Quarantena, tamponi e asintomatici: così cambiano le regole dell’emergenza. Ma c’è chi dice no
Distinguere tra positivi sintomatici e asintomatici nella conta dei contagi e dei ricoveri. Ridurre la durata della quarantena per chi sta bene. Eliminare il test del tampone per la fine dell’isolamento. La rivoluzione del bollettino sull’emergenza Coronavirus si basa su tre punti ben definiti e a chiederla sono le Regioni. E lo stop dell’Istituto Superiore di Sanità arrivato ieri non ferma le richieste, tanto che il governo Draghi è pronto a trovare un punto di mediazione. Che potrebbe essere quello di distinguere nella conta quotidiana tra positivi asintomatici e non e tra ricoverati per Covid-19 o per altro. Mantenendo però il calcolo complessivo fino alla fine della pandemia.
La riunione del Cts
Stamattina intanto è in programma una riunione del Comitato Tecnico Scientifico. Anche se il documento con cui gli Enti Locali chiederanno la riforma del bollettino non è ancora pronta, gli esperti dell’esecutivo cominceranno a dare una prima valutazione delle proposte. Che non sarà giocoforza unanime, visto che all’interno ci sono molte divisioni. Testimoniate dalle opinioni discordanti emerse nelle interviste di questi giorni. In ballo c’è molto, però. Per esempio il passaggio in zona arancione o rossa. Otto regioni sono a rischio tra il 17 e il 24 gennaio. Anche secondo i monitoraggi indipendenti come quello di Gimbe. Per questo il punto più controverso tra le richieste è quello di togliere i ricoverati positivi ma che non sono in ospedale per le complicazioni derivate dal Coronavirus dal conto totale.
Una modifica tecnica, l’hanno definita i governatori. Che spegnerebbe però definitivamente il semaforo delle restrizioni, spiega oggi La Stampa. Perché tagliando quello che si stima essere un 30% di “Covid non Covid”, nessuna regione passerebbe più in zona arancione. Anzi, aggiunge il quotidiano, molte tornerebbero in fascia bianca. E questo nonostante in questo momento il 27,1% dei reparti di medicina sia occupato da pazienti Covid, che anche se asintomatici e ricoverati per altro, devono essere isolati dagli altri, mettendo comunque sotto stress gli ospedali. Altrimenti, ha spiegato l’assessore alla Salute della Regione Lazio Alessio D’Amato, «continuando di questo passo tra positivi in quarantena e guariti che non riescono a farsi riattivare il Green Pass perché il sistema sta andando in tilt a metà febbraio il Paese collassa. Dobbiamo semplificare, prima di tutto togliendo quarantene e tamponi per chi ha fatto la terza dose».
Le tre proposte delle Regioni
Dall’Istituto superiore di Sanità è già arrivato lo stop: «La definizione dei casi di sorveglianza deve contenere i positivi e non solo i casi con sintomatologia più indicativa», altrimenti «non controlleremo il virus». D’altro canto nella mappa europea del contagio stilata dall’Ecdc l’Italia è ormai tutta in rosso scuro. La Cabina di Regia che si riunirà nelle prossime ore deciderà i cambi di colore ma qualche regione potrebbe salvarsi con l’aumento in extremis dei posti letto. Le proposte sul tavolo del governo sono tre:
- niente isolamento per chi ha la terza dose di vaccino ed è positivo al test del tampone;
- chi è positivo ma asintomatico ed ha la terza dose può uscire al termine di una quarantena di 7 giorni;
- definire i contagi distinguendo tra asintomatici e sintomatici e l’occupazione dei posti letto tra pazienti Covid e non.
Repubblica racconta oggi che alcune Regioni stimano che le persone infette che non hanno problemi (nemmeno mal di gola e doloretti che li rendono “pauci-sintomatici”) siano anche il 60-70% del totale dei positivi. Ma, aggiunge il quotidiano, non è possibile avere un dato più preciso (uno studio sudafricano stima un 27%), anche se è chiaro che rispetto alle ondate precedenti le cose sono cambiate. Se i sintomatici non venissero più contati, i casi, secondo una stima prudenziale, sarebbero almeno dimezzati: quelli di ieri, anziché 184.615, sarebbero circa 92 mila.
«Strategia ipocrita per i consensi»
C’è però chi non è per niente d’accordo. Il microbiologo Andrea Crisanti in un’intervista rilasciata a La Stampa lo spiega: «Draghi vuole fare come Boris Johnson senza dirlo. E i presidenti di Regione tentano di non finire vittima dello scaricabarile dei contagi, dei ricoveri e dei morti per evitare di chiudere e non perdere consensi». Per Crisanti «la verità è che le Regioni stanno facendo di tutto pur di non diventare rosse dopo che il governo non ha chiuso per tempo ristoranti e locali di ritrovo. A questo punto lasciar correre è una strategia comprensibile, ma lo si ammetta chiaramente. Invece il governo fa finta di nulla. Almeno Johnson ci mette la faccia mentre fa correre il virus con un prezzo da pagare di 15 mila morti pur di arrivare all’immunità di gregge. E ce l’ha quasi fatta».
Ma «il prezzo di vite sarà simile. Il Green Pass del resto non è una misura di sanità pubblica, ma solo una spinta alla vaccinazione. Il concetto veicolato anche dal premier che il certificato garantisca ambienti sicuri non è vero. Ed è un argomento a cui si attaccano i vari No vax e No pass». Anche l’Iss ieri ha spiegato che la soluzione porterebbe ulteriori problemi. Covid-19 «dà una sintomatologia variegata e in evoluzione anche per la comparsa di nuove varianti virali che interagiscono in modo spesso diverso con il nostro organismo». E questo «rende molto difficile riconoscere clinicamente un’infezione sintomatica da SARS-CoV-2 in assenza di una conferma di laboratorio». Inoltre in molti casi, soprattutto tra i non vaccinati, l’infezione «decorre in maniera asintomativa». Dunque, «non sorvegliare questi casi limiterebbe la capacità di identificare le variabili emergenti» e «non renderebbe possibile monitorare l’andamento della circolazione del virus».
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