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Terza dose, il contagio corre ma c’è chi ancora la rifiuta. Ecco le risposte ai 10 dubbi più comuni sul richiamo

11 Dicembre 2021 - 06:57 Giada Giorgi
È normale che due dosi non bastino? E perché non aspettare la scadenza del Green pass? Attualmente solo il 50% della popolazione ha ricevuto il booster anti-Covid. Breve guida contro dubbi e disinformazione

Dopo undici mesi di campagna vaccinale, l’obiettivo principale del governo ora è riuscire a somministrare il più alto numero di terze dosi. Un richiamo che potenzi la protezione contro Covid-19 e argini la diffusione del virus, spinta dalla stagione invernale e dalle nuove varianti. La curva dei contagi continua a salire e le due dosi di vaccino non bastano per proteggere dall’infezione con la stessa efficacia dei primi mesi. Ma qual è il motivo? E perché farsi somministrare un’ulteriore dose senza l’esatta certezza di quanto potrà durare la nuova protezione? Mentre governo ed esperti invitano la popolazione ad affrettarsi negli hub per i richiami, c’è chi non è convinto dell’urgenza e preferisce fermarsi alle due dosi. Attualmente poco più della metà della popolazione vaccinabile con booster ha accettato di fare il richiamo, il 50,35%. L’altra metà aspetta di convincersi o la rifiuta in balìa di perplessità non ancora chiarite. Alla luce di questi dati, ecco dieci risposte ai dubbi più frequenti sull’utilità della terza dose.

Perché devo fare un richiamo di vaccino anti Covid? I vaccini finora somministrati non avrebbero dovuto garantire un’alta protezione contro il virus per diverso tempo?

La medicina non è scienza delle certezze ma della verifica. Quando i primi vaccini Pfizer e Moderna sono stati autorizzati dagli enti regolatori, gli esperti hanno ipotizzato una durata di efficacia dai 6 ai 12 mesi. Una probabilità che, come tutto quello che riguarda la scienza, sarebbe stata verificata nel periodo successivo ed è proprio quello che è successo. «Abbiamo certezze sulla sicurezza, ma per quanto riguarda tempi e dosaggio impariamo man mano», spiega anche il professor Giuseppe Remuzzi. «La scienza non è un libro stampato: si modifica in divenire. Sulla terza dose la comunità scientifica diceva potessero bastare due dosi, il caso di Israele ha rivelato che la protezione scende». Dagli osservatori sul campo di Israele e Regno Unito, e poi ancora dell’Italia con i test eseguiti dall’Istituto superiore di sanità si è rilevato un netto calo della capacità dei vaccini di prevenire l’infezione. Un calo che non vuol dire assenza di efficacia, ma una diminuzione che dal 90%-80% scende al 59%, e contro la malattia grave dal 95% all’82%. Alla luce di questi dati si rende necessario intervenire con una dose rafforzativa, in grado di far rialzare l’efficacia.

Ho già completato il ciclo vaccinale con due dosi e il mio Green pass non è ancora scaduto: non posso aspettare la scadenza dei 9 mesi di validità della certificazione prima di fare la terza dose?

Mentre si aspetta la scadenza del pass, il virus continua a diffondersi. E lo fa anche nella sua forma più contagiosa di tutte, la variante Delta. Senza contare poi Omicron, nuova possibile minaccia. Il rischio va evitato subito. Soprattutto nel periodo dell’anno meno indicato per non mettersi al riparo: la temperature sempre più fredde agevolano la circolazione del virus proprio come succede con l’influenza. Tra locali, scuole e uffici le occasioni di incontri al chiuso aumentano. In proporzione aumenta la possibilità di infettarsi e ammalarsi. Restare scoperti proprio adesso per stare dietro a scadenze di certificati non è conveniente.

Ho già ricevuto due dosi di vaccino. A quali eventi collaterali potrebbe espormi il nuovo richiamo?

Guardiamo innanzitutto cosa è successo nei Paesi dove la terza dose è stata già somministrata a milioni di persone. Il Ministero della Salute di Israele ha dato conto degli effetti collaterali più comuni dopo la terza dose di Pfizer, riscontrati in una piccola percentuale degli oltre 3 milioni di adulti over 60: spossatezza generale, riscontrata in 87 persone per milione e di entità inferiore rispetto ai 272 e 251 casi per milione registrati dopo la seconda e la prima dose; dolore nella zona di iniezione in 43 persone per milione, contro i 223 e i 514 casi registrati con seconda e prima somministrazione. Poi ci sono disturbi meno comuni come mal di testa, febbre, brividi e dolore muscolare. Anche dagli Usa sono arrivati test su oltre 2,2 milioni di persone over 65 e fragili a cui è stata data priorità per i richiami. Solo 22 mila hanno risposto descrivendo i sintomi accusati: il 28% ha riportato disturbi moderati o lievi che sono durati fino al giorno successivo della vaccinazione. Il sintomo più frequente è stato il dolore al braccio, avvertito nel 71% dei casi (circa 4.300 persone). Il 56% stanchezza, il 43% mal di testa, il 7% ha avuto dolori forti. Sulla miocardite c’è un rischio post vaccino rarissimo. In ogni caso, come ribadisce una delle eccellenze della scienza italiana nel mondo, Alberto Mantovani, «è una patologia benigna, che si risolve con antinfiammatori. Al contrario il Covid causa gravissimi effetti cardiovascolari».

Non ci sono ancora dati chiari sulla pericolosità della variante Omicron e, in ogni caso, Pfizer ha assicurato che tra 100 giorni ci sarà un vaccino specifico per combatterla. Non è meglio aspettare questo aggiornamento?

