Le autopsie sui morti Covid erano proibite? Lo afferma la virologa Gismondo, ma non risulta
Circola online parte dell’intervento della virologa Maria Rita Gismondo, tenutosi durante l’evento Atreju 2021 organizzato dal partito Fratelli d’Italia e della destra italiana, in cui afferma che avrebbero proibito di fare le autopsie nei deceduti Covid-19. Una narrativa già nota, diffusa in particolar modo nel maggio 2020 (ne parliamo qui) a seguito di una circolare del Ministero della Salute che diceva tutt’altro. Abbiamo ricostruito la cronologia degli eventi.
Per chi ha fretta
- Secondo la virologa Gismondo, dell’Ospedale Sacco di Milano, le autopsie sui deceduti Covid-19 erano state proibite.
- Le circolari ministeriali, così come le indicazioni dell’ISS (formulate anche grazie al lavoro degli esperti dell’Ospedale Sacco di Milano) non proibivano affatto le autopsie.
- Vennero svolte delle autopsie su pazienti deceduti dal febbraio al marzo 2020, riscontrando le oramai note trombosi.
- Il legame tra polmoniti e trombosi sono note da decenni, tanto che diversi ospedali procedevano con la profilassi tromboembolica con eparina a basso peso molecolare nei pazienti Covid-19.
Analisi
Ecco la trascrizione dell’intervento della virologa Gismondo (qui l’intervento completo):
Conosciamo il virus molto meglio. Devo dire, purtroppo, da ricercatrice senza appartenenze politiche, senza piaggeria, sono stati fatti molti errori per cui saremmo a un punto migliore se, per esempio, sempre nell’ordine del dubbio ci avessero permesso di fare le autopsie. Avremmo… io ricordo il mio professore di anatomia patologica diceva “Solo se indaghiamo sulla morte potremmo dare vita agli altri”. Ci è stato proibito! Abbiamo intubato chi non doveva essere intubato e non abbiamo dato dei farmaci che avremmo potuto dare conoscendo la malattia. Per fortuna poi qualcuno si è… ha rischiato in prima persona, sono state fatte delle autopsie e abbiamo iniziato a capirne meglio.
Le origini della disinformazione
Questa narrativa non è nuova, venne diffusa in particolar modo nel mese di maggio 2020 da giornalisti come Cesare Sacchetti, noto per aver condiviso diverse bufale e teorie del complotto (ne parliamo qui, qui e qui). Ecco quanto riportava nel suo tweet del 10 maggio 2020:
Ecco la circolare dove il Ministero della Sanità ordinava di non fare le autopsie sui morti con Covid. Se si fossero fatte le autopsie, terapie sbagliate sarebbero state evitate e molte persone non sarebbero morte. Non volevano far venire fuori la verità. Volevano insabbiarla.
Cosa dice veramente la circolare
La circolare citata nel tweet di Sacchetti è la n. 15280 del 2 maggio 2020 – «Oggetto: Indicazioni emergenziali connesse ad epidemia COVID-19 riguardanti il settore funebre, cimiteriale e di cremazione» (la stessa dicitura era presente anche nelle precedenti circolari). Nel capitolo C «Esami autoptici e riscontri diagnostici» leggiamo che le autopsie non erano affatto proibite (qui la definizione di “proibito“):
1- Per l’intero periodo della fase emergenziale non si dovrebbe procedere all’esecuzione di autopsie o riscontri diagnostici nei casi conclamati di COVID-19, sia se deceduti in corso di ricovero presso un reparto ospedaliero sia se deceduti presso il proprio domicilio.
Dovendo precisare, nella lingua italiana «non si dovrebbe» non equivale a «è vietato». Infatti, le autopsie si potevano fare come riporta la stessa circolare:
2- L’Autorità Giudiziaria potrà valutare, nella propria autonomia, la possibilità di limitare l’accertamento alla sola ispezione esterna del cadavere in tutti i casi in cui l’autopsia non sia strettamente necessaria. Analogamente le Direzioni sanitarie di ciascuna regione daranno indicazioni finalizzate a limitare l’esecuzione dei riscontri diagnostici ai soli casi volti alla diagnosi di causa del decesso, limitando allo stretto necessario quelli da eseguire per motivi di studio e approfondimento.
