La disavventura di quattro giovani positivi in crociera: «Siamo “imprigionati” su una nave a Dubai» – L’intervista
«Siamo quattro giovani italiani “imprigionati” a Dubai, messi da Msc in una nave quarantena in condizioni da carcerati». A scriverci sono Valentina Fogliano, Simon Guidi, Giulia Tiezzi e Federico Lupattelli. Quattro giovani, tra i 31 e i 34 anni, tutti originari di Terni che avevano deciso di trascorrere il Natale e il Capodanno in crociera. E, invece, quella vacanza si è trasformata in un incubo. La paura di prendere il Covid ce l’avevano eccome, fin dall’inizio, ma mai potevano immaginare di affrontare un’esperienza come quella che stanno vivendo in queste ore. Prima di partire si erano sottoposti al tampone molecolare anti-Covid: tutti negativi. Poi, in nave, iniziano a saltar fuori i primi due positivi del gruppo, poi il terzo. L’unico che ancora oggi resta negativo, anche se «non fa un tampone da tre giorni», è Simon Guidi. Appresa la positività al tampone di tre di loro, la Msc Virtuosa li trasferisce immediatamente, il 31 sera, su una nave quarantena per malati Covid a Dubai, la Queen Elizabeth II. In quel momento comincia il più brutto Capodanno della loro vita: «Prima volevano separarci, una cabina a persona, e ci siamo rifiutati. Poi, una volta fatto il check-in, siamo finiti in stanze in condizioni inaccettabili, con le blatte che ci danno ancora oggi il buongiorno, gli oblò chiusi (Federico è claustrofobico, ndr) e persino gli escrementi che uscivano dallo scarico in bagno. Senza considerare i pasti portati all’una di notte, l’immondizia abbandonata fuori dalle stanze per ore, i positivi mischiati con negativi e, per ultimo, la concessione di mezz’ora d’aria al giorno».
«Positivi mischiati con negativi sulla stessa nave»
Pensare che i quattro volevano divertirsi un po’, per lasciarsi alle spalle questo anno difficile: «Avevamo anche la polizza assicurativa che avrebbe dovuto coprirci ogni imprevisto. Partire per noi sarebbe stato meno rischioso che restare a casa, visto che eravamo certi di essere tra negativi». Non ultima, c’era la volontà di trascorrere un Capodanno diverso: «Alla fine siamo rimasti in camera, sporchi perché senza valigie per tutta la giornata, sudati perché prendevamo il paracetamolo per farci passare la febbre (unico sintomo insieme al mal di gola ndr). Il 31 dicembre abbiamo mangiato all’una di notte mentre vedevamo da lontano gli altri festeggiare perché, strano ma vero, sulla stessa nave c’è anche un’area adibita a ristorante dove in molti quella sera sono arrivati per il veglione di San Silvestro».
«Quando rientreremo in Italia?»
E qui arriva il bello: «Ci è capitato di stare in ascensore anche con negativi. Se vogliamo usciamo anche dalla nave, ad esempio per prendere le sigarette, lo facciamo tranquillamente. Anche al check-in eravamo ammassati, positivi e negativi. Nessuno controlla. Io – racconta Federico Lupattelli – scendo, esploro la nave, nessuno dice nulla». E i pasti come vengono organizzati? Risponde Giulia Tiezzi: «Sempre lo stesso menù con cibo da fast food: dagli hamburger alle patatine fritte passando per il pesce fritto. Insomma, niente di sano». A questo si aggiunga che «molti non ci comprendono, parlano male l’inglese e solo con l’intervento del consolato abbiamo iniziato a capirci meglio». Un miglioramento solo lieve della situazione: «Non sappiamo quando faremo il prossimo tampone, quando rientreremo in Italia e soprattutto non abbiamo ancora capito se dovremo pagare noi, di tasca nostra, il pernottamento su questa nave quarantena». Intanto le giornate dei quattro ragazzi passano «facendo avanti e indietro sul ponte, con tanti altri positivi». Vale anche per Simon Guidi, l’unico negativo che va comunque in giro con chi è già infettato. Tutti insieme. «sembra di stare in carcere all’interno di una nave fantasma», ironizzano. Federico è persino andato dal parrucchiere sulla nave quarantena dove ad attenderlo c’era una donna «con la mascherina abbassata».
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