Scegliere chi curare in terapia intensiva: il dilemma etico e la risposta dei medici (con il fantasma di marzo 2020)
«Siamo in una situazione in cui piano piano si stanno riconvertendo i reparti e le sale operatorie per trasformarle in terapie intensive e la pressione sta aumentando al punto da far tornare alla mente quello che era successo nel marzo del 2020». In un’intervista rilasciata a La Stampa Filippo Anelli, presidente della Federazione degli Ordini dei Medici, parla del dilemma etico che i medici nelle prossime settimane potrebbero trovarsi di nuovo di fronte. Ovvero quello di scegliere chi curare. «Da un punto di vista etico è una situazione difficile – avverte Anelli -. I medici hanno il dovere e anche la predisposizione a dover curare tutti. Quello che è successo nella prima ondata nel lodigiano è stato drammatico. C’era carenza di respiratori e quindi di attrezzature con un fabbisogno che cresceva da un momento all’altro e quindi si sono fatte scelte che hanno dato origine a una lunga discussione anche all’interno della categoria».
«La Siaarti, la Società Italiana di Anestesia ha prodotto un documento e c’è stato un intervento della Consulta nazionale di Bioetica che poneva l’accento sul fatto che i medici potevano valutare l’età come fattore discriminante. In seguito c’è stata una discussione ed è prevalso un orientamento in linea con i dettami della Costituzione: si valuta in base alla risposta migliore alla terapia prendendo in considerazione una serie di parametri», ricorda Anelli. Che però non pensa che questo sia il criterio che si seguirà nelle prossime settimane: «Credo che non arriveremo mai più ai livelli di emergenza del marzo del 2020. Lo spero perché quella situazione ha lacerato i medici, ha prodotto dilemmi etici in professionisti che hanno dovuto chiedere un aiuto alle istituzioni per capire quale fosse la scelta migliore».
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