Terapie intensive, la proposta: «Se mancano i posti letto non curiamo più i No vax»
Il dottor Mario Riccio è il rianimatore che nel 2006 accompagnò Piergiorgio Welby verso la fine. Ha incontrato la pandemia di Coronavirus nell’ospedale di Casalmaggiore a Cremona, dove dirige il reparto di terapia intensiva. E oggi propone in un’intervista a Repubblica di cambiare il codice etico dei ricoveri: «La regola è dare la precedenza a chi ha più probabilità di farcela. Ma oggi questo criterio assume risvolti paradossali». E questo perché «oggi di Covid muore solo chi vuole morire. Molti dei pazienti che curiamo sono giovani, hanno passato il primo anno di pandemia a negare il Covid e il secondo a rifiutare i vaccini. Accanto a loro c’è una parte di vaccinati con un’età molto avanzata e fattori di rischio importanti. Dare la precedenza a chi ha più chance di farcela vuol dire mettere i No Vax davanti ai vaccinati».
Per Riccio la scelta non sarebbe contraria al codice etico: «Da una parte c’è una persona che rispetta le regole, dall’altra una che, dopo un anno, ha dimostrato di essere resistente a ogni esortazione. Chi arriva in terapia intensiva oggi è molto spesso perché lo ha voluto, non vaccinandosi. Tutte le liste di attesa poi, dalla chirurgia ai trapianti d’organo, seguono priorità precise. Difficilmente un polmone andrà a un grosso fumatore o un fegato a un etilista. Servirebbero criteri anche per il Covid. Provo sincero dispiacere per Mauro di Mantova, il radioascoltatore morto dopo aver rifiutato di vaccinarsi e di ammettere l’esistenza del Covid. Ma se ha scelto di immolarsi per la sua idea, probabilmente ha anche impedito di operarsi a un’altra persona che ne aveva l’urgenza».
Riccio fa sapere che «anche noi medici siamo stanchi, non abbiamo voglia di usare il paternalismo e insistere come con i bambini. I vaccini sono come il casco e la cintura di sicurezza. Non annullano i morti per incidente, ma ne abbattono i numeri. Una laurea in filosofia basta per capirlo. Se una persona ha fatto scelte di altro tipo, dovremmo cercare di aiutare di più chi invece vorrebbe vivere. Di Covid ormai, a parte le persone molto fragili, muore chi decide di farlo. Il signor Mauro oggi sarebbe vivo, se solo lo avesse voluto».
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