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«La Repubblica vive della partecipazione di tutti». Il testo integrale del discorso di fine anno di Mattarella

31 Dicembre 2022 - 22:11 Redazione
Il messaggio rivolto in diretta tv agli italiani dal capo dello Stato è stato il primo del suo secondo settennato

Un anno addietro, rivolgendomi a voi in questa occasione, definivo i sette anni precedenti come impegnativi e complessi. Lo è stato anche l’anno trascorso, così denso di eventi politici e istituzionali di rilievo. L’elezione del Presidente della Repubblica, con la scelta del Parlamento e dei delegati delle Regioni che, in modo per me inatteso, mi impegna per un secondo mandato. Lo scioglimento anticipato delle Camere e le elezioni politiche, tenutesi, per la prima volta, in autunno. Il chiaro risultato elettorale ha consentito la veloce nascita del nuovo governo, guidato, per la prima volta, da una donna. E’ questa una novità di grande significato sociale e culturale, che era da tempo matura nel nostro Paese, oggi divenuta realtà. Nell’arco di pochi anni si sono alternate al governo pressoché tutte le forze politiche presenti in Parlamento, in diverse coalizioni parlamentari. Quanto avvenuto le ha poste, tutte, in tempi diversi, di fronte alla necessità di misurarsi con le difficoltà del governare.

Il bilancio

Riconoscere la complessità, esercitare la responsabilità delle scelte, confrontarsi con i limiti imposti da una realtà sempre più caratterizzata da fenomeni globali: dalla pandemia alla guerra, dalla crisi energetica a quella alimentare, dai cambiamenti climatici ai fenomeni migratori. La concretezza della realtà ha così convocato ciascuno alla responsabilità. Sollecita tutti ad applicarsi all’urgenza di problemi che attendono risposte. La nostra democrazia si è dimostrata dunque, ancora una volta, una democrazia matura, compiuta, anche per questa esperienza, da tutti acquisita, di rappresentare e governare un grande Paese. E’ questa consapevolezza, nel rispetto della dialettica tra maggioranza e opposizione, che induce a una comune visione del nostro sistema democratico, al rispetto di regole che non possono essere disattese, del ruolo di ciascuno nella vita politica della Repubblica. Questo corrisponde allo spirito della Costituzione. Domani, primo gennaio, sarà il settantacinquesimo anniversario della sua entrata in vigore. La Costituzione resta la nostra bussola, il suo rispetto il nostro primario dovere; anche il mio.

La guerra in Ucraina e la speranza di pace

Siamo in attesa di accogliere il nuovo anno ma anche in queste ore il pensiero non riesce a distogliersi dalla guerra che sta insanguinando il nostro Continente. Il 2022 è stato l’anno della folle guerra scatenata dalla Federazione russa. La risposta dell’Italia, dell’Europa e dell’Occidente è stata un pieno sostegno al Paese aggredito e al popolo ucraino, il quale con coraggio sta difendendo la propria libertà e i propri diritti. Se questo è stato l’anno della guerra, dobbiamo concentrare gli sforzi affinché il 2023 sia l’anno della fine delle ostilità, del silenzio delle armi, del fermarsi di questa disumana scia di sangue, di morti, di sofferenze. La pace è parte fondativa dell’identità europea e, fin dall’inizio del conflitto, l’Europa cerca spiragli per raggiungerla nella giustizia e nella libertà. Alla pace esorta costantemente Papa Francesco, cui rivolgo, con grande affetto, un saluto riconoscente, esprimendogli il sentito cordoglio dell’Italia per la morte del Papa emerito Benedetto XVI. Si prova profonda tristezza per le tante vite umane perdute e perché, ogni giorno, vengono distrutte case, ospedali, scuole, teatri, trasformando città e paesi in un cumulo di rovine. Vengono bruciate, per armamenti, immani quantità di risorse finanziarie che, se destinate alla fame nel mondo, alla lotta alle malattie o alla povertà, sarebbero di sollievo per l’umanità. Di questi ulteriori gravi danni, la responsabilità ricade interamente su chi ha aggredito e non su chi si difende o su chi lo aiuta a difendersi. Pensiamoci: se l’aggressione avesse successo, altre la seguirebbero, con altre guerre, dai confini imprevedibili. Non ci rassegniamo a questo presente. Il futuro non può essere questo. La speranza di pace è fondata anche sul rifiuto di una visione che fa tornare indietro la storia, di un oscurantismo fuori dal tempo e dalla ragione. Si basa soprattutto sulla forza della libertà. Sulla volontà di affermare la civiltà dei diritti. Qualcosa che è radicato nel cuore delle donne e degli uomini. Ancor più forte nelle nuove generazioni. Lo testimoniano le giovani dell’Iran, con il loro coraggio. Le donne afghane che lottano per la loro libertà. Quei ragazzi russi, che sfidano la repressione per dire il loro no alla guerra.

L’invito a rafforzare il Sistema Sanitario Nazionale

Gli ultimi anni sono stati duri. Ciò che abbiamo vissuto ha provocato o ha aggravato tensioni sociali, fratture, povertà. Dal Covid – purtroppo non ancora sconfitto definitivamente – abbiamo tratto insegnamenti da non dimenticare. Abbiamo compreso che la scienza, le istituzioni civili, la solidarietà concreta sono risorse preziose di una comunità, e tanto più sono efficaci quanto più sono capaci di integrarsi, di sostenersi a vicenda. Quanto più producono fiducia e responsabilità nelle persone. Occorre operare affinché quel presidio insostituibile di unità del Paese rappresentato dal Servizio sanitario nazionale si rafforzi, ponendo sempre più al centro la persona e i suoi bisogni concreti, nel territorio in cui vive.

