Mascherine Ffp2: perché il governo pensa all’obbligo sul lavoro e nei trasporti (ma c’è anche l’ipotesi scuola)
Oggi il governo deciderà le nuove misure restrizioni per tentare di frenare la nuova ondata di contagi Covid, trainata dalla variante Omicron, con oltre 36 mila nuovi casi registrati ieri, 22 dicembre. Le nuove misure verranno discusse in mattinata durante la Cabina di regia e approvate durante il Consiglio dei ministri di questo pomeriggio. Il premier Draghi, durante la conferenza stampa di fine anno, ha ribadito a chiare lettere che l’esecutivo intende «fare tutto il necessario per difendere quel poco di normalità che abbiamo raggiunto» e, sebbene «si possa sperare che le cose vadano per il meglio, ci si deve preparare al peggio». Tra le nuove misure per contenere l’aumento dei contagi, che verranno assunte solo ed esclusivamente sulla base «dai dati e solo dai dati, non dalla politica come si dice in giro», il presidente Draghi ha anticipato non ci sarà un nuovo lockdown generale, così come non ci sarà un lockdown per i No vax. Il premier ha poi allontanato, per ora, l’introduzione dell’obbligo vaccinale anti-Covid, preferendo pensare all’estensione dell’obbligo per alcune categorie specifiche che «verranno definite in tempi brevissimi».
Le nuove misure
Ma quali sono le nuove misure a cui sta pensando Il governo Draghi? L’esecutivo valuta la riduzione della durata del Green pass a 6 mesi, l’accelerazione sulle vaccinazioni con la possibilità di anticipare la terza dose booster a 4 mesi dalla seconda dose (attualmente l’intervallo di tempo è fissato a 5 mesi, ndr), permettendo dunque anche ai giovani tra i 12 e i 19 anni di accedere prima al richiamo, la possibilità di ritorno parziale al lavoro agile e l’introduzione dell’obbligo di mascherina Ffp2, sia all’aperto, sia nei luoghi chiusi, come mezzi pubblici, cinema, teatri, musei, bar, ristoranti e scuole. Sull’obbligo di mascherine sembra esserci convergenza tra tutte le forze politiche, anche se diverse regioni si sono già mosse in autonomia anche se in zona bianca, come nel Lazio.
Le mascherine Ffp2 o Ffp3 o N95 sono dispositivi di protezione individuale. La sigla FFP sta per «filtering face piece». Hanno un potere filtrante dichiarato pari al 90 per cento. Le normali chirurgiche invece arrivano al 20 per cento. Le Ffp2 possono essere indossate più a lungo (tra le 6 e 8 ore) e devono essere buttate dopo l’uso riponendole in sacchetti chiusi. I costi sono maggiori rispetto alle chirurgiche, spesso nell’ordine del triplo del prezzo. Per essere commercializzate nel nostro Paese, devono rispettare tassativamente quanto stabilito nel regolamento UE 2016/425. Un organismo specializzato nella certificazione di DPI dovrà garantire, di fatto, che il prodotto rispetti i requisiti della norma tecnica EN 149:2001. Solo così il produttore potrà apporre il marchio CE.
Ffp2 nelle scuole?
E in ambito scolastico, il premier Draghi ha osservato che sarà necessario «prendere tutte le precauzioni possibili». «Non si tornerà in Dad» perché si è consapevoli «delle difficoltà che i giovani hanno subito a causa delle restrizioni dettate dalla pandemia» e non si prolungheranno le vacanze natalizie, modificando il calendario scolastico, mentre sarà necessario «fare screening negli istituti». E su questo obiettivo, ha assicurato Draghi, «il commissario straordinario per l’emergenza Francesco Paolo Figliuolo si è messo al lavoro». Secondo il premier, però, servirà anche implementare l’attività di «testing e la vaccinazione di tutti, anche dei bambini». A ciò, si aggiunge l’introduzione dell’obbligo di mascherina Ffp2 anche nelle scuole e nelle università. Secondo il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, «adottare mascherine Ffp2 nelle scuole significa prevenire la diffusione del contagio con una misura concreta e verosimilmente realizzabile prima del rientro, il 7 o 10 gennaio».
Secondo Giannelli è invece «illusorio e inverosimile sperare che Figliuolo possa gestire 8 milioni di tamponi al giorno, cosa che tra l’altro intralcerebbe il sistema sanitario nazionale». Già, perché secondo il presidente dell’Associazione nazionale presidi, «i tamponi rapidi salivari o nasali non sono molto affidabili, diversamente dai molecolari. Ma in questo caso, per avere certezze, – osserva Giannelli – servirebbe un monitoraggio continuo che è difficile organizzare, e anche con tutta la buona volontà non si può accusare la struttura commissariale di omissioni perché sono operazioni non facilmente praticabili».
Foto in copertina d’archivio: ANSA/MASSIMO PERCOSSI
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