impresa attraverso le voci, tutte nepalesi, che hanno fatto parte del team di Nimsdai.
Da segnalare la presenza nel girato anche dell’italiano Rehinold Messner, il primo uomo nella storia dell’alpinismo a completare tutti gli 8 mila esistenti. Partito con le prime vette all’inizio degli anni ’70, Messner ha completato tutte le cime in 16 anni. A differenza di Nimsdai però ha portato a termine questa impresa in “stile alpino”, una filosofia che prevede un’ascesa con meno aiuti possibili, a partire dalle bombole di ossigeno. Fra i due alpinisti c’è grande stima. Nimsdai ha dichiarato che Messner «è sempre stato fonte di ispirazione» e l’alpinista italiano si è complimentato più volte per l’impresa. Negli ultimi mesi Nimsdai ha già chiarito quale sarà il suo prossimo obiettivo: tornare in Nepal sul Manaslu (8.163 metri) e ripulire tutta la montagna con il suo team, portando a valle la maggior quantità possibile di rifiuti lasciati dai turisti.
Il ruolo del Nepal nel mondo dell’alpinismo
Il documentario finisce con il ritorno di Nimsdai in Nepal. Il suo viaggio è finito e l’impresa, partita senza finanziamenti, ha fatto il giro del mondo. Al suo arrivo lo aspetta un muro di fotografi e televisioni. Il suo commento però è amaro: «Abbiamo scalato le 14 montagne più alte del mondo, ok? Cerchiamo di essere onesti: se questa impresa fosse stata fatta da un alpinista occidentale la notizia sarebbe state dieci volte più grande di quella che vediamo ora».
Questo aspetto compare spesso nel documentario. Gli alpinisti nepalesi hanno sempre lavorato come sherpa e anche se sono stati in grado di raggiungere vette e record importanti, di solito vengono presentati come aiutanti. Sempre per questo nel gennaio del 2021 Nimsdai e il suo team hanno portato a termine un’altra impresa: la prima salita invernale al K2, una salita portata a termine cantando Sayaun thunga phool ka, l’inno nazionale del Nepal che tradotto significa Siamo centinaia di fiori.
Foto di copertina: Un’immagine del team che ha realizzato l’impresa con Nimsdai
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