La povertà

So bene quanti italiani affrontano questi mesi con grandi preoccupazioni. L’inflazione, i costi dell’energia, le difficoltà di tante famiglie e imprese, l’aumento della povertà e del bisogno. La carenza di lavoro sottrae diritti e dignità: ancora troppo alto è il prezzo che paghiamo alla disoccupazione e alla precarietà. Allarma soprattutto la condizione di tanti ragazzi in difficoltà. La povertà minorile, dall’inizio della crisi globale del 2008 a oggi, è quadruplicata. Le differenze legate a fattori sociali, economici, organizzativi, sanitari tra i diversi territori del nostro Paese – tra Nord e Meridione, per le isole minori, per le zone interne – creano ingiustizie, feriscono il diritto all’uguaglianza. Ci guida ancora la Costituzione, laddove prescrive che la Repubblica deve rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che ledono i diritti delle persone, la loro piena realizzazione. Senza distinzioni.

Il ruolo della Repubblica

La Repubblica siamo tutti noi. Insieme. Lo Stato nelle sue articolazioni, le Regioni, i Comuni, le Province. Le istituzioni, il Governo, il Parlamento. Le donne e gli uomini che lavorano nella pubblica amministrazione. I corpi intermedi, le associazioni. La vitalità del terzo settore, la generosità del volontariato. La Repubblica – la nostra Patria – è costituita dalle donne e dagli uomini che si impegnano per le loro famiglie. La Repubblica è nel senso civico di chi paga le imposte perché questo serve a far funzionare l’Italia e quindi al bene comune. La Repubblica è nel sacrificio di chi, indossando una divisa, rischia per garantire la sicurezza di tutti. In Italia come in tante missioni internazionali. La Repubblica è nella fatica di chi lavora e nell’ansia di chi cerca il lavoro. Nell’impegno di chi studia. Nello spirito di solidarietà di chi si cura del prossimo. Nell’iniziativa di chi fa impresa e crea occupazione. Rimuovere gli ostacoli è un impegno da condividere, che richiede unità di intenti, coesione, forza morale.E’ grazie a tutto questo che l’Italia ha resistito e ha ottenuto risultati che inducono alla fiducia. La nostra capacità di reagire alla crisi generata dalla pandemia è dimostrata dall’importante crescita economica che si è avuta nel 2021 e nel 2022.

La ripartenza dopo gli anni della pandemia

Le nostre imprese, a ogni livello, sono state in grado, appena possibile, di ripartire con slancio: hanno avuto la forza di reagire e, spesso, di rinnovarsi. Le esportazioni dei nostri prodotti hanno tenuto e sono anzi aumentate. L’Italia è tornata in brevissimo tempo a essere meta di migliaia di persone da ogni parte del mondo. La bellezza dei nostri luoghi e della nostra natura ha ripreso a esercitare una formidabile capacità attrattiva. Dunque ci sono ragioni concrete che nutrono la nostra speranza ma è necessario uno sguardo d’orizzonte, una visione del futuro. Pensiamo alle nuove tecnologie, ai risultati straordinari della ricerca scientifica, della medicina, alle nuove frontiere dello spazio, alle esplorazioni sottomarine. Scenari impensabili fino a pochi anni fa e ora davanti a noi. Sfide globali, sempre. Perché è la modernità, con il suo continuo cambiamento, a essere globale. 

Le scelte strategiche da compiere e la transizione energetica

Ed è in questo scenario, per larghi verso inedito, che misuriamo il valore e l’attualità delle nostre scelte strategiche: l’Europa, la scelta occidentale, le nostre alleanze. La nostra primaria responsabilità nell’area che definiamo Mediterraneo allargato. Il nostro rapporto privilegiato con l’Africa. Dobbiamo stare dentro il nostro tempo, non in quello passato, con intelligenza e passione. Per farlo dobbiamo cambiare lo sguardo con cui interpretiamo la realtà. Dobbiamo imparare a leggere il presente con gli occhi di domani. Pensare di rigettare il cambiamento, di rinunciare alla modernità non è soltanto un errore: è anche un’illusione. Il cambiamento va guidato, l’innovazione va interpretata per migliorare la nostra condizione di vita, ma non può essere rimossa. La sfida, piuttosto, è progettare il domani con coraggio. Mettere al sicuro il pianeta, e quindi il nostro futuro, il futuro dell’umanità, significa affrontare anzitutto con concretezza la questione della transizione energetica. L’energia è ciò che permette alle nostre società di vivere e progredire. Il complesso lavoro che occorre per passare dalle fonti tradizionali, inquinanti e dannose per salute e ambiente, alle energie rinnovabili, rappresenta la nuova frontiera dei nostri sistemi economici. Non è un caso se su questi temi, e in particolare per l’affermazione di una nuova cultura ecologista, registriamo la mobilitazione e la partecipazione da parte di tanti giovani.

La trasformazione digitale e la scuola

L’altro cambiamento che stiamo vivendo, e di cui probabilmente fatichiamo tuttora a comprendere la portata, riguarda la trasformazione digitale. L’uso delle tecnologie digitali ha già modificato le nostre vite, le nostre abitudini e probabilmente i modi di pensare e vivere le relazioni interpersonali. Le nuove generazioni vivono già pienamente questa nuova dimensione. La quantità e la qualità dei dati, la loro velocità possono essere elementi posti al servizio della crescita delle persone e delle comunità. Possono consentire di superare arretratezze e divari, semplificare la vita dei cittadini e modernizzare la nostra società. Occorre compiere scelte adeguate, promuovendo una cultura digitale che garantisca le libertà dei cittadini. Il terzo grande investimento sul futuro è quello sulla scuola, l’università, la ricerca scientifica. E’ lì che prepariamo i protagonisti del mondo di domani. Lì che formiamo le ragazze e i ragazzi che dovranno misurarsi con la complessità di quei fenomeni globali che richiederanno competenze adeguate, che oggi non sempre riusciamo a garantire. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza spinge l’Italia verso questi traguardi. Non possiamo permetterci di perdere questa occasione. Lo dobbiamo ai nostri giovani e al loro futuro. 

