Cosa succede con i calciatori No vax in Serie A: perché sarà difficile obbligarli e cosa rischiano le società
I 52 casi di positivi al Coronavirus in Serie A mettono a rischio le partite del 2022. Ma il campionato di calcio ha un problema che alla lunga potrebbe diventare molto più grosso. Ovvero quello dei calciatori No vax. Impossibile conoscerne il numero preciso per ragioni di privacy, anche se qualcuno nel frattempo ha deciso di uscire allo scoperto da solo. Ma da quando il governo Draghi ha precisato che il Super Green pass è obbligatorio anche in Serie A a partire dal 10 gennaio il problema è sul tavolo delle società. E degli avvocati. Perché ci sono molti dubbi legali sull’attuabilità del provvedimento. E perché il nuovo decreto in arrivo che porterà l’obbligo di Green pass sul lavoro potrebbe cambiare ancora le prospettive. La Gazzetta dello Sport segnala oggi che il problema non riguarda soltanto spogliatoi e palestre, visto che la versione finale del decreto vieta di fatto anche la presenza in partita. Nel testo, spiega il quotidiano, si parla di «piscine, centri natatori, sport di squadra e di contatto, centri benessere per le attività all’aperto». In teoria quando si parla di sport di squadra non c’è nessuna limitazione alle attività al chiuso. Nella pratica se i giocatori non possono presenziare nei luoghi di allenamento pare difficile che possano giocare una partita. La Lega fa notare che ci sono giocatori che si sono immunizzati con vaccini come Sputnik V che dovrebbero essere considerati validi anche per loro. Per quanto riguarda le competizioni Uefa per ora il problema dei calciatori No vax non si pone.
Tutt’altra ipotesi è quella dell’obbligo vaccinale. L’ha ventilata il presidente della Federcalcio Gravina ma sembra di difficile attuazione dal punto di vista giuridico. E qui si apre anche un altro punto. Che riguarda le condizioni contrattuali dei calciatori. Le società, infatti, non sembrano poter obbligare il giocatore a vaccinarsi. Ma il governo può impedire l’utilizzo dei calciatori che non siano vaccinati in campo durante le competizioni che si svolgono in Italia. Quindi le società si troverebbero nella condizione di dover pagare lo stipendio a un calciatore che non possono utilizzare. In Germania alcune squadre hanno tagliato gli emolumenti. Ma lo hanno fatto soltanto ai giocatori che sono risultati contagiati e non erano vaccinati. Se il calciatore non si ammala, pare difficile seguire questa strada. Così come pare difficile che l’obbligo possa valere visto che quando il contratto è stato stipulato non era in vigore. La soluzione a questo punto potrebbe essere la più drastica: vendere il cartellino sul mercato, approfittando della finestra di gennaio. Ma perché un’altra società dovrebbe acquistare il cartellino di un giocatore che non vuole vaccinarsi in piena pandemia?
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