Ravanusa, la bolla di gas e l’accusa sui controlli mancati: «La puzza era insistente»
A Ravanusa si scava ancora. Fino a stamattina non c’era nessuna traccia di Calogero e Giuseppe Carmina, di 88 e 59 anni, padre e figlio, dispersi da sabato sera, quando l’esplosione ha provocato devastazione e morte. Sette i corpi estratti tra cemento e calcinacci: quattro nelle prime ore di ieri mattina. È stata allargata l’area dell’intervento, con ruspe in azione oltre le vie Trilussa e Galilei. Intanto però l’inchiesta del procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio punta sui controlli carenti in una zona ad alto rischio per le perdite di metano. «Gli ultimi controlli sulla rete del gas erano stati fatti di recente – spiega a Repubblica il colonnello Vittorio Stingo, comandante provinciale dei carabinieri – cinque giorni fa. Controlli di manutenzione ordinaria, da cui non era emersa alcuna criticità».
Il sequestro
Eppure i testimoni raccontano un’altra storia: «Un anno fa, a meno di cento metri dal luogo della tragedia, decine di famiglie vennero fatte sgomberare per una notte e per un giorno – dice l’avvocato Lillo Massimiliano Musso — la puzza di gas era insistente». In zona tra via Trilussa nel quartiere Mastro Dominici c’erano buchi sull’asfalto, poi coperti: «Dissero che bisognava far sfiatare. Forse viviamo sopra una grande bolla di gas?». Ieri la procura ha disposto il sequestro dell’area da 10 mila metri quadrati. Bisognerà verificare lo stato di salute della rete di gas metano che risale agli Anni Ottanta. Secondo un’analisi che risale al 2014 ci sono grosse criticità nel 76% della rete, ma Italgas dice che Ravanusa non era stato oggetto di nessun rilievo. E oggi conferma che in zona si sono svolti «unicamente interventi routinari eseguiti su contatori domestici e su alcune valvole stradali da eseguire con cadenza periodica. Detti interventi si sono svolti nell’abitato di Ravanusa in vie distanti dal luogo dell’evento».
Interventi rientrati tra quelli ciclici di manutenzione programmata. Ovvero: verifiche di manovrabilità delle valvole di rete, ispezione e pulizia del pozzetto, ingrassaggio della valvola e verifica di manovrabilità della stessa. L’indagine punta sotto le macerie dei due palazzi, dove si sarebbe formata la bolla di gas in seguito a una presunta perdita di una conduttura. Forse per una frana, forse per altre cause ancora ignote. L’esplosione della palazzina in via Trilussa ha travolto le altre due. L’innesco può arrivare anche a distanza in questi casi. E potrebbe essere stato un interruttore o una chiamata al telefono.
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