Il messaggio ai giovani

Parlando dei giovani vorrei – per un momento – rivolgermi direttamente a loro: siamo tutti colpiti dalla tragedia dei tanti morti sulle strade. Troppi ragazzi perdono la vita di notte per incidenti d’auto, a causa della velocità, della leggerezza, del consumo di alcol o di stupefacenti. Quando guidate avete nelle vostre mani la vostra vita e quella degli altri. Non distruggetela per un momento di imprudenza. Non cancellate il vostro futuro. Care concittadine e cari concittadini, guardiamo al domani con uno sguardo nuovo. Guardiamo al domani con gli occhi dei giovani. Guardiamo i loro volti, raccogliamo le loro speranza. Facciamole nostre. Facciamo sì che il futuro delle giovani generazioni non sia soltanto quel che resta del presente ma sia il frutto di un esercizio di coscienza da parte nostra. Sfuggendo la pretesa di scegliere per loro, di condizionarne il percorso. La Repubblica vive della partecipazione di tutti. E’ questo il senso della libertà garantita dalla nostra democrazia. E’ anzitutto questa la ragione per cui abbiamo fiducia. Auguri !

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Corea del Nord, la provocazione di Capodanno contro Seul: «Lanciato un missile balistico nel Mar del Giappone»

31 Dicembre 2022 - 21:49 Redazione
La mossa di Pyongyang a meno di 24 ore dal lancio di altri tre missili balistici a corto raggio

Nuova provocazione, appena iniziato (in Asia orientale) il 2023, da parte della Corea del Nord. I vertici militari di Seul, citati dall’agenzia di stampa Yonhap, hanno riferito del lancio di un missile balistico da parte di Pyongyang nel Mar del Giappone. Si tratterebbe – secondo l’esercito sudcoreano – del secondo test consecutivo in due giorni. Il missile sarebbe stato lanciato, scrive Reuters, intorno alle 2.50 ora locale dalla zona di Yongseong, nell’area della capitale Pyongyang. La mossa della Corea del Nord arriva nemmeno 24 ore dopo il lancio di altri tre missili balistici a corto raggio, e all’indomani del test effettuato dalla Corea del Sud di un veicolo di lancio spaziale a combustibile solido. Sulla vicenda sono intervenuti in mattinata anche gli Stati Uniti che, attraverso lo Us Army Indo-Pacific Command, hanno fatto sapere che i missili «non hanno posto alcuna minaccia agli Usa e ai suoi alleati nella regione». Ma hanno sottolineato come «l’impatto del programma militare di Pyongyang sia destabilizzante». Nei giorni precedenti cinque droni nordcoreani avevano fatto incursione nello spazio aereo del Sud: un fatto mai accaduto negli ultimi cinque anni, e per il quale il ministro della difesa di Seul era stato costretto a scusarsi.

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Afragola, freddato a colpi di pistola un 37enne. Era noto alle forze dell’ordine

31 Dicembre 2022 - 21:25 Redazione
L'uomo sarebbe stato colpito alle spalle con quattro colpi di arma da fuoco: si chiamava Luigi Mocerino ed era originario di Acerra

Tragedia ad Afragola, in provincia di Napoli, a poche ore dalla fine del 2022. Un 37enne, Luigi Mocerino – già noto alle forze dell’ordine – è stato ucciso a colpi di arma da fuoco nel centro della città del Napoletano. Dalle prime ricostruzioni fornite dai carabinieri, la vittima stava entrando in una salumeria del centro cittadino, quando i sicari gli si sono avvicinati aprendo il fuoco e colpendo il 37enne alle spalle con quattro colpi di arma da fuoco. Secondo quanto si apprende dalle forze dell’ordine, l’omicidio sarebbe avvenuto intorno alle 18.30 in via Domenica Mocerino. Sul posto, dopo una segnalazione al 112, sono intervenuti i Carabinieri per accertare le dinamiche della vicenda.

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Mattarella: «Il 2023 sia l’anno in cui tacciono le armi». Dai giovani alla bussola della Costituzione, le parole del capo dello Stato – Il video

31 Dicembre 2022 - 21:07 Redazione
Il messaggio agli italiani del presidente della Repubblica in vista del 2023: «Per la prima volta governo guidato da una donna: era novità da tempo matura»

Pace. Speranza. Futuro. Sono le parole chiave del messaggio di fine anno pronunciato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il primo del suo secondo settennato. Un discorso arrivato alla fine di un anno sorprendente, per lui per primo, con la rielezione a sorpresa alla fine di gennaio 2022. Poche settimane dopo, lo stravolgimento geopolitico con l’invasione dell’Ucraina. Una ferita lacerante cui Mattarella ha rivolto il suo pensiero. «Il 2022 è stato l’anno della folle guerra scatenata dalla Federazione russa. La risposta dell’Italia, dell’Europa e dell’Occidente è stata un pieno sostegno al Paese aggredito e al popolo ucraino, il quale con coraggio sta difendendo la propria libertà e i propri diritti», ha scandito Mattarella, ribadendo il collocamento dell’Italia. «La responsabilità – ha chiarito ancora una volta – ricade interamente su chi ha aggredito e non su chi si difende o su chi lo aiuta a difendersi. Se l’aggressione avesse successo, altre la seguirebbero, con altre guerre, dai confini imprevedibili». 

