Sanremo 2022, le pagelle di Open delle canzoni in gara
Un po’ Festival della canzone italiana, un po’ rave con la cassa regolata per essere accolta con leggerezza e sorpresa anche da un pubblico nazional popolare. Sono queste le anime che caratterizzano le 25 canzoni in gara a Sanremo 2022, scelte dal direttore artistico Amadeus. Non manca la tradizione nazional-popolare, il cantautorato di qualità e neanche la spinta sfacciata del voler uscire a prendersi davvero tutto e ricominciare. I potenziali tormentoni radiofonici sono tanti quanti i possibili brani che potrebbero finire sul podio finale. Difficile azzardare la canzone vincitrice. Ce n’è per tutti i gusti, e cii sono conferme, così come piccole delusioni. Ma ci sono diverse sorprese, alcune destabilizzanti, altre più innocenti nella loro efficacia, che potrebbero scuotere l’intera kermesse. Intanto, ecco le nostre pagelle dopo il primo ascolto e dunque pronte a essere modificate nelle serate del Festival, in onda dal 1 al 5 febbraio.
Achille Lauro con l’Harlem Gospel Choir – Sembra Domenica
Lauro cambia ancora pelle, ma soprattutto i suoni che da sempre l’hanno contraddistinto. Le note si fanno più leggere, come le domeniche pomeriggio d’infanzia o dell’adolescenza. Un fischiettio spensierato accompagna tutto il brano. Da ascoltare in macchina mentre si viaggia. C’è più Lauro che Achille Lauro. Non è detto sia un male. Voto: 6 e mezzo.
Aka7even – Perfetta così
C’è un qualcosa che ricorda i Subsonica. Ci sono poi i classici cori che funzionano bene nei live, che si spera riprendano con grandi capienze per tutto il settore musicale. Il testo è però un po’ debole: rime baciate, poco guizzo, e se si cade in quel “baby”, che sa tanto di Justin Bieber del 2010. Sono passati anche 12 anni, suvvia. Sullo svergolamento del gergo possiamo anche soprassedere. Ma quel finale troncato di colpo, come se fosse improvvisamente saltata la corrente, poteva essere curato meglio. Voto: 6.
Ana Mena – Duecentomila ore
Anzitutto bisogna sciogliere i principali dubbi sollevati dal pubblico dopo l’annuncio del brano in gara: 200mila ore corrispondono a circa 8.333 giorni, o a circa 274 mesi, o a quasi 23 anni. E questo aspetto potrebbe essere tutto quel che c’è di interessante da dire su questo brano. Si scherza, ovviamente. Non si scherza però sul fatto che ci troviamo davanti al classico tormentone estivo, spagnoleggiante, già sentito e risentito in tutte le salse. Diventerà certamente un tormentone, in discoteca piacerà un sacco e in radio andrà benissimo. Una piccola nota di merito: il buon uso della fisarmonica. Voto: 4 e mezzo.
Ditonellapiaga con Donatella Rettore – Chimica
Si balla, si balla! Un po’ Yelle, un po’ Icona Pop, con alcune parti che ricordano Ohh La la dei Goldfrapp, ma con una cassa un po’ più potente e strafottente. Il testo scorre con sfrontatezza, tra la delicata voce di Ditonellapiaga, e quella punk, graffiante e irriverente di Donatella. Il ritornello resta in testa fin da subito. È un bel tormentone, provocante e provocatorio e, udite udite, scanzonatamente credente. Voto: 9 e mezzo.
Elisa – O forse sei tu
È uno brano per cui non servono né commenti né descrizioni. Non serve aggiungere una parola, le ha messe tutte lei. Voto: 10.
Emma – Ogni volta è così
Classica ballata sullo struggimento amoroso. La cura del suono da parte di Durdust aiuta, ma non basta. Il testo è un po’ debole, mentre Emma Marrone è sempre sempre ben più tosta nella vita. Proprio questa discrepanza indebolisce il pezzo nel suo complesso. Questo non perché la cantante non possa mostrarsi triste o debole. Ma perché quella melanconia, sembra quasi edulcorata nel testo. Voto 5.
