Nobel per la pace, i giornalisti Ressa e Muratov: «Chi volta le spalle alla democrazia è condannato alla guerra» – Il video
«Un minuto di silenzio per i colleghi miei e di Maria Ressa, che hanno dato la vita per questa professione, e diamo il nostro sostegno a coloro che ancora subiscono persecuzioni». Così ha iniziato il suo discorso il giornalista investigativo russo Dimitry Muratov, durante la cerimonia di premiazione del Nobel per la pace, vinto insieme alla reporter filippina Maria Ressa. I due giornalisti sono stati premiati «per i loro sforzi nel salvaguardare la libertà di espressione, condizione preliminare per la democrazia e una pace duratura». Una cosa tutt’altro che semplice in un regime autoritario come quello delle Filippine. «È come avere una spada di Damocle che pende sulla tua testa – ha spiegato Ressa – racconti le storie più dure a tuo rischio e pericolo. Dobbiamo aiutare il giornalismo indipendente a sopravvivere, in primo luogo dando maggiore protezione ai giornalisti e opponendoci agli Stati che li prendono di mira».
Un report della Commissione per la protezione dei giornalisti ha mostrato che il numero di reporter incarcerati per il loro lavoro ha raggiunto un nuovo record nel 2021: 293 rispetto ai 280 dell’anno scorso. Anche i giornalisti uccisi sono aumentati: almeno 24 sono stati assassinati e altri 18 hanno perso la vita in circostanze poco chiare. «Sono convinto che la libertà di coscienza, insieme agli altri diritti civili, fornisca le basi per il progresso – ha detto Muratov – La fiducia internazionale, il disarmo e la sicurezza internazionale sono inconcepibili senza una società aperta con libertà di informazione, libertà di coscienza e libertà di parola». Per il cronista russo è fondamentale continuare a raccontare e lottare per la democrazia in tutto il mondo: «La democrazia ha bisogno di essere riabilitata. Il non credere alla democrazia significa che con il tempo le persone che voltano le spalle alla democrazia si ritroveranno un dittatore e la dittatura porta alla guerra». Muratov ha concluso dicendo: «Desidererei che i giornalisti morissero invecchiando».
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