Bisogna comprendere il contesto. Sapevamo si poco del virus, non tutto, e vigeva il principio di precauzione di fronte al pericolo di ulteriore diffusione del virus. Nella stessa circolare leggiamo le indicazioni per il loro svolgimento:
3- In caso di esecuzione di esame autoptico o riscontro diagnostico, oltre ad una attenta valutazione preventiva dei rischi e dei vantaggi connessi a tale procedura, devono essere adottate tutte le precauzioni seguite durante l’assistenza del malato. Le autopsie e i riscontri possono essere effettuate solo in quelle sale settorie che garantiscano condizioni di massima sicurezza e protezione infettivologica per operatori ed ambienti di lavoro: sale BSL3, ovvero con adeguato sistema di aerazione, cioè un sistema con minimo di 6 e un massimo di 12 ricambi aria per ora, pressione negativa rispetto alle aree adiacenti, e fuoriuscita di aria direttamente all’esterno della struttura stessa o attraverso filtri HEPA, se l’aria ricircola. Oltre agli indumenti protettivi e all’impiego dei DPI, l’anatomo patologo e tutto il personale presente in sala autoptica indosseranno un doppio paio di guanti in lattice, con interposto un paio di guanti antitaglio.
I punti successivi riportano ulteriori indicazioni sulla protezione degli operatori, per poi arrivare al punto 8 che impone una adeguata pulizia della sala settoria con soluzione di ipoclorito di sodio (lo stesso prodotto citato da Gianluigi Paragone in un video, senza dire che si tratta di candeggina) o di fenolo.
Le precedenti circolari ministeriali
Non è la prima circolare che tratta l’argomento. La più datata risulterebbe la numero 11285 del 1° aprile 2020, citata nel sito dell’Asstmilano.it e riportata nel sito Olympus.Uniurb.it (e altri siti come Tuttosuicimiteri.it). Al punto C leggiamo:
C. Esami autoptici e riscontri diagnostici
1. Per l’intero periodo della fase emergenziale non si dovrebbe procedere all’esecuzione di autopsie o riscontri diagnostici nei casi conclamati di COVID-19, sia se deceduti in corso di ricovero presso un reparto ospedaliero sia se deceduti presso il proprio domicilio.
[…]
3. In caso di esecuzione di esame autoptico o riscontro diagnostico, oltre ad una attenta valutazione preventiva dei rischi e dei vantaggi connessi a tale procedura, devono essere adottate tutte le precauzioni seguite durante l’assistenza del malato. […]
8. Al termine dell’autopsia o del riscontro diagnostico, la sala settoria deve essere accuratamente lavata con soluzione di ipoclorito di sodio o di fenolo.
Seguono ulteriori circolari: quella datata 8 aprile 2020 e quella del 5 maggio 2020. Tutte riportano la stessa formulazione e non si trova conferma del «Ci è stato proibito!» affermato dalla virologa Gismondo.
Nella circolare del 28 maggio 2020 cambia tutto:
C.1 L’esecuzione di autopsie o riscontri diagnostici nei casi conclamati di COVID-19, sia se deceduti in corso di ricovero presso un reparto ospedaliero sia se deceduti presso il proprio domicilio è svolta, anche in questa seconda fase emergenziale, con l’applicazione rigorosa dei protocolli di sicurezza di cui ai successivi punti della presente lettera.
Cosa diceva l’ISS
Leggiamo l’indice del rapporto ISS Covid-19 n.6/2020, nella versione del 23 marzo 2020 (qui), al punto 1: «Dove eseguire le autopsie».
Il gruppo di lavoro del documento è formato da diversi esperti come Manuela Nebuloni, direttrice e responsabile di Anatomia patologica dell’ospedale Sacco di Milano. Dobbiamo fare un passo indietro, partendo dal contenuto dell’introduzione:
L’Istituto Superiore di Sanità – in collaborazione con la Società Italiana di Anatomia Patologica (SIAPEC), l’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani – IRCSS (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico), l’Azienda Socio-Sanitaria Territoriale (ASST) Fatebenefratelli Sacco – ritiene fondamentale l’apporto che può essere dato allo studio della malattia dall’esecuzione del riscontro diagnostico.
Fatta questa premessa, il documento dell’ISS riporta al capitolo primo proprio quanto citato successivamente nelle circolari ministeriali:
1. Dove eseguire le autopsie
Le autopsie devono essere eseguite in strutture che garantiscano standard di sicurezza (BSL3) anche spostando le salme.
Le critiche di Simla
Simla, la Società Italiana Medici Legali e Assicurativi, aveva denunciato attraverso il proprio sito – in risposta al rapporto dell’ISS del 23 marzo 2020 – il fatto che molte sale autoptiche non risultano essere adeguate allo svolgimento delle autopsie in sicurezza.
Cosa diceva la SIAPEC
Nel documento dell’ISS veniva citato la SIAPEC, la Società Italiana di Anatomia Patologica e di Citopatologia diagnostica. Nel sito ufficiale riscontriamo un documento datato 11 marzo 2020 intitolato «Raccomandazioni per l’esecuzione dei riscontri diagnostici in soggetti portatori o sospetti portatori di infezione da virus Covid-19»:
La SIAPeC-IAP nell’intento di favorire la corretta gestione delle eventuali richieste di riscontro diagnostico di soggetti deceduti con il sospetto di infezione da COVID-19 fa proprie le raccomandazioni da seguire emanate dal CDC di Atlanta, nel febbraio 2020. E’ in corso condivisione con Istituto Superiore di Sanità e Istituto Spallanzani di Roma.