Pfizer ha parlato della possibilità che tra tre mesi ci sia un vaccino specifico per Omicron, ma ha anche fornito degli studi preliminari che dimostrano come tre dosi di vaccino a mRna siano in grado di neutralizzare fin da subito la nuova mutazione. Alla luce dei dati forniti e di un contagio che corre, rimanere “scoperti” aspettando un futuro vaccino non è la soluzione più sicura.

Nei mesi scorsi sono stato contagiato dal virus e poi sono guarito. Non sarebbe meglio fare un test di anticorpi prima di accettare la terza dose?

Gli anticorpi che servono veramente contro il Covid sono i cosiddetti “neutralizzanti”, una percentuale variabile sul totale di anticorpi presenti nel nostro organismo e che risultano capaci di opporsi su determinati siti della proteina Spike del Covid-19. Per individuare questo tipo di anticorpi con un test di laboratorio occorrono procedimenti molto complessi e che non possono essere riprodotti su ampia scala. I test di massa attualmente a disposizione rilevano il totale degli anticorpi presenti nell’organismo e quindi anche quelli che non sono realmente utili, i “non neutralizzanti”: un soggetto può avere anche valori molto alti, ma se non si riferiscono agli anticorpi specifici contro il virus, diranno poco sulla sua capacità di difendersi dall’infezione e dalla malattia. Gli attuali test che si fanno in laboratorio non raggiungono il grado di complessità che richiede l’indagine degli anticorpi neutralizzanti. L’unico test di verifica utile è quello delle evidenze scientifiche attualmente raccolte sul calo di efficacia dei vaccini dopo sei mesi. Diverso discorso invece per i fragili e gli immunodepressi. Come è fondamentale per loro in generale agire sotto precisa indicazione del medico, anche il richiamo dovrà essere frutto di una valutazione attenta a seconda delle condizioni cliniche.

Sono guarito dal virus e sono vaccinato, oppure ho contratto l’infezione dopo il vaccino. Posso fare la terza dose?

L’Istituto superiore di sanità su questo punto ha dato direttive precise: sia i guariti e vaccinati, sia i vaccinati che hanno contratto il virus dopo l’immunizzazione possono sottoporsi in sicurezza alla dose booster di richiamo ma con un intervallo di almeno 5 mesi (150 giorni) dalla «somministrazione dell’unica/ultima dose» di vaccino oppure dalla «diagnosi di avvenuta infezione».

Ho ricevuto le prime due dosi di AstraZeneca o il monodose di Johnson & Johnson. È sicuro ricevere un vaccino differente, che sia Pfizer o Moderna?

I dati scientifici dimostrano la sicurezza della vaccinazione eterologa, cioè con vaccini diversi. Le ultime raccomandazioni dell’Ema (Agenzia europea del farmaco), in accordo con quanto disposto dall’Ecdc (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie), parlano chiaro: «L’approccio ‘mix-and-match’ con un vaccino mRna può essere utilizzato sia per le prime dosi sia per i booster. Dunque procedere con il mix di vaccini è sicuro». La Fondazione Veronesi, riferendosi a uno studio britannico recente, ribadisce che «tutte le combinazioni sono risultate sicure e hanno indotto una risposta anticorpale fino a 32 volte per chi ha ricevuto una dose booster di Moderna dopo due dosi di AstraZeneca; 11,5 volte dopo due dosi di Pfizer, e così per gli altri sette diversi vaccini testati come terze dosi. L’unico con basso impatto sul titolo anticorpale è risultato mezza dose di Valneva (un nuovo vaccino a virus inattivato attualmente sotto esame di Ema, l’agenzia europea del farmaco). Non ci sono state differenze importanti in base all’età dei partecipanti».

Voglio fare la terza dose, ma solo se è di Pfizer

Gli unici due vaccini autorizzati per i booster sono quelli a mRna, e quindi Pfizer e Moderna. Nella circolare che ufficializza il proseguimento della campagna vaccinale con la somministrazione delle terze dosi è chiaramente specificato: «Indipendentemente dal vaccino utilizzato per il ciclo primario (Comirnaty, Spikevax, Vaxzevria, Janssen), considerate le indicazioni fornite dalla commissione tecnico scientifica di Aifa, sarà possibile utilizzare come dose booster uno qualsiasi dei due vaccini a m-RNA autorizzati in Italia (Comirnaty di BioNTech/Pfizer e Spikevax di Moderna)». Non c’è alcuna distinzione tra i due vaccini in termini di sicurezza ed efficacia. Anzi, secondo quanto riferito dal professor Fabrizio Pregliasco sugli ultimi studi a riguardo, «la terza dose con il vaccino Moderna sarebbe addirittura più efficace. Sempre per l’idea di una vaccinazione eterologa più potente di quella fatta con lo stesso vaccino».

Il vaccino anti Covid è l’unico che prevede tre dosi? Si tratta di una novità per la scienza?

No. C’è un vasto elenco di vaccini, approvati e somministrati da anni a milioni di persone, che prevedono più di due dosi. Tra questi: l’anti-polio, l’anti-difterite, l’antitetanica, l’anti-epatite B, anti-pertosse, l’anti-meningococco B, l’anti-rotavirus, l’antipneumococcica.

Dovrò cambiare Green pass dopo il richiamo?

Per chi ha ricevuto la terza dose, la Certificazione verde Covid-19 viene emessa il giorno successivo alla vaccinazione e ha validità per 9 mesi dalla data della somministrazione della dose aggiuntiva al ciclo completato. Il vecchio Green pass verrà quindi aggiornato in automatico senza bisogno di altri passaggi e riporterà il numero delle dosi ricevute fino a quel momento.

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