Ma guardando avanti, nel 2023 la realtà dovrà necessariamente cambiare, ha spronato il presidente. «Se questo è stato l’anno della guerra, dobbiamo concentrare gli sforzi affinché il 2023 sia l’anno della fine delle ostilità, del silenzio delle armi, del fermarsi di questa disumana scia di sangue, di morti, di sofferenze». Perché la pace, ha spiegato Mattarella, «è parte fondativa dell’identità europea e, fin dall’inizio del conflitto, l’Europa cerca spiragli per raggiungerla nella giustizia e nella libertà». Un riferimento, quello alla pace, che ha portato il capo dello Stato a rivolgere un pensiero anche a papa Francesco, e con lui al suo predecessore Joseph Ratzinger, spentosi la mattina del 31 dicembre a 95 anni.

Una storica prima volta per l’Italia

Sul fronte interno, Mattarella ha aperto il discorso rendendo omaggio alla premier Giorgia Meloni, sottolineando l’importanza storica per l’Italia dell’arrivo alla carica politica più alta di una donna. «È questa una novità di grande significato sociale e culturale, che era da tempo matura nel nostro Paese, oggi divenuta realtà». Guardando indietro alla precedente legislatura, conclusasi con le elezioni del 25 settembre, Mattarella ha evidenziato la particolarità dell’alternanza al governo di «pressoché tutte le forze politiche presenti in Parlamento, in diverse coalizioni parlamentari». Un’alternanza positiva, per Mattarella, poiché ha costretto tutti i partiti a «misurarsi con le difficoltà del governare». «Riconoscere la complessità, esercitare la responsabilità delle scelte, confrontarsi con i limiti imposti da una realtà sempre più caratterizzata da fenomeni globali. La concretezza della realtà ha così convocato ciascuno alla responsabilità. Sollecita tutti ad applicarsi all’urgenza di problemi che attendono risposte. La nostra democrazia si è dimostrata dunque, ancora una volta, una democrazia matura, compiuta, anche per questa esperienza, da tutti acquisita, di rappresentare e governare un grande Paese», ha rivendicato Mattarella.

Punto di riferimento

Una consapevolezza profonda che, ha detto il capo dello Stato, corrisponde al senso profondo della Costituzione, di cui il 1° gennaio 2023 ricorrono i 75 anni dalla firma. «Resta la nostra bussola, il suo rispetto il nostro primario dovere: anche il mio», ha detto Mattarella. Quindi l’invito a costruire un orizzonte di pace per l’anno nuovo, con la forza trascinante della libertà. Quella – ha ricordato il presidente – che testimoniano ogni giorno «le giovani dell’Iran, con il loro coraggio; le donne afghane che lottano per la loro libertà; quei ragazzi russi, che sfidano la repressione per dire il loro no alla guerra».

Le sfide del futuro e il monito ai giovani

Ai ragazzi, quelli italiani, è andato come spesso in passato nei suoi messaggi di fine anno più di un pensiero di Mattarella. Quando ha ricordato l’importanza della lotta contro il cambiamento climatico (“la sfida è progettare il domani con coraggio”), così come la sfida della trasformazione digitale. Con il passaggio dedicato all’importanza del futuro di scuola, università e ricerca, motori del domani. Ma anche con l’invito a cuore aperto ai giovani a non perdere tutto in un attimo per una distrazione di troppo al volante: «Quando guidate avete nelle vostre mani la vostra vita e quella degli altri. Non distruggetela per un momento di imprudenza. Non cancellate il vostro futuro».

L’economia e la coesione sociale

Alla fine dell’anno che ha segnato il risollevamento del Paese dalla crisi pandemica, Mattarella è tornato a mettere in luce il ruolo insostituibile svolto dal Servizio sanitario nazionale. «Occorre operare affinché quel presidio insostituibile di unità del Paese si rafforzi, ponendo sempre più al centro la persona e i suoi bisogni concreti, nel territorio in cui vive», ha spronato. Un obiettivo possibile grazie anche ai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), di cui Mattarella è tornato a sottolineare l’importanza. Un traguardo che non ha distolto il capo dello Stato dalla vicinanza ai tanti italiani in situazione di sofferenza sociale ed economica in questi giorni, anche a causa dell’ondata di inflazione. «So bene quanti italiani affrontano questi mesi con grandi preoccupazioni. L’inflazione, i costi dell’energia, le difficoltà di tante famiglie e imprese, l’aumento della povertà e del bisogno». Ancora troppe le diseguaglianze nel Paese – prima fra tutte quella tra Nord e Meridione. Per guarire le ingiustizie che da lì s’ingenerano, ha ribadito Mattarella, la bussola è e resta la Carta. «Ci guida ancora la Costituzione, laddove prescrive che la Repubblica deve rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che ledono i diritti delle persone, la loro piena realizzazione. Senza distinzioni». 

«La Repubblica è chi si paga le tasse»

Ispirate ad essa, e al citato articolo 3, le frasi forse più appassionate, e pungenti, del discorso. «La Repubblica – la nostra Patria – è costituita dalle donne e dagli uomini che si impegnano per le loro famiglie. La Repubblica è nel senso civico di chi paga le imposte perché questo serve a far funzionare l’Italia e quindi al bene comune. La Repubblica è nel sacrificio di chi, indossando una divisa, rischia per garantire la sicurezza di tutti. In Italia come in tante missioni internazionali. La Repubblica è nella fatica di chi lavora e nell’ansia di chi cerca il lavoro. Nell’impegno di chi studia. Nello spirito di solidarietà di chi si cura del prossimo. Nell’iniziativa di chi fa impresa e crea occupazione». E per il funzionamento della Repubblica, ha richiamato ancora Mattarella, tutti devono parteciparvi, ogni giorno. «La Repubblica vive della partecipazione di tutti. È questo il senso della libertà garantita dalla nostra democrazia. È anzitutto questa la ragione per cui abbiamo fiducia. Auguri!», ha concluso Mattarella.