All’epoca, di fatto, non risultavano «proibite» le autopsie.
Il documento dello Spallanzani di gennaio 2020
Riscontriamo, infine, un documento del 28 gennaio 2020 dello Spallanzani dove vengono riportate le indicazioni per le autopsie dei deceduti positivi al Sars-Cov-2:
In caso di decesso del paziente, in assenza di chiare evidenze su questo punto, il corpo deve essere considerato come contagioso e come tale trattato con la massima cautela. La mobilizzazione del corpo può causare fuoriuscita di aria dai polmoni e alcune procedure durante l’autopsia possono favorire la produzione di aerosol. Pertanto, gli operatori devono continuare ad indossare i DPI consigliati durante qualsiasi attività sulla salma. L’autopsia è sconsigliata se non strettamente necessaria (ad esempio, per obblighi medico-legali); in tal caso, procedure non invasive, quali ad esempio la biopsia su cadavere, devono essere privilegiate. L’Istituto comunque dispone di un procedura per la medicina necroscopica in caso di pazienti deceduti per patologie altamente contagiose, che va rigorosamente applicata.
Le autopsie e lo studio del 2020
In un articolo del Corriere della Sera, edizione Bergamo, vengono riportate le parole di Andrea Gianatti, direttore del dipartimento di Medicina di laboratorio e Anatomia patologica del Papa Giovanni:
Le circolari del ministero ci dicevano, sostanzialmente, di non fare autopsie sui pazienti deceduti a causa del Covid-19. Il ragionamento alla base di quell’indicazione (che era espressa al condizionale: «Non si dovrebbero fare») era semplice e non riguardava tanto i rischi di contagio, ma altro: inutile fare esami autoptici se si conosce già la causa del decesso.
Ben consapevoli che le circolari non vietavano le autopsie (e ribadiamo ancora quel condizionale «Non si dovrebbero fare») proseguiamo con le altre dichiarazioni del Dott. Giannati: «Abbiamo deciso di iniziare a fare in due le autopsie, la prima il 23 marzo, io e il collega Aurelio Sonzogni, lasciando fuori il resto dello staff, per ragioni procedurali, e cioè per rendere più automatici determinati passaggi prima di intervenire, per esempio la vestizione, che è stata sicuramente più restrittiva e sicura rispetto ai periodi normali. E così siamo partiti».
L’anatomopatologa Manuela Nebuloni dell’Ospedale Sacco di Milano, come riportato in un’intervista a Maurizio Viecca (primario di Cardiologia all’Ospedale Sacco), aveva effettuato «30 autopsie» riscontrando una trombosi nei capillari polmonari. Risulta essere la firmataria di uno studio, insieme ai colleghi del Papa Giovanni di Bergamo, pubblicato su Lancet l’8 giugno 2020 dal titolo «Pulmonary post-mortem findings in a series of COVID-19 cases from northern Italy: a two-centre descriptive study», dove riscontriamo il periodo di decesso dei pazienti Covid analizzati: tra il 29 febbraio e il 24 marzo 2020.
We systematically analysed lung tissue samples from 38 patients who died from COVID-19 in two hospitals in northern Italy between Feb 29 and March 24, 2020.
Nel comunicato del Sacco leggiamo:
“Le autopsie hanno mostrato che l’organo maggiormente colpito dal virus il polmone e la cuasa della morte l’insufficienza respiratoria acuta – ha spiegato Gianatti -. Come causa di morte abbiamo trovato anche trombi estesi anche a livello della sezione destra del cuore e tutti i pazienti presentavano grosse ostruzioni dell’arteria polmonare e piccole occlusioni disseminate in vene e arterie periferiche. La nostra esperienza, le cui conclusioni sono riassunte in questa pubblicazione, ha dato un contributo importante alla cura dei pazienti con Coronavirus, in particolare rispetto alla necessità di intervenire sulla coagulazione con eparina e di usare il cortisone per ridurre l’infiammazione a livello vascolare”.
La trombosi e la tromboprofilassi
Dalle autopsie, i medici avevano riscontrato uno dei problemi della Covid: «Più pazienti erano deceduti a causa di trombosi, un evento che spesso si è manifestato dopo la fase più acuta della polmonite, cioè dopo i sintomi più tipici provocati dal coronavirus. La teoria più credibile, oggi, collegata a questa scoperta, è che il virus si attacchi alcuni recettori che si trovano proprio lungo i vasi sanguigni. E più in generale che riesca a mettere in moto una serie di effetti che da un certo momento in poi non dipendono più da “lui”, ma ci sono e possono anche essere letali».