Dargen D’Amico – Dove si balla
La si definisce “musica da giostre” nel senso più dignitoso del termine. Destabilizzante, beffardo, allegro, spensierato, sgangherato, sfacciato e, diciamolo pure, da buon tamarro. Un omaggio all’Eurodance italiana, Gigi D’Agostino su tutti. Un’operazione nostalgia? E che male c’è? Anzi, finalmente! A tratti, emergono alcune parole, che ricordano una certa “Avvelenata“. Un ulteriore appunto, che poi è un mezzo indizio, ricordando che Dargen D’Amico proviene dalla scena rap. Prendendo in prestito le parole di Rancore, formidabile paroliere e rapper italiano con cui Dargen ha peraltro collaborato, il brano si posiziona perfettamente sul binario del «Tanto il ritornello vende solo quando fa tattattira, tattattirarà, prima non ti piace però poi quando va, non t’attira, ma t’attirerà». E infatti il pezzo di Dargen attira un sacco. Non c’è il “tattattira”, ma qualcosa di simile con un’altra consonante. Sentirete, v’attirerà. E viva la musica da giostre! O da stadio? O ovunque? Chissà. Voto: 9 e mezzo.
Fabrizio Moro – Sei tu
Classica ballatona sanremese, che potrebbe riservare sorprese. Il primo ascolto scorre tranquillo tra voce e piano che procedono in ottima sintonia. Il testo è ben scritto. Ma ci sono alcuni elementi che solo live potranno dare quel tocco in più che rischia di riservare sorprese. E Fabrizio Moro, così come il caro amico Ermal Meta, ma anche Ultimo, non sono nuovi a questo tipo di sorprese. Si è capita la zona in cui potrebbe riservare sorprese? Voto: 7 e mezzo.
Gianni Morandi – Apri tutte le porte
Dove trova tutta questa energia non si sa. Se a dargli manforte ci si mette anche Jovanotti, autore del brano, potete immaginare il tripudio di allegria, forza e ottimismo nella canzone. E però, e non ce ne voglia nessuno, in certi passaggi sembra essere troppa, quasi stucchevole e insostenibile tutta questa allegria, con il rischio di allontanare l’ascoltatore anziché coinvolgerlo. Per carità, sono i loro caratteri e ogni nota riflette la loro natura. A proposito di note: nel brano si sente forte e chiaro il richiamo ai preziosi cataloghi della Stax e della Motown. Potrebbe essere anche un bel brano di Caterina Caselli o di Nada, con più cassa. Il brano di per sé è comunque più che valido, anche perché riesce a risultare tra i più freschi grazie proprio alla saggia ripresa di alcune eccellenti sonorità del passato. Voto: 9.
Giovanni Truppi – Tuo padre, mia madre, Lucia
Definirlo outsider è corretto, ma fino a un certo punto. È vero che è uno dei migliori rappresentanti dell’attuale cantautorato italiano, sconosciuto al pubblico nazional-popolare. Ma è anche vero che sul palco di Sanremo, in passato, alcuni grandi cantautori italiani ci sono passati eccome. Di certo Truppi non si è snaturato rispetto ai suoi lavori passati. Non dovrebbe quindi sorprendere che un cantautore come lui porti in gara una canzone con alcuni rimandi ispirati ai grandi del passato (De André su tutti, anche se Faber a Sanremo non ci è mai stato). Il brano di Truppi è criptico, a tratti destrutturato. L’inizio è forse volutamente, e solo in apparenza, incomprensibile e caotico, mentre il brano si conclude con un finale riconciliante e più chiaro, d’amore. Del resto, è proprio questa la sua caratura. Voto: 8.
Giusy Ferreri – Miele
Classico tormentone a cui ci ha abituato negli ultimi anni Giusy Ferreri. Non essendo estate le atmosfere sono più “primaverili” e le sonorità hanno un retrogusto vintage. Però Giusy Ferreri non è Nina Zilli. Il brano non riesce mai a esplodere, sia nel testo sia musicalmente. Un peccato non aver osato di più, soprattutto se si ha un timbro vocale così caratteristico e graffiante. Voto: 5.
Highsnob e Hu – Abbi cura di te
Il testo è buono, lo strumentale invece manca di crudezza di quel che si sta cantando. Insomma, le parole restano nell’aria di una ballata senza raggiungere quella materialità che avrebbe reso il tutto più incisivo. Complessivamente non è male, e potrebbero servire più ascolti per cogliere bene quello che i due artisti stanno dicendo. Interessante il plot twist del racconto, peccato che non abbia fatto seguito anche un capovolgimento sonoro. Voto: 6 e mezzo.
Irama – Ovunque sarai
Dimenticate l’Irama dell’anno scorso e la sua arabeggiante e pomposa La genesi del tuo colore. Quest’anno Filippo Maria Fanti porta sul palco dell’Ariston una classica ballad sanremese molto minimale, che potrebbe essere eseguita anche solo con piano e voce. Ma anche Irama è tra i pochi che quest’anno fa crescere il brano con l’aiuto dell’orchestra, che lo fa “marciare” fino alla fine del brano. Il testo talvolta cade nella trappola di alcuni artifici retorici, ma poteva andare peggio. Voto: 6 e mezzo.