Quello pronunciato da Mattarella è stato il suo ottavo messaggio alla nazione. Il discorso del 2021 avrebbe dovuto essere l’ultimo nelle vesti di capo dello Stato, alla vigilia della scadenza del suo settennato. Ma il poche settimane dopo, il 29 gennaio 2022, Mattarella fu rieletto per un secondo mandato dopo che per giorni il Parlamento si era arenato nel tentativo di individuare un nome capace di raccogliere sufficienti consensi. Mattarella è il secondo capo dello Stato a guidare la nazione per un secondo mandato: anche il suo predecessore, Giorgio Napolitano, era stato chiamato nel 2013 a proseguire l’incarico al Quirinale, lasciato poi anticipatamente dopo un biennio.

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Dai vaccini all’invasione russa in Ucraina, passando per le elezioni. I fact-check più letti del 2022

31 Dicembre 2022 - 19:15 Fact-checking Team
Quali sono state le notizie fuorvianti o totalmente false più consultate dai lettori di Open nel corso dell'anno

La sezione Fact-checking di Open raggiunge un totale di 2.164 fact-check pubblicati dal 2018 ad oggi, dei quali ben 725 solo nel 2022. È stato un anno impegnativo, dove oltre al carico di lavoro derivante dalla disinformazione sulla Covid-19 si è aggiunto quello sull’invasione russa in Ucraina e delle elezioni politiche dello scorso 25 settembre, portato avanti grazie al prezioso supporto dei colleghi di Pagella Politica attraverso la sezione Fatti Elettorali. Un altro tema protagonista di questo 2022 è stato senz’altro quello legato al cambiamento climatico, ma non sono mancate le false notizie legate ai singoli e più significativi eventi che hanno segnato l’anno appena trascorso, dalla morte della Regina Elisabetta fino alla scomparsa del Papa Emerito Benedetto XVI. Questo fine settimana, la speciale galleria con le sintesi dei nostri fact-check la dedichiamo a quelli più visitati e significativi dell’anno.

Hai dubbi su una notizia, una fotografia o sulle dichiarazioni di un politico? Inviaci la tua segnalazione:

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  2. inviando un messaggio Whatsapp al numero +393518091911
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Il cordoglio di Mattarella per la morte di Ratzinger: «Luminosa testimonianza di fede». Stasera il discorso di fine anno

31 Dicembre 2022 - 18:50 Redazione
Il messaggio inviato a Papa Francesco. Per il capo di Stato, Benedetto XVI «ha saputo imprimere slancio al dialogo tra fede e ragione»

«Il suo pontificato ha rappresentato per milioni di uomini e donne, credenti e non credenti, una luminosissima e feconda testimonianza dei principi evangelici». Sono le prime parole del messaggio di cordoglio inviato a Papa Francesco dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dopo la scomparsa di Papa Emerito Benedetto XVI, morto oggi, 31 dicembre 2022, all’età di 95 anni. «Teologo insigne, brillante accademico e uomo di finissima cultura, Joseph Ratzinger – si legge nella missiva – ha profondamente segnato per oltre mezzo secolo la vita della Chiesa, dedicandosi con passione, coerenza e dedizione alla riflessione su aspetti fondamentali del Cristianesimo e al suo rapporto con la modernità». Per il capo di Stato, Ratzinger ha saputo «imprimere uno slancio particolare al dialogo tra fede e ragione, tra aggiornamento e tradizione, ponendo sempre al centro della sua predicazione – e di tutto il suo magistero – i valori dell’umanesimo cristiano».

La sua scomparsa, secondo Mattarella, segna per tutta l’Italia «la perdita di un pastore che nel corso di una lunga vita Le ha (a Papa Francesco, ndr) testimoniato ripetutamente un profondo affetto, unito al sincero attaccamento per quell’immenso patrimonio di cultura intimamente legato alle radici e alle tradizioni cristiane del nostro Paese». E infine il messaggio di vicinanza: «In quest’ora, che è di preghiera per i credenti e di raccoglimento per tutti, l’Italia intera si stringe a Vostra Santità con sentita partecipazione e le rinnova, Padre Santo, le affettuose espressioni della più sincera vicinanza». Il messaggio inviato al Pontefice arriva a poche ore dal consueto discorso di fine anno del presidente Mattarella. Previsto alle ore 20.30, quello del capo di Stato sarà il suo ottavo messaggio alla nazione. 

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Smart working, dal 1° gennaio tornano in vigore le regole pre-pandemia. Come gestire il ritorno al regime ordinario

31 Dicembre 2022 - 18:20 Giampiero Falasca
Necessario per tutti (tranne per i fragili) l’accordo individuale. Ma sarebbero auspicabili linee guida comuni

Dal 1° gennaio lo smart working esce dall’emergenza e torna alle regole ordinarie vigenti prima della pandemia (la legge 81/2017). Da tale data, infatti, verrà meno la regola che, durante la pandemia, ha reso possibile attivare lo smart working con modalità estremamente semplificate (bastava una mail del datore di lavoro e si poteva avviare il lavoro agile). Con il ritorno ai paletti previsti dalla legge 81/2017, questa procedura non sarà più percorribile: un datore di lavoro che vorrà utilizzare il lavoro agile dovrà firmare, con ogni singolo dipendente interessato, un accordo individuale, che avrà dei contenuti minimi fissati dalla legge.