Come avevamo evidenziato in un articolo del 29 aprile 2020, i pazienti Covid venivano già sottoposti a medicinali contro la trombosi. A spiegarlo è un articolo pubblicato il 21 aprile 2020 sul sito del gruppo Humanitas, a firma del dottor Corrado Lodigiani, Responsabile del Centro Trombosi e Malattie Emorragiche, e del professor Maurizio Cecconi, Direttore del Dipartimento Anestesia e Terapie intensive:
Spiega il dottor Lodigiani: “La correlazione tra malattie di tipo infiammatorie, come per esempio le polmoniti e la trombosi in generale (soprattutto venosa), è nota da decenni; si pensi che un paziente con una qualunque polmonite batterica o virale, quindi non necessariamente da SARS-CoV-2, viene abitualmente sottoposto a profilassi tromboembolica con eparina a basso peso molecolare, in quanto esiste una forte raccomandazione in tutte le linee guida internazionali, allo scopo di ridurre o eliminare il rischio di insorgenza di tromboembolismo venoso, ovvero trombosi venosa profonda. Si tratta della formazione di trombi nel sangue delle nostre vene che in alcuni casi possono provocare l’embolia polmonare, un evento potenzialmente fatale. La profilassi tromboembolica si effettua in genere mediante l’utilizzo di eparina a basso peso molecolare e tale raccomandazione è il frutto di uno studio scientifico pubblicato nel lontano 1999”.
In data 9 aprile 2020, la Fondazione Veronesi pubblica un articolo, dal titolo «Con l’aumento dei contagi, si sta scoprendo che il Coronavirus non danneggia soltanto i polmoni. Diverse le possibili cause del danno diffuso ad altri organi», vengono citate delle autopsie sui pazienti deceduti che avevano portato a dei chiarimenti sulle cause di morte:
«Nelle autopsie finora condotte, si è visto che un terzo dei pazienti è deceduto a causa di un’insufficienza renale acuta – afferma Claudio Cricelli, presidente della Società Italiana di Medicina Generale (Simg) -. Sappiamo che l’infezione determina un aumento della microcoagulazione del sangue in diversi organi. Alcune persone potrebbero essere morte perché i reni si sono bloccati proprio a causa di questo evento. Non è un caso che l’Agenzia Italiana del Farmaco abbia dato l’ok all’uso dell’enoxaparina, un farmaco usato da tempo per la cura di diverse malattie vascolari che tendono a formare trombi ed emboli».
L’enoxaparina e lo studio X-Covid-19
Dell’enoxaparina risultava già in uso in alcuni ospedali, come l’Istituto Clinico Città Studi. In un’intervista a Scienzainrete.it, pubblicata il 3 aprile 2020, il virologo Pasquale Ferrante dichiara quanto segue:
Poi usiamo su quasi tutti i pazienti 4.000 o 8000 unità di Enoxaparina due volte al giorno. Sembrerà strano, ma è utile per prevenire i microemboli che si possono formare nei polmoni durante la Covid-19.
L’11 aprile 2020 l’Aifa pubblica un comunicato riguardo all’uso delle eparine a basso peso molecolare, rimandando al documento ufficiale pubblicato lo stesso giorno con le indicazioni d’uso. Le fonti iniziali erano quelle cinesi, a seguito dei riscontri nei pazienti dell’ospedale di Wuhan.
Nel mese di aprile 2020, diversi centri italiani – coordinati dall’Ospedale Niguarda di Milano – vennero coinvolti nello studio multicentrico randomizzato “X-Covid-19”, autorizzato da Aifa, sugli effetti anticoagulanti dell’eparina per valutare l’efficacia e la sicurezza del farmaco nel trattamento dei pazienti Covid. Marco Cattaneo, ematologo dell’ASST Santi Paolo e Carlo e professore ordinario dell’Università degli Studi di Milano, spiegava quanto segue:
“Il problema è che- continua Marco Cattaneo, internista, ematologo dell’ASST Santi Paolo e Carlo e professore ordinario dell’Università degli Studi di Milano -, a fronte dell’incertezza della maggior efficacia protettiva delle alte dosi di eparina in questi pazienti, abbiamo la certezza che il rischio emorragico aumenta con l’aumentare della dose del farmaco. Pertanto ritengo che sia necessario usare la massima prudenza nell’utilizzo di alte dosi, la cui sicurezza e efficacia deve necessariamente essere valutata in studi controllati”.
Conclusioni
Non c’è riscontro riguardo a quanto affermato dalla virologa Gismondo in merito al presunto divieto di effettuare le autopsie sui deceduti Covid-19 («Ci è stato proibito!»). Le circolari ministeriali, così come le indicazioni di ISS e della Società Italiana di Anatomia Patologica (SIAPEC), non vietavano le autopsie, mentre sostenevano un principio di precauzione per la loro attuazione in sicurezza.
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