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L’epidemiologo Vespignani: «Prepariamoci: ci vorrà una nuova dose di vaccino ogni anno»

20 Dicembre 2021 - 06:45 Redazione
alessandro vespignani
alessandro vespignani
Secondo il direttore del Network Science Institute l'Italia deve fare presto a imporre nuove restrizioni contro Omicron

L’epidemiologo Alessandro Vespignani, direttore del Network Science Institute alla Northeastern University di Boston, in un’intervista rilasciata oggi a Repubblica dice che ci vorrà un richiamo ogni anno per il vaccino contro Covid-19. E che l’Italia non deve bruciare il vantaggio competitivo sulle altre nazioni europee nella lotta al Coronavirus. «Le lamentele sulla terza o la quarta dose non hanno senso. Ci sono moltissime malattie su cui abbiamo fatto infiniti richiami. Omicron è la coda finale? Non lo sappiamo, nulla vieta che dopo arrivi altro. Forse abbiamo sbagliato la comunicazione, dando l’impressione che le due dosi fossero l’arma risolutiva. Non è così: il vaccino è importantissimo, ma è possibile che vada modificato, forse ogni anno. Dobbiamo prepararci. Senza panico, ma con consapevolezza», dice Vespignani.

Il quale poi spiega che nella situazione attuale «sappiamo una serie di cose. Omicron si diffonde molto più rapidamente. Abbiamo avuto la conferma che una parte di evasione del sistema immunitario c’è. La crescita dei casi è impressionante, non l’avevamo mai vista a questa velocità, con tempi di raddoppio di due giorni e mezzo, tre. Il richiamo della terza dose di vaccino, come l’infezione unita a un ciclo di vaccinazione completa, danno una protezione abbastanza alta da Omicron. Questo è un dato che in paesi come il nostro potrebbe aiutare a tenere la situazione sotto controllo, e spinge a velocizzare i richiami. Il numero dei casi gravi, se uno è protetto dal vaccino, è molto minore. Però il fenomeno si innesta su un letto di infezioni di Delta che riuscivamo a malapena a contenere, e per il sistema ospedaliero può diventare un grosso problema».

Ma soprattutto, secondo il professore, «bisogna velocizzare molto la gestione della crisi, ma in Italia c’è l’idea che noi siamo in una situazione diversa. Dovremmo averlo già imparato che può esserci una settimana di ritardo, dieci giorni, ma i pattern si ripetono e Omicron da noi c’è. L’ultima misurazione dice che siamo allo 0,2%, ma era ad inizio dicembre e le percentuali sono già più grandi. Nel giro di una settimana ti ritrovi nelle condizioni degli altri paesi. Questo va assorbito in fretta da chi decide, perché i tempi sono stretti». Ma purtroppo «non si può fare una previsione precisa, perché in Italia non si misura la prevalenza di Omicron ogni giorno, come ad esempio nel Regno Unito o in Danimarca». Il tempo che rimane è di circa due settimane: «Qualunque cosa si voglia fare, va fatta presto». E se il governo ha in programma una riunione il 23 dicembre «vuol dire che si fanno le cose per l’anno nuovo, ed è un pochino tardi. Così ti bruci il vantaggio».

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