Coronavirus, Antonelli (Gemelli): «Il sentiero è stretto. Meglio familiari e pochi amici per Natale e le feste»
Non siamo ancora all’incubo, ma la situazione della pandemia di Coronavirus in Italia è tutt’altro che rosea. E anzi, quell’incubo comincia ad apparire dietro l’angolo. Il ragionamento che Massimo Antonelli, direttore del reparto di terapia intensiva dell’ospedale Gemelli di Roma e già componente, all’epoca del governo Conte II, del Comitato Tecnico Scientifico che tutta Italia ha imparato a conoscere in questi due anni di pandemia, è inesorabile. Se l’anno scorso aveva deciso di trascorrere le feste natalizia, lo aveva dichiarato, in casa e da solo con la moglie, per quest’anno poco cambierà. «Qualche famigliare in più, qualche amico, potremo invitarlo», dice in un’intervista al Fatto Quotidiano. «Ma certo ci vorrà grande attenzione. Eviterei le feste e i brindisi di piazza. E speriamo sia l’ultimo sforzo», aggiunge.
Vaccinati e non
Rispetto a un anno fa, racconta, «noi operatori sanitari siamo stanchi dopo due anni di pandemia». Al Gemelli, per esempio, da almeno tre settimane ci sono sempre almeno trenta malati di Covid in terapia intensiva. Un numero che resta tale nei giorni, tra dimessi, guariti e morti. Nel Lazio la situazione sembra ancora sotto controllo, ma «il Nord-est, Friuli e Veneto sono già in affanno». Anche l’esperienza di Antonelli conferma i numeri delle proporzioni nei ricoveri tra persone non vaccinate e non. «Riscontro un 80% di non vaccinati e un 20% di vaccinati con due dosi», dice. «Questi ultimi sono per lo più con la seconda dose somministrata da almeno cinque mesi, anziani e con polipatologie». Insomma «stiamo imparando che il decadimento delle difese del vaccino ha un suo tempo in circa quattro, cinque mesi dalla seconda dose». Non è chiaro se dovremo sottoporci a un richiamo annuale o no, «qui è tutto in evoluzione sotto ai nostri occhi». E «non siamo in grado di dire quante varianti e di che tipo potremo ancora avere».
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