Gli elementi dell’accordo individuale

L’accordo per attivare lo smart working dovrà fissare la durata del collocamento in modalità agile: potrà avere un termine predefinito, oppure essere concesso a tempo indeterminato, con la possibilità di recedere a determinate condizioni. L’intesa individuale dovrà regolare anche le forme di gestione del lavoro agile, definendo con quale modalità si potrà decidere il lavoro fuori dalla sede, con quale frequenza, e con quali controlli. La legge lascia alle parti dell’accordo ampia scelta su come definire questi aspetti: le parti potrebbero, quindi, concordare procedure estremamente semplificate (es. prevedendo che chi vuole lavorare in smart working lo comunica con una semplice email) oppure stabilire regole e procedure rigide di controllo. L’accordo potrebbe anche fissare un soglia minima di giornate da svolgere in presenza, oppure lasciare la scelta ad accordi presi di volta in volta tra il dipendente e il suo superiore. Un aspetto molto rilevante dell’accordo individuale sarà anche la disciplina del c.d. diritto alla disconnessione: le parti dovranno decidere le regole per consentire al lavoratore, nei periodi di lavoro agile, di non. essere connesso agli strumenti digitali di comunicazione con l’azienda. A questo tema si collega quello degli strumenti informativi: l’accordo tra le parti dovrà stabilire viene messo a disposizione dall’azienda e cosa, invece, deve essere fornito dal lavoratore, fissando anche la regola per la ripartizione delle spese connesse.

Come gestire il ritorno agli accordi

La necessità di stipulare accordi individuali potrebbe creare diversi problemi organizzativi alle imprese, soprattuto a quelle con un numero importante di lavoratori, ormai assuefatte a una procedura molto più semplice. Per ovviare alla grande complessità che richiederà questa fase, ed evitare l’avvio di decine o centinaia di negoziati individuali, sarebbe utile definire linee guida comuni per tutti il personale (magari anche con il supporto di un accordo sindacale, che non è richiesto dalla legge ma sempre auspicabile) da riprodurre nelle intese singole. 

I genitori di under 14

La categoria maggiormente colpita dal ritorno alle regole ordinarie è quella dei genitori con figli di età fino ai 14 anni, che fino alla fine del 2022 hanno beneficiato sia del regime semplificato previsto per tutti, sia della norma che assegnava il diritto a svolgere il lavoro agile, a condizione che fosse compatibile con l’organizzazione aziendale. Questi lavoratori speravano che la legge di bilancio contenesse l’ennesima proroga per loro, ma tale speranza è rimasta inascoltata, con la conseguenza che viene meno sia il regime semplificato – e quindi servirà un accordo individuale, come per gli altri lavoratori – sia il diritto allo svolgimento del lavoro agile, con la conseguenza che il datore di lavoro potrà rifiutarsi di concederlo. L’unica notizia positiva per questi lavoratori viene dalle regole contenute nel d.lgs. 105/2022, il provvedimento sulle misure di conciliazione tra vita e lavoro. Tale decreto lascia in capo al datore la scelta se concedere oppure no il lavoro agile, ma fissa un criterio di priorità: ove venga riconosciuta tale facoltà ai dipendenti, è obbligatorio dare priorità alle richieste  di smart working  avanzate da parte di lavoratori con figli fino a dodici anni, o  disabili, lavoratori disabili o che si prendono cura di altri familiari che hanno bisogno di assistenza.

L’eccezione dei lavoratori fragili

L’unica categoria per cui nel 2023 resta in vita un diritto soggettivo al lavoro agile, seppure limitatamente al 31 marzo, è quella dei c.d. lavoratori fragili. Si tratta di quei lavoratori affetti da gravi forme di disabilità, i pazienti oncologici e gli immunodepressi, secondo le condizioni individuate da un apposito decreto del Ministro della salute (DM 4 febbraio 2022); per queste persone, il datore di lavoro deve consentire lo smart working. anche assegnando mansioni diverse, senza alcuna decurtazione della retribuzione. Non potrà, quindi, essere eccepita l’impossibilità di svolgere l’attività in smart working, dovendo il datore attivarsi per trovare una soluzione alternativa.

Dal tempo agli obiettivi

Le regole appena descritte servono ad attivare il lavoro agile con forme giuridicamente e formalmente corrette: un aspetto necessario per evitare rischi e sanzioni, ma non sufficiente a far decollare il “nuovo smart working”. Per sfruttare appieno le potenzialità di questa forma di flessibilità organizzativa i datori di lavoro dovranno adottare misure organizzative capaci di valorizzare il lavoro agile; il periodo di emergenza ha, infatti, ha abituato tutti noi a gestire lo smart working come “lavoro casalingo”. Sono state spostate tra le mura domestiche le costrizioni e i vincoli del lavoro ordinario, a volte con dei carichi familiari aggiuntivi, senza una reale pianificazione, con il risultato di generare, in molti casi, delle vere e proprie sbornie digitali. Collegamenti telematici senza interruzione, orari saltata, scomparsa dei confini con la vita domestica, aumento del controllo a distanza: tutti fenomeni lontani dalle potenzialità del lavoro agile, che aiuta i lavoratori e le imprese a migliorarsi solo se si basa su obiettivi, fiducia, alternanza e agilità.  

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31 Dicembre 2022 - 18:00 Redazione
Almeno 10 esplosioni si sono udite nella zona della Capitale. Mosca, nel frattempo, sostiene che la vittoria della Russia sull'Ucraina sarà «inevitabile»

«L’Ucraina non perdonerà». Lo ha ribadito il leader di Kiev, Volodymyr Zelensky, dopo i nuovi raid russi che hanno colpito la capitale ucraina, Kiev, nell’ultimo giorno dell’anno. Dopo la conferma degli attacchi da parte delle forze russe, le autorità locali hanno invitato i residenti a mettersi al riparto: «Si sono udite esplosioni a Kiev! Rimanete al sicuro!», ha scritto il sindaco della città Vitali Klitschko su Telegram, secondo il quale ci sarebbe almeno una vittima e diversi feriti dopo una serie di attacchi nelle ultime ore. Nel frattempo, il capo di Stato maggiore ucraino, Valery Zaloujny, ha riferito sui social che sono «20 i missili lanciati sull’Ucraina dalle forze russe, 12 dei quali abbattuti dalle difesa aerea ucraina». Per il leader di Kiev, questo attacco – come ogni altro, condotto dall’esercito russo, non «verrà perdonato».

