Il ritorno di Conte in Rai. L’ex premier a Report per difendersi sul caso Di Donna
Dopo un veto in vigore dallo scorso novembre per tutti i Cinque Stelle, Giuseppe Conte ha deciso di sospendere le ostilità e tornare in Rai. La sera del 10 gennaio il presidente del M5s è comparso a Report, trasmissione in onda su Rai 3. Un’apparizione non certo disinteressata, visto che uno dei servizi trasmessi all’interno del programma di inchiesta riguardava proprio l’ex premier. Al centro del servizio il ruolo dell’avvocato Luca Di Donna in una serie di operazioni per l’acquisto di mascherine da destinare alla Protezione civile. Di Donna è stato collega di Conte prima che entrasse in politica e, secondo le accuse, avrebbe sfruttato la vicinanza con l’allora presidente del Consiglio per inserirsi in diversi affari. Episodi per cui Di Donna nell’ottobre del 2021 è risultato indagato per associazione a delinquere e traffico di influenze.
Conte ha spiegato alla trasmissione che non ha avuto alcun ruolo negli affari in cui sarebbe coinvolto Di Donna: «Certo che c’era confidenza ma non so nulla della sua attività professionale da quando sono diventato presidente del Consiglio. Non l’ho ricevuto a Chigi e non ero informato sulla sue attività». All’ex premier è stato chiesto di rispondere anche su altri casi riguardanti gli acquisti fatti dallo Stato durante la pandemia, come gli 800 milioni di mascherine che sempre nell’ottobre del 2021 sono state sequestrate perché non conformi agli standard richiesti: «In quel momento, in quel contesto, un presidente del Consiglio deve occuparsi del sistema Paese. Non ero in condizione di seguire le singole partite, i singoli acquisti, le singole forniture».
E ancora, l’ex premier ha risposto anche sui costi delle mascherine. Prezzi a volte gonfiati rispetto al reale valore di mercato: «Ogni tanto veniva fuori una segnalazione che qualche fornitura veniva pagata eccessivamente però tenga conto che abbiamo attraversato momenti complicati. Quando da noi è scoppiata, il primo Paese in Occidente, non disponevamo di forniture di mascherine. Ci fu una competizione internazionale: alcuni Stati avevano la pronta liquidità per pagarli in contanti. È la ragione per cui chiesi ai direttori delle agenzie di intelligence di dislocare del persona stabile anche nella Protezione civile per scongiurare il rischio di truffe».
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