Il Consiglio Ue si spacca sull’energia. Per la Germania l’aumento dei costi è solo una crisi passeggera
Il consueto Consiglio europeo di fine anno non è stato accompagnato dal clima di festa che già si respira per le strade di Bruxelles. Tutt’altro: i leader dei Paesi membri, nel corso del vertice del 16 dicembre, si sono mostrati divisi su più di un tema. Solo sulla reazione alle minacce russe nei confronti dei confini ucraini c’è stata una certa comunione di vedute. Spaccature, invece, sia sulla limitazione della libera circolazione dei cittadini europei nello spazio comune a causa della variante Omicron, sia sul fronte energetico. Quest’ultimo tema, divenuto urgente a causa della crescita esponenziale del costo del gas, ha scisso in tre blocchi i 27 Stati. Francia e Italia sono i Paesi capofila di chi chiede una riforma strutturale del mercato energetico europeo: il costo in bolletta per i cittadini dell’energia elettrica, oggi, dipende in buona parte dal prezzo del gas.
Germania e Paesi del Nord Europa, invece, sminuiscono la questione ritenendo che si tratti di una crisi passeggera. Infine, gli Stati dell’Est Europa, in minoranza ma molto attivi durante il Consiglio, hanno strumentalizzato il tema collegandolo alle singole istanze dei territori di quell’area geografica. Così, l’Ungheria ha colto la palla al balzo per delegittimare il programma europeo Fit for 55 che punta a una riduzione delle emissioni nocive entro il 2030. L’aumento del costo dell’energia, secondo Budapest, sarebbe attribuibile alla riconversione energetica imposta da Bruxelles. La Polonia ha utilizzato invece il tema per attaccare la Russia in generale: Varsavia ritiene che Mosca manipoli il mercato per esercitare pressioni geopolitiche. I polacchi, insieme ai cechi, hanno proposto di riformare il mercato di scambio delle quote di gas a effetto serra dell’Unione, l’Eu Ets. Infine, i membri dell’Unione hanno mostrato posizioni contrapposte anche sul ruolo del nucleare nella transizione energetica. «Il tema non è di competenza del Consiglio – ha concluso il presidente Charles Michel -, ma non è un segreto che ci sono forti differenze intorno al tavolo».
Cos’è l’Eu Ets
L’Eu Ets, di fatto, è una misura introdotta da Bruxelles per ridurre l’emissione di gas serra nei settori industriali che impattano maggiormente sui cambiamenti climatici. Ogni impianto autorizzato in Europa deve compensare annualmente le proprie emissioni con l’acquisto o lo scambio di quote equivalenti alla mole di gas serra che industrie e traffico aereo possono rilasciare nell’atmosfera. Il regime di quotazione monetaria delle emissioni applicato in Europa è il più esteso a livello internazionale: riguarda 11mila centrali energetiche, impianti industriali in 30 Paesi e i voli tra gli aeroporti degli Stati partecipanti al mercato degli Eu Ets. Oltre ai 27 Paesi membri vi hanno aderito Norvegia, Islanda e Liechtenstein. Oggi, il 45% delle emissioni prodotte nei 30 Stati aderenti è regolato dall’Eu Ets.
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