Privacy e trattamento illecito dei dati, quattro indagati per la truffa del database Treccani
Una maxi operazione della Guardia di finanza ha portato a iscrivere nel registro degli indagati quattro persone per trattamento illecito dei dati, per quella che è stata soprannominata «la truffa del database Treccani». Questa è la prima volta in Italia che viene contestato l’articolo 167 del Codice della privacy. E le sanzioni amministrative a cui rischiano di andare incontro i quattro coinvolti – tre italiani di origine campana e un rumeno – sono pesantissime (la norma prevede sanzioni fino a 20 milioni di euro di multa nei casi più gravi). Tra i quattro indagati, ci sono due titolari di altrettante società con sede legale a Milano. Per aggirare il regolamento sulla privacy, i due hanno comprato lunghi elenchi di clienti profilati sulla base di personali operazioni commerciali. In queste liste erano comprese anche le generalità dei clienti dell’enciclopedia Treccani, da cui prende il nome l’intera inchiesta.
I preziosi database sono stati acquistati da una società di call center che, in un secondo momento, è risultata essere intestata a prestanome. I tre campani sostengono di aver acquistato i dati dal rumeno. A testimoniarlo c’è una fattura che risulta essere stata emessa da una società londinese inesistente. Il rumeno però è al momento irreperibile. I tre avevano dunque a disposizione lunghi elenchi di dati personali con generalità dei clienti e con relativa merce acquistata. Come anticipato dal Corriere della Sera, telefonavano ai tanti numeri disponibili, tra i quali molti vecchi clienti dell’editore di enciclopedie, si spacciavano per agenti Treccani e, se il contatto andava avanti, al momento dell’incontro proponevano i propri prodotti nell’ambito di opere d’arte, stampe, libri e litografie.
«Il tipo di attività che abbiamo svelato è estremamente lucrativo e mina le garanzie dei consumatori. I dati personali sono l’oro nero del nostro tempo». Questo il commento di Gian Luca Berruti, comandante del gruppo investigativo del nucleo speciale tutela privacy e frodi tecnologiche, che ha sgominato l’organizzazione dedita al traffico illecito di dati personali profilati appartenenti a migliaia di cittadini italiani non consapevoli. «La loro protezione è un primario diritto civile da preservare adottando gli strumenti necessari a mantenere la loro integrità e riservatezza». Berruti spiega anche che contestare ai quattro indagati l’articolo 167 del Codice della privacy è una scelta precisa, fatta con l’obiettivo di attribuire responsabilità penale davanti a comportamenti analoghi, e permette di aprire l’istruttoria con il garante della privacy.
Leggi anche:
- La bufala storica della “nuova regola di Facebook” per le vostre foto e la vostra privacy
- Perché una scelta di Apple sulla privacy ha fatto perdere quasi 10 miliardi di dollari ai social network
- Un’app pirata per la verifica del Green pass legge i dati personali: il Garante avvia una indagine
- Dopo la Siae, l’attacco alla San Carlo. Ecco i documenti nelle mani degli hacker: come funzionano i ricatti sui dati
- Joseph, lo studente che ha fatto multare la Bocconi per violazione della privacy: «Senza dati, niente esami» – L’intervista