«Tutti coloro – afferma Zelensky – che ordinano gli attacchi, e coloro che li eseguono, non riceveranno perdono», ha detto denunciando «razzi contro il popolo». Poi rivolto ai soldati di Mosca, il leader ucraino ha lanciato un avvertimento: «Il vostro leader vuole dimostrare di avere l’esercito dietro di sé e di essere in vantaggio. Ma si sta solo nascondendo. Si nasconde dietro i militari, dietro i missili, dietro le mura delle sue residenze e dei suoi palazzi. Si nasconde dietro di te e brucia il tuo Paese e il tuo futuro», conclude. Intanto, a Solomyan, nel sud-ovest della città, almeno tre donne sono state trasportate in ospedale. Un hotel e un’abitazione sono stati colpiti da missili, secondo il vice capo del presidente ucraino, Kyrylo Tymoshenko. Nella prima raffica di attacchi sarebbero state udite dieci esplosioni.

Il bilancio del ministro russo Shoigu

Mosca, nel frattempo, sostiene che la vittoria della Russia sull’Ucraina sarà «inevitabile». Lo ha dichiarato oggi, 31 dicembre, il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, in un videomessaggio di fine anno in cui ha lodato l’eroismo dei soldati russi al fronte. Secondo quanto riporta il Guardian, il capo della difesa di Mosca – che è stato pesantemente criticato per i fallimenti sul campo di battaglia negli ultimi 10 mesi – ha riconosciuto che la situazione in prima linea rimane «difficile». Il ministro ha inoltre criticato l’Ucraina e l’Occidente per aver cercato di contenere la Russia. Nel momento in cui ci avviciniamo al nuovo anno, ha affermato, «c’è chi sta cercando di cancellare la nostra gloriosa storia e le nostre grandi conquiste, di demolire i monumenti ai vincitori del fascismo, di mettere i criminali di guerra su un piedistallo, di cancellare e dissacrare tutto ciò che è russo». Ciononostante, ha concluso, la «vittoria, come il nuovo anno, è inevitabile».

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Il Te Deum di Papa Francesco: «Grati a Benedetto XVI. Il 2023 sia l’anno della gentilezza»

31 Dicembre 2022 - 17:55 Redazione
Il Pontefice nelle celebrazioni dell'ultimo dell'anno: «Sentiamo nel cuore tanta gratitudine: a Dio per avercelo donato, a lui per tutto il bene che ha compiuto»

«Il pensiero va spontaneamente al carissimo Papa emerito Benedetto XVI, che questa mattina ci ha lasciato». Così Papa Francesco durante il Te Deum nella Basilica di San Pietro in Vaticano ha voluto ricordare Joseph Ratzinger, Papa emerito da quasi dieci anni, spentosi oggi – 31 dicembre – all’età di 95 anni. «Con commozione – continua il Pontefice – ricordiamo la sua persona così nobile, così gentile. E sentiamo nel cuore tanta gratitudine: gratitudine a Dio per averlo donato alla Chiesa e al mondo». Ma anche «gratitudine a lui per tutto il bene che ha compiuto, e soprattutto per la sua testimonianza di fede e di preghiera, specialmente in questi ultimi anni di vita ritirata», ha spiegato il Papa durante la liturgia a San Pietro. I Vespri e il Te Deum di fine anno sono tradizionalmente la cerimonia in cui il Papa e la Chiesa esprimono il ringraziamento per l’anno appena trascorso. Poi l’augurio di Francesco per questo nuovo anno che si appresta a iniziare: quello di «far crescere la virtù della gentilezza». «L’esperienza – spiega il Papa – insegna che essa, se diventa uno stile di vita, può creare una convivenza sana, può umanizzare i rapporti sociali sciogliendo l’aggressività e l’indifferenza».

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«Abusata, manipolata, poi costretta ad abortire». Il cantante degli Aerosmith denunciato per presunte violenze commesse negli anni ’70

31 Dicembre 2022 - 17:29 Redazione
Steven Tyler avrebbe a lungo fatto violenza a Julia Misley, 16enne all'epoca dei fatti. Che ora in virtu' di una nuova legge lo cita in giudizio in California

Una donna ha fatto causa al frontman degli Aerosmith Steven Tyler, accusandolo di averla molestata e violentata sessualmente negli anni ’70, quando la donna, ora sessantacinquenne, aveva 16 anni. Julia Holcomb Misley aveva più volte parlato dei presunti abusi di Tyler, ma ora, grazie a una modifica della legge californiana – riporta il Guardian – le è possibile citarlo in giudizio al tribunale di Los Angeles. «Dato che so di non essere l’unica ad aver subito abusi nell’ambito dell’industria musicale, penso che sia arrivato il momento di far sentire la mia voce», ha dichiarato la Misley. La donna ha aggiunto che il suo obiettivo è «rendere l’industria musicale più sicura, esporre i predatori sessuali di quell’ambiente e soprattutto portare alla luce quelle forze che hanno consentito e creato una cultura nell’ambito della quale tutto sembra permesso». Nella denuncia della donna, Tyler non viene citato esplicitamente, ma tramite alcuni passaggi della sua autobiografia del 2011, nella quale il cantante descriveva la sua relazione sessuale con una sedicenne conosciuta dopo un concerto nel 1973. Tra gli stralci menzionati anche quello in cui Tyler spiega di aver chiesto la custodia legale della ragazza ai suoi genitori «in modo da non essere arrestato se la dovessi portare in un altro Stato».

