Covid, cresce la percentuale di non vaccinati in terapia intensiva: ora è al 74% – Il report
La Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere (Fiaso) ha individuato 16 ospedali da monitorare per verificare la presenza di non vaccinati nei reparti di terapia intensiva. Nella settimana tra il 7 e il 14 dicembre questo dato è salito al 74 per cento. In generale il numero di pazienti in rianimazione ha registrato un incremento che in sette giorni è arrivato al 17 per cento. Fiaso ha raccolto anche altri dati sulle terapie intensive: la media di età dei pazienti vaccinati ricoverati in questi reparti è di 70 anni e nell’80 per cento dei casi si tratta di persone affette da altre patologie. Tra i No vax solo il 52 per cento ha altre malattie altre all’infezione da Coronavirus e l’età media scende a 64 anni.
Secondo Fiaso però bisogna fare anche un’altra distinzione. La maggior parte di pazienti vaccinati che si trovano in terapia intensiva ha ricevuto la seconda dose da oltre quattro mesi. A spiegare questo dato è Giovanni Migliore, presidente di Fiaso: «Il report dell’ultima settimana degli ospedali sentinella evidenzia la necessità e l’urgenza della terza dose per i pazienti fragili, ad oggi una priorità assoluta se vogliamo controllare le terapie intensive i dati ci dicono infatti che i vaccinati in rianimazione sono quasi tutti pazienti fragili che non hanno ancora avuto accesso alla dose addizionale necessaria. È opportuno ricordare che per i soggetti estremamente vulnerabili la dose addizionale è raccomandata anche a distanza di 28 giorni dalla seconda dose e non è necessario aspettare i 5 mesi».
I numeri dei minori: il 40% è sopra i 5 anni
Sempre all’interno delle strutture selezionate, Fiaso ha analizzato anche i dati dei pazienti under 18. Secondo l’associazione, il 40 per cento dei minori è sopra i 5 anni e nessuno di loro è vaccinato. Giusto oggi sono cominciate le prime vaccinazioni per i bambini tra i 6 e 9 anni. Secondo il Coordinatore del Cts Franco Locatelli su 10 mila casi sintomatici tra i bambini, sono necessarie 65 ospedalizzazioni. Sempre partendo dai 10 mila casi sintomatici, almeno 6 possono portare al ricovero in terapia intensiva.
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