Accusato di tentato omicidio e con un codice rosso pendente: chi è Davide Paitoni e perché ha potuto passare il Capodanno con il figlio
«So che non sarò perdonato, ma l’ho fatto per vendicarmi di quella donna che mi ha tradito». È tutto qui il possesso, il senso estremo del femminicidio, questa volta per procura, ammazzando non già la moglie che ti sta lasciando (o meglio provandoci in un secondo momento e non riuscendoci) ma spezzando la vita di suo figlio – che poi sarebbe anche il tuo, di figlio, ma il possesso è più forte dell’istinto. In quel bigliettino lasciato sul corpo di un bambino, sette anni, ammazzato dal padre per vendicarsi della madre “rea” di averlo lasciato. Ed è l’ennesimo caso del genere: il Corriere della Sera intervista Antonella Penati, mamma di Federico, che aveva nove anni quando nel 2009 è stato massacrato dal padre a coltellate nel corso di un incontro protetto nella Asl di San Donato Milanese. Il 16 novembre scorso Mirko Tomkow ha ammazzato il figlio, il piccolo Matias di 10 anni, con una coltellata alla gola. Due giorni dopo Nabil Dhahri ha ammazzato la moglie, Elisa Mulas, e i figli di 2 e 5 anni prima di suicidarsi. Il 27 giugno 2020 Mario Bressi soffoca nel sonno i figli gemelli di 12 anni, Elena e Diego, e poi si toglie la vita. E la ragione di tutto questo orrore non può essere ridotta all’alibi della cocaina come pure si legge da più parti e sotto il cui effetto Davide Paitoni era – trovata in tasca e nella sua macchina, in barba ai domiciliari. Lo spiega Antonella Penati. «So bene come si può sentire la mamma di quel bambino. Lui non è riuscito ad ammazzarla ma è peggio, mi creda. Morire è più facile, come sa ogni cellula del mio corpo».
Gli incontri col figlio
La morte di Daniele doveva – e la sensazione terribile, scavando in questa storia, è che poteva – essere evitata. L’indole violenta del padre era più che nota alla giustizia. Eppure Paitoni aveva ottenuto di trascorrere il Capodanno col figlio, scrive ancora il Corriere, in virtù di un accordo tra il suo legale e quello della moglie, ormai ex anche se l’iter di separazione non era ancora concluso. E questo nonostante l’uomo fosse ai domiciliari con l’accusa di aver accoltellato un collega a fine novembre. Non solo: nei confronti di Davide Paitoni c’era anche una denuncia per maltrattamenti alla moglie del 2019, secondo gli inquirenti non presentata dalla donna ma scattata in base ad alcune segnalazioni. Matteo Bianchi, parlamentare della Lega ed ex sindaco di Morazzone, nel varesotto, attacca: «Mi pare evidente che diverse cose non hanno funzionato, in primis la custodia cautelare ma anche il rapporto sulla tutela del minore». L’accordo tra i genitori prevedeva che il bambino fosse affidato alla madre ma che potesse stare con il padre a weekend alternati. I giudici non hanno ritenuto che l’accusa di tentato omicidio nei confronti di Paitone avesse alcun effetto sul regime di frequentazione con il piccolo Daniele, trovato ieri con la gola tagliata e del nastro sulla bocca nell’armadio di casa del nonno, lì dove Paitoni si trovava a trascorrere i domiciliari.
Nei confronti del 40enne era scattata una procedura di Codice Rosso. La Legge 19 luglio 2019, n. 69, recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere» chiamata appunto «Codice Rosso», è in vigore da agosto di due anni fa. Ha introdotto modifiche procedurali di velocizzazione nell’avvio del procedimento penale per alcuni reati come stalking, violenza sessuale e maltrattamenti in famiglia e rafforza il ricorso alle misure cautelari. All’alba del 2022, a due anni dall’avvio di quella procedura per Paitoni, cosa non ha funzionato?
I domiciliari
E perché un uomo accusato di tentato omicidio nei confronti di un collega poteva stare con il figlio? «Non è automatico che a un uomo ai domiciliari venga impedito di vedere il figlio, a meno che non sia scritto nell’ordinanza che applica la misura», dice in un’intervista alla Stampa Ciro Cascone, a capo della procura presso il Tribunale per i minorenni di Milano. Non si è occupato direttamente del caso, aggiunge, ma racconta quella che sarebbe la prassi. Sotto accusa, alla luce dei fatti di queste ore, anche la legge che in generale, in caso di separazione dei genitori, dispone l’affidamento condiviso. «Ci si separa dal coniuge, non dai figli», dice Cascone. «Significa che il bambino deve stare prevalentemente a casa della madre. O comunque, anche quando l’affidamento è esclusivo, la frequentazione limitata del padre viene considerata un momento di crescita per il bambino, che può così mantenere il legame col genitore», aggiunge. Nella prassi dei tribunali, i figli e le figlie vengono in generale materialmente collocati a vivere a casa della madre, dato il ruolo che viene considerato centrale. E tema di dibattito, perché in condizioni “normali” questa presunta maggiore «attitudine» materna resta di forte matrice culturale e sociale.
Nel caso di Paitoni, comunque, è pressoché impossibile parlare di condizioni nella norma, con un codice rosso pendente e un’accusa per omicidio. E però, dice Cascone, «se nulla prevede il provvedimento che dispone la misura, il giudice civile può intervenire su richiesta della madre, non per il semplice fatto che il papà è ai domiciliari, ma perché ha dato prova di pericolosità. Cioè solo se gli vengono rappresentati motivi chiari che possano nuocere al bambino». Resta la domanda, valsa la vita di un bambino e anche quella della madre ancora in vita, di quali altri motivi chiari fossero necessari fino a poco più di 24 ore fa.
In copertina ANSA/Faceook | Davide Paitone, il 40 enne che ha ucciso con una coltellata alla gola il figlio di sette anni, Daniele, nella sua abitazione di Morazzone (Varese), in una foto tratta da Facebook.