L’incontro

Nella denuncia si legge che il frontman degli Aerosmith e la ragazza si incontrarono dopo un concerto a Portland, nel 1973, quando lei aveva appena compiuto 16 anni. Tyler portò la ragazza in un hotel e lì «compì diversi reati a sfondo sessuale» prima di prenotarle un taxi che la riaccompagnasse a casa. In seguito – continua la denuncia – Tyler l’avrebbe invitata a un altro concerto, pagandole anche i biglietti aerei per viaggiare separata da lui, dato che la rock star all’epoca era già maggiorenne e sarebbe tato illegale. «Lo stesso schema di condizionamento, manipolazione e abusi sarebbe andato avanti per tre anni in diversi Stati degli Usa».

Mi ha costretta ad abortire

Nel 1975 Misley rimase incinta, ma Tyler, che sarebbe dovuto essere padre e tutore legale del bambino le avrebbe detto di non aspettarsi da lui nessun impegno genitoriale dato che sarebbe «finito nei guai con i dottori». Mentre era incinta, Misley rimase intrappolata in un edificio in fiamme ed ebbe problemi di salute a causa dell’inalazione dei fumi. In seguito all’evento, Tyler l’avrebbe costretta ad abortire, continua la denuncia, causandole traumi durati anni.

La descrizione nel libro

La donna è oggi un’attivista che si batte contro l’aborto. Nella sua autobiografia, Tyler la descrive così. «La mia brutta personalità aveva 26 anni, mentre lei aveva appena l’età per guidare ed era una favola. Mi innamorai pazzamente di lei». Il passaggio viene contestato da Misley, che non accetta di essere descritta in maniera così esplicita nel libro.

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Re Carlo nomina i nuovi «Sir». C’è anche il chitarrista dei Queen Brian May

31 Dicembre 2022 - 16:53 Redazione
Il musicista 75enne è stato premiato per i servizi resi alla musica e per l'impegno nella beneficenza

C’è un nuovo sir nel Regno Unito. Si tratta del chitarrista dei Queen Brian May, che all’età di 75 anni è stato insignito del prestigioso titolo di Knight Bachelor da Re Carlo III, che per la prima volta ha firmato la lista dei cittadini del Regno premiati. A May, in particolare, il titolo onorifico «per i suoi servigi resi alla musica e per i servizi di beneficenza». «Mi viene da ridere ogni volta che qualcuno pronuncia la parola “sir”», ha commentato con la sua classica ironia il chitarrista. «Non so se dovrei essere “Sir Brian” o “Sir Bri” anche se credo che, ufficialmente, dovrei essere chiamato Sir Brian Harold May». Il musicista ha reso noto che da cavaliere si impegnerà a «fare le cose che ci si aspetta da una persona con questo titolo: lottare per la giustizia, per le persone che non hanno voce». Assieme a May, Re Carlo ha premiato altre 1.106 persone, tra cui 546 donne, che sono state insignite di vari titoli britannici.

Gli impegni animalisti di Brian May

Meno note della sua folta zazzera di capelli ricci, una volta castani ma oggi completamente bianchi, sono le opere benefiche di May. Con la sua associazione Save me trust, il chitarrista si spende da anni per una campagna contro l’abbattimento dei tassi, che sono considerati i responsabili della tubercolosi bovina. In maniera simile, si è sempre schierato contro la caccia alla volpe. «Ho sempre ritenuto errata l’idea di chi pensa che gli esseri umani siano la specie più importante di questo pianeta. Sono convinto che, se ci vedesse un alieno, non la penserebbe in questo modo. Sono invece certo che ogni specie e ogni essere vivente abbiano il diritto di avere una vita e una morte degni di questo nome», ha dichiarato in passato spiegando la sua posizione.

I concerti ai giubilei della regina

May ha suonato lo scorso giugno in occasione del giubileo di platino della defunta regina Elisabetta II, che festeggiava il 70esimo anniversario del suo regno. Lo aveva già fatto vent’anni prima, sul tetto di Buckingham Palace quando la sua chitarra aveva intonato God Save the Queen. «Questo titolo sarebbe stato un grande onore per mio padre – ha detto May ringraziando per il premio – che non è più qui tra noi. Ma penso che sarebbero stati entusiasti entrambi i miei genitori», ha aggiunto.

Gli altri premiati

Tra gli individui premiati dal Re anche Mary Quant, novantaduenne inventrice della minigonna, l’attore Stephen Graham e Catherine Belton, denunciata da numerosi oligarchi russi per il suo libro sull’entourage del presidente russo Vladimir Putin, che è premiata per i suoi servizi resi al giornalismo. I premi vengono conferiti due volte all’anno, una per il Capodanno e una per il compleanno del monarca, celebrato a giugno a prescindere dalla reale data di nascita.

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31 Dicembre 2022 - 16:32 Redazione
Via le restrizioni, a Auckland e Sydney si è già brindato all'anno nuovo

Mentre la maggior parte degli italiani si prepara per il cenone dell’ultimo dell’anno, e poi al brindisi per dare il benvenuto all’anno nuovo, c’è chi dall’altra parte del mondo ha già visto arrivare il 2023. É il caso dei neozelandesi, che hanno acceso i fuochi d’artificio quando in Italia era mezzogiorno. Come si vede nel video, gli abitanti di Auckland, la capitale, hanno festeggiato con il classico spettacolo pirotecnico della Sky Tower, alta ben 328 metri. Non solo la Nuova Zelanda, anche buona parte dell’Australia sta già festeggiando, con la città più grande – Sydney – illuminata dai tradizionali e maestosi fuochi d’artificio nella baia cittadina, nel primo Capodanno senza restrizioni dall’inizio della pandemia.

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