Covid, l’allarme degli infermieri: impennata di casi tra gli operatori sanitari, 5 mila contagi in 30 giorni
L’allarme arriva da Antonio De Palma, presidente del sindacato degli infermieri Nursing Up: nell’ultimo mese i contagi da Covid sono cresciuti «vertiginosamente» tra gli operatori sanitari. I dati parlano di «5 mila negli ultimi 30 giorni» (nello specifico sono 4.684, secondo il report di Nursing Up, frutto delle elaborazioni dei dati Iss e Inail). «Cosa aspettano le Regioni ad adottare il criterio del Veneto, che ha portato ad ogni 4 giorni la frequenza dei tamponi? Cosa aspettano a misurarne costantemente i livelli di copertura vaccinale?», dice De Palma chiedendo di «mettere in sicurezza i sanitari con una scarsa risposta immunitaria, anche se vaccinati con due o tre dosi». Nel corso della quarta ondata «non possiamo permetterci un piano di contrasto tanto disomogeneo». Questo significa che «si stanno infettando 156 operatori sanitari ogni 24 ore, e di questi ben 128 sono infermieri». Senza dimenticare, tra l’altro, «che il macigno dei nuovi ricoveri pesa sulle spalle degli infermieri».
Se la situazione dovesse peggiorare, con una maggiore occupazione di posti letto in intensiva e nei reparti Covid, si rischia ancora una volta di avere una forte carenza di personale che «tocca quota 80-85 mila quando i ricoveri raggiungono di nuovo l’acme». In Emilia-Romagna, tra l’altro, i contagi di sanitari «sono in aumento e le aziende hanno bloccato nuovamente le ferie agli infermieri». In Campania, invece, si registrano «contagi di operatori sanitari al San Giovanni Bosco, dove c’è un cluster in atto e ancora contagi si segnalano all’Ospedale del Mare e a Sorrento». In Friuli Venezia Giulia «la situazione è tra le più critiche con 13 operatori contagiati nelle ultime 48 ore».
«Bene ha fatto il Veneto ad aumentare la frequenza dei tamponi di infermieri e medici, arrivando a farli ogni 4 giorni, rispetto ai 10 iniziali», aggiunge De Palma. Da qui l’idea di lanciare un appello alla Conferenza Stato-Regioni affinché «tutte adottino gli stessi criteri, sia in tema di frequenza di tamponi, che in tema di monitoraggio dei livelli anticorpali al personale sanitario». «La risposta al vaccino dipende da persona a persona, e che tenere in servizio sanitari con una carente risposta immunitaria, significa mettere a rischio la loro salute e quella di chi vi entra a contatto», conclude.
Foto in copertina di repertorio
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