Djokovic, sospesa l’espulsione dall’Australia: il tennista serbo in stato di fermo fino all’udienza definitiva
Novak Djokovic non sarà espulso dall’Australia fino alla conclusione del procedimento giudiziario. Il caso passerà alla Federal Court australiana. Questa è quanto annunciato dal giudice della Federal Circuit and Family Court durante l’udienza convocata d’urgenza oggi 14 gennaio. Il tennista sarà posto in detenzione da domani, 15 gennaio, dopo il colloquio, previsto alle 8:00, con i funzionari dell’immigrazione – occasione nella quale sarà supervisionato dagli ufficiali delle forze di frontiera. C’è il rischio che venga detenuto. La seduta di oggi si è svolta dopo che il governo australiano ha cancellato il permesso di soggiorno di Novak Djokovic. Come aveva scritto il Sydney Morning Herald, il ministro dell’Immigrazione Alex Hawke ha pubblicato uno statement per annunciare l’annullamento, chiamando in causa il pubblico interesse. I legali del tennista hanno agito contro la decisione del ministro, nel tentativo di permettere a Djokovic di rimanere nel Paese e giocare agli Australian Open, al via lunedì 17 gennaio.
Il testo dello statement
«Oggi ho esercitato il mio potere ai sensi dell’articolo 133C della legge sull’immigrazione per annullare il visto detenuto dal sig. Novak Djokovic per motivi di salute e ordine pubblico, sulla base del fatto che ciò fosse nell’interesse pubblico. Questa decisione ha seguito le ordinanze del Federal Circuit e del tribunale del 10 gennaio 2022, superando così una precedente decisione di annullamento per motivi di equità procedurale. Nel prendere questa decisione, ho considerato attentamente le informazioni fornitemi dal Dipartimento degli Affari interni, dall’Australian Border Force e dal signor Djokovic. Il governo Morrison è fermamente impegnato a proteggere i confini dell’Australia, in particolare in relazione alla pandemia di Covid-19. Ringrazio gli ufficiali del Dipartimento degli affari interni e dell’Australian Border Force che lavorano ogni giorno per servire gli interessi dell’Australia in ambienti operativi sempre più difficili».
Il premier Scott Morrison ha invece spiegato che la decisione è stata presa per «proteggere i sacrifici della popolazione» durante l’emergenza. «Questa pandemia è stata incredibilmente difficile per ogni australiano ma siamo rimasti uniti e abbiamo salvato vite e l’economia. Gli australiani hanno fatto molti sacrifici e giustamente si aspettano che il risultato di questi sacrifici venga protetto ed è ciò che sta facendo il ministro con la sua iniziativa», ha detto il premier spiegando che non interverrà più sulla questione per rispettare «il prevedibile procedimento legale».
La decisione dell’Australia
Il campione ora dovrà lasciare il Paese e non potrà quindi partecipare agli Australian Open di tennis, ma ha ancora la possibilità di appellarsi nei confronti della decisione. Che comunque gli frutterà tre anni di esclusione dal paese, secondo l’Afp. Non è bastata la vittoria in tribunale del tennista serbo, al quale il 10 gennaio scorso era stato ripristinato il visto con esenzione dall’obbligo vaccinale anti Covid in vigore in Australia per tutti gli arrivi. Dopo che Djokovic è tornato libero, in seguito al soggiorno forzato presso il Park Hotel di Melbourne, il governo australiano ha atteso l’esito dell’indagine svolta dall’Australian Border Force sulle dichiarazioni contraddittorie riportate nei documenti di viaggio del tennista numero uno del ranking mondiale.
L’indagine sulla dichiarazione di viaggio
Djokovic aveva dichiarato di non aver viaggiato nelle due settimane precedenti l’arrivo in Australia lo scorso 4 gennaio. Ma diversi articoli e post sui social lo avevano immortalato mentre era impegnato in allenamenti ed esibizioni pubbliche. Il serbo aveva affermato di essersi negativizzato dal Covid il 22 dicembre, dopo che sarebbe risultato positivo il 16 dicembre. Eppure il 17, come dimostrato da Open, aveva partecipato a una premiazione con un gruppo di bambini a Belgrado. Non solo. Il 18 dicembre aveva incontrato giornalisti dell’Equipe per un’intervista, sempre nella capitale serba. Nei giorni successivi Djokovic era andato in Spagna e poi era partito per l’Australia con un volo via Dubai. In un post su Instagram, il 12 gennaio, Djokovic ha ammesso che la dichiarazione di viaggio rilasciata alle autorità di frontiera al suo arrivo in Australia conteneva informazioni non corrette, e ha parlato di un «errore umano e non volontario» di un membro del suo staff. Altri dubbi sono emersi da inchieste giornalistiche a proposito del certificato di positività del 16 dicembre. Secondo Der Spiegel, i risultati potrebbero essere stati manipolati.
Immagine di copertina: EPA/KELLY DEFINA
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