Omicron, il nuovo studio sui rischi della variante: «Rischio ricovero e morte più basso del 91% di Delta»
La variante Omicron provoca meno rischi di ricovero e morte rispetto alla mutazione Delta. Ce lo hanno detto nelle ultime settimane diversi studi preliminari e oggi a confermarlo è la ricerca dell’University of California di Berkeley, pubblicata in pre-print su medRxiv. «Omicron comporta un minor rischio di ricovero, di necessità di ricorso alla terapia intensiva e di morte rispetto alla variante Delta», spiega il team di scienziati che ha portato avanti uno studio differente da tutti gli altri finora sviluppati su Omicron. La ricerca si distingue da molti studi effettuati fino a oggi sull’aggressività della variante Omicron: a differenza di tutte le altre analisi che avevano confrontato l’andamento dell’infezione da Omicron con quanto avvenuto nelle odiate precedenti, lo studio americano mette a confronto due gruppi di pazienti americani ammalatisi a dicembre con Omicron o con Delta.
Il team di ricercatori ha raccolto i dati di 52.297 persone infettate con la variante Omicron e 16.982 con Delta. L’analisi ha registrato il ricovero di 235 pazienti con variante Omicron (0,5%) e 222 (1,3%) con variante Delta. «Hanno avuto bisogno della terapia intensiva 7 pazienti che avevano contratto Omicron contro i 23 infettati da Delta», spiegano gli esterni, «nessuno con Omicron ha avuto bisogno della ventilazione meccanica contro 11 ammalatisi con Delta». Sul fronte dei decessi lo studio in pre-print ha registrato 1 morto nei pazienti Omicron e 14 in quelli Delta. «Infine la durata del ricovero è risultata 3,4 giorni più breve con Omicron», si legge ancora nel testo.
La conclusione del team dell’University of California è che «le infezioni con variante Omicron sono state associate a riduzioni del 52%, 53%, 74% e 91% del rischio di qualsiasi successivo ricovero: ricovero con malattia sintomatica, ricovero in terapia intensiva e morte, rispetto alle infezioni della variante Delta». E aggiungono: «Le riduzioni della gravità della malattia associate alle infezioni da variante Omicron erano evidenti sia tra i pazienti vaccinati che in quelli non vaccinati e tra quelli con o senza una precedente infezione da SARS-CoV-2 documentata». Lo studio finanziato dai Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie dovrà ora essere analizzato e approvato dalla comunità scientifica per poi essere ufficialmente pubblicato in una delle riviste di settore accreditate.
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