Iva Zanicchi – Voglio amarti
È un brano valido, con la voce di Iva Zanicchi convincente, come sempre. Non sarebbe l’artista donna che nel corso degli anni ha vinto più volte il Festival, se non fosse una gran professionista. Musicalmente il brano è un po’ straniante e pomposo rispetto ai soliti classici a cui ci ha abituati Iva Zanicchi. C’è persino un assolo di chitarra elettrica. Molto dipenderà dalla resa complessiva sul palco. Voto: 7.
La Rappresentante di Lista – Ciao ciao
Anche qui si balla, eccome se si balla. C’è leggerezza ma non superficialità: viene creato un enorme spazio per lasciarsi andare e danzare, far festa, essere sfacciatamente felici anche se non si sa perché. E certe volte è meglio così. «Guardateci tutti correre, eccoci, siamo fradici di gioia, guardateci tutti correre. Eccoci, siamo fradici di gioia», dicevano in altro loro brano di qualche anno fa. Ecco: c’è tanta voglia di tornare a essere fradici di gioia. E questo brano sarebbe un ottimo accompagnamento. O sprone. Voto: 9 e mezzo.
Le Vibrazioni – Tantissimo
Inizialmente non si capisce se siano i Negramaro o Le Vibrazioni. E mentre il brano scorre iniziano a fare capolino alcuni cenni di pop-rock britannico. A livello testuale le strofe sono curate meglio del ritornello, che però potrebbe risultare più incisivo. Bisognerà attendere l’esibizione live per cogliere meglio il tutto. Noioso il tentativo di polemichetta insinuatosi “nel nome del rock”, forzando un confronto tra la band di Sarcina & Co. e i Maneskin. Bastano e avanzano i Cugini di Campagna, no? Voto: 7.
Massimo Ranieri – Lettera al di là del mare
Potrebbe essere un brano scritto 20 anni fa, così come una canzone che potrebbe venir scritta tra 20 anni. Insomma, è un classico senza tempo. Un’eleganza sconfinata e genuina che piacerà, anche ai più giovani. E tra le note e le parole, c’è qualcosa che ricorda un altro gigante della musica italiana: Lucio Dalla. Non dovrebbe neanche essere necessario avvisare, ma nel dubbio è meglio che il pubblico inizi a scaldare le mani per gli applausi. Del resto, gli applausi, sono già iniziati dopo il primo ascolto. È stato l’unico. Voto: 10+.
Matteo Romano – Virale
Potrebbe essere una delle rivelazioni del Festival, dopo essere entrato tra i 25 artisti in gara, rientrando nei primi tre classificati di Sanremo giovani. Il giovane cantautore ha una voce pulita e calda, rassicurante. Il testo non brilla particolarmente, ma sul fronte del suono, grazie allo zampino di Dardust, si creano degli incredibili vortici sonori, alternati a piano e musica ambient. Non c’è dubbio che la canzone di Matteo Romano, a livello sonoro, sia una delle più sperimentali di questa edizione del Festival. Voto: 8 e mezzo.
Mahmood e Blanco – Brividi
Un duo formidabile e promettentissimo. Le due voci, insieme, si incastrano alla perfezione in questa ballata caratterizzata da pianoforte, crescendo di violini e forti colpi di basso. Il testo è tra i migliori in gara. Ma c’è una cosa che non ci è piaciuta affatto. Dal primo ascolto sembra, e il condizionale è d’obbligo, che sulla voce di Mahmood sia stato utilizzato qualche effetto di distorsione. Una scelta inspiegabile, a nostro parere, se pensiamo al timbro e alle virtù vocali dell’artista. Speriamo di aver sentito male perché queste cose non servono, e indeboliscono l’incisività dell’eccellente pezzo. Speriamo di aver sentito male. C’è comunque tempo per toglierlo, volendo. Voto: 9.
Michele Bravi – Inverno dei fiori
A Sanremo si ha a disposizione un’orchestra straordinaria. E Michele Bravi è uno dei pochi artisti che quest’anno riesce a farla emergere, esplodere, fiorire. E il testo? È un buon testo, elegante e cristallino. La scrittura è pulita e semplice, senza scadere nella retorica. Si dirà che è il solito Michele Bravi. E quindi? Non è affatto semplice semplificare con tanta grazia e precisione mentre ci si scava dentro. Voto: 8 e mezzo.
