«Reparto pieno di No vax aggressivi e troppi medici in quarantena»: l’allarme del primario di Malattie infettive di Catania
«Siamo sommersi, la situazione è incandescente, il mio reparto è già pieno di malati Covid. Se domani dovesse venire un paziente che sta male, non potrei ricoverarlo. Abbiamo persino dovuto riaprire alcune aree dell’ospedale chiuse da mesi e ora dobbiamo fare i conti con la mancanza di medici». A parlare a Open è il professor Bruno Cacopardo, primario di Malattie infettive al Garibaldi di Catania. È stanco, è quasi senza voce. I ritmi sono frenetici e il peggio, forse, deve ancora venire. Bisognerà capire cosa succederà dopo le feste, dopo i baci, gli abbracci e le riunioni di famiglia di Natale e i (prossimi) festeggiamenti di fine anno. Cacopardo non nasconde lo stress: la notte dorme poco anche perché spesso è proprio lui, il primario del reparto, a dover sostituire i medici, molti dei quali a casa in quarantena perché contatti stretti di positivi. «Il Capodanno lo farò in ospedale – ci confida – La notte tra il 31 dicembre e l’1 gennaio ci sarò io, visto che ormai non c’è quasi più nessuno e bisogna “coprire” i medici in quarantena. Non avendo più personale sufficiente, arriveremo a dover spostare medici di altri reparti».
Un film già visto, purtroppo. A questo si aggiunga la stanchezza ma anche il timore di essere aggrediti dai No vax: «Sono aggressivi. Ci minacciano, ci strappano le bardature, qualcuno rifiuta i trattamenti, altri ci aggrediscono se “prendiamo” una vena. Ci dicono “non voglio essere toccato”. Ma ci spiegate come facciamo a lavorare così, in queste condizioni?» Intanto il suo reparto continua a riempirsi come non mai. «In area non critica – spiega – abbiamo il 60 per cento di non vaccinati, il resto sono pazienti anziani, fragili o immunocompromessi vaccinati. Ma nelle terapie intensive e sub-intensive sono quasi esclusivamente No vax. Tutti i pazienti più gravi, infatti, sono non vaccinati».
Medici stremati e familiari No vax aggressivi
Quello che fa più arrabbiare il primario è la decisione di alcuni familiari di non vaccinare deliberatamente genitori e nonni. Anziani o molto anziani che adesso sono ricoverati in gravi condizioni. «Perché non lo ha vaccinato?», ha chiesto qualche giorno fa Cacopardo a un familiare di un paziente anziano, ricoverato e senza nemmeno una dose. «Ha 88 anni… che lo vaccinavo a fare? Però, adesso, cercate di salvarlo altrimenti, se muore, vi denuncio». Questa la risposta. Situazioni surreali per i medici che, di fatto, sono stremati. C’è «malumore ed esasperazione tra il personale sanitario», spiega il medico. «Chi lavora in area Covid da due anni è provato. Mettersi quella tuta per così tante ore, mi creda, è pesante. A questo aggiunga il fatto di aver dovuto rivedere drammaticamente i turni di tutto il personale sanitario perché molti sono i medici in quarantena».
Insomma, se continua così, la situazione rischia di sfuggire di mano. Intanto gli ultimi dati che arrivano dalla Sicilia parlano di 685 ricoverati, 88 in terapia intensiva, 9 ingressi in rianimazione in 24 ore, 31 mila persone in isolamento domiciliare, 32 mila attualmente positivi e 2.800 casi solo nell’ultima giornata a fronte di 50 mila tamponi eseguiti. L’incidenza si avvicina ai 250 casi per 100 mila abitanti con un rapido incremento nell’ultima settimana e un particolare interessamento nell’area centro-orientale. Aumentati i focolai – si è passati dai 2.726 della scorsa settimana ai 3.649 di questa – mentre la soglia dei posti letto, fanno sapere dalla Regione, resta al 10 per cento in terapia intensiva e al 19 in area medica (dati Agenas aggiornati al 28 dicembre 2021).
«Molti rifiutano il vaccino Moderna, non abbiamo Pfizer per le terze dosi»
Ad aggravare la situazione in Sicilia, secondo Cacopardo, sarebbe stato anche il rientro per le festività, già da metà dicembre, di molti studenti o lavoratori fuorisede dal Nord o dall’Europa. «Centinaia sono i messaggi che ricevo ogni giorno», ci dice. Il professore è preoccupato ma speranzoso: la ricetta vincente, secondo lui, è quella di «smettere di fare il tracciamento» («i tamponi rapidi funzionano solo nei primi giorni di malattia ma non per chi non presenta sintomi visto che non hanno sufficiente sensibilità»), di «imporre l’obbligo vaccinale» senza ricorrere più allo strumento del Green pass, di utilizzare il prima possibile la pillola anti-Covid perché – spiega – «le armi si stanno spuntando, le stiamo perdendo». Sulla pillola i dubbi sono ancora tanti: «Visto che va usata preferibilmente nei primi giorni della malattia, chi la prescriverà? Certamente non noi dal momento che in ospedale i pazienti arrivano al nono-decimo giorno della malattia».
Una cosa è certa: per spegnere il virus serve solo ed esclusivamente il vaccino, soprattutto la terza dose: «Così trasformiamo il virus in una malattia leggera, in un raffreddore o tracheite banale, con tosse e starnuti, niente di più. Ho anche amici con terza dose già infettati ma, ripeto, hanno sintomi banali. Il mio consiglio è quello di vaccinarsi, di farsi la terza dose, qualunque sia il vaccino». Ed è qui che sorge un altro problema: in molte città, da Milano a Catania, è praticamente impossibile avere una terza dose con Pfizer, se non per determinate categorie. Il booster solitamente viene fatto con Moderna: «Da noi molti vanno via perché non utilizziamo Pfizer per le terze dosi. Si lamentano e preferiscono rimandare. Invece, devono sapere che gli anticorpi entro i 7 mesi si abbattono. Chi si è vaccinato a luglio, ad esempio, rischia già da dicembre di avere un bassa carica di anticorpi. Quindi, la soluzione resta quella del vaccino, il prima possibile».
Foto in copertina di repertorio: ANSA/CIRO FUSCO
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