Noemi – Ti amo non lo so dire
Il brano è ben strutturato, specialmente per la parte strumentale: pianoforte incalzante, carillon, bassi ben assestati. Il testo? Non male. Eppure Noemi non emerge, e viene anzi sovrastata dallo strumentale. E anche sentendola cantare, sembra sempre che manchi qualcosa. Non certo la personalità, non certo la voce. Forse non è il brano più adatto a lei? Non si riesce a capire in un solo ascolto. Per ora non sembra esserci troppa sintonia tra artista e brano. Voto: 5.
Rkomi – Insuperabile
Ci abbiamo pensato tutti, inutile nasconderlo facendo vaghi riferimenti al rock. Ricordate Personal Jesus dei Depeche Mode? L’andatura ricorda sostanzialmente quella. Non si tratta di un plagio, ma se dobbiamo rendere un’idea, quella è. Il testo è invece sotto corda, un po’ debole rispetto alla base ben incalzante, malgrado ci siano elementi “incendiari”. Lasciamo il beneficio del dubbio sull’esibizione dal vivo, che potrebbe dar maggiore vigore alla performance, nel suo complesso. Il potenziale c’è, peccato per le svergolamento del testo. Voto: 7.
Sangiovanni – Farfalle
Anche quest’anno a Sanremo non mancherà l’autotune. Su Sangiovanni non ci sono dubbi: siamo certi di aver sentito bene. Il testo non brilla per ricercatezza. Di per sé, però, è un brano dance, perfetto per la radio, per le discoteche e per diventare un tormentone tra i più giovani. Ma Sangiovanni è già un tormentone per i più giovani. Vien quindi da chiedersi, un domani, che sarà. Ci si penserà poi. Voto: 5.
Tananai – Sesso occasionale
Fondamentalmente è la versione Gen Z di In ginocchio da te di Morandi, ma senza quel pathos. Una canzone che parla di crisi esistenziali di coppia, sullo sfondo di una Milano sgangherata e il tentativo, furbastro, del ricorso al tema malizioso, che viene mal sviluppato. Poco gradevole il tentativo di autoincensarsi salvatori della ragazza che si è tradita, sminuendo “quell’altra” con cui la si è tradita. Questo viene ripetuto all’infinito, sfinendo chi ascolta. Anche I Daft Punk con sole tre parole «around-the-world» ripetute in un intero brano hanno creato un pezzo storico. Ma non è questo il caso. E poi, anche Gianni Morandi cantava «ritornerò in ginocchio da te, l’altra non è, non è niente per me». E però il Gianni nazionale almeno si prendeva le sue responsabilità, mica le caricava pedantemente sull’ascoltatore: «Ora lo so, ho sbagliato con te». Finita lì. Esistono tanti modi per cantare il tradimento e anche questioni ben più atroci. Però in questa canzone serve crescita. Sonoramente molto forte, debole sulla maturità e incisività di scrittura. Voto: 4.
Yuman – Ora e qui
Potrebbe essere la vera rivelazioni di questo Festival. Anche lui, come Matteo Romano, è sul palco tra i big perché ha vinto Sanremo Giovani. Il brano in gara è di gran classe. Inevitabilmente la sua voce, i modi garbati e il testo raffinato ricordano il compianto Alex Baroni. Ricorda anche il soul di Ghemon. Serve aggiungere altro? Voto: 9.
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I testi delle canzoni
Achille Lauro – Domenica | Aka 7even – Perfetta così | Ana Mena – Duecentomila ore | Dargen D’Amico – Dove si balla | Ditonellapiaga con Rettore – Chimica | Elisa – O forse sei tu | Emma – Ogni volta è così | Fabrizio Moro – Sei tu | Gianni Morandi – Apri le tue porte | Giovanni Truppi – Tuo padre, mia madre, Lucia | Giusi Ferreri – Miele | Highsnob e Hu – Abbi cura di te | Irama – Ovunque sarai | Iva Zanicchi – Voglio amarti | La rappresentante di Lista – Ciao ciao | Le Vibrazioni – Tantissimo | Mahmood e Blanco – Brividi | Massimo Ranieri – Lettera al di là del mare | Matteo Romano – Virale | Michele Bravi – Inverno dei fiori | Noemi – Ti amo non lo so dire | Rkomi – Insuperabile | Sangiovanni – Farfalle | Tananai – Sesso occasionale | Yuman – Ora e qui
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