Quirinale, Lollobrigida (FdI): «Nessuna delega a Berlusconi nella scelta del presidente» – L’intervista
Francesco Lollobrigida è uno degli alfieri scelti da Giorgia Meloni per lavorare alla strategia per le presidenziali. Il capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia non si sbilancia sui nomi da candidare, «nell’attesa che Silvio Berlusconi sciolga la riserva». Ma sottolinea la necessità «di arrivare quanto prima a una definizione della tattica del centrodestra». Smentisce che il partito stia elaborando un piano per far traslocare Mario Draghi da Palazzo Chigi e farlo insediare al Colle, piuttosto «l’auspicio è che il prossimo presidente della Repubblica non tenti di ricostituire un governo con le pezze a colori». Ritorno alle urne dopo il voto per il Quirinale, dunque, dove dovrà insediarsi un capo di Stato che non «porti sempre la sinistra al governo, a prescindere dagli esiti elettorali». Lega e Forza Italia, però, lavorano all’ipotesi contraria: trovare una figura in grado di garantire la fine naturale della legislatura.
Onorevole, resterete uniti sul nome di Silvio Berlusconi finché sarà lui a rinunciare alla candidatura?
«Il centrodestra ha assunto l’impegno di ragionare sulla candidatura di Berlusconi, considerandola adeguata e autorevole: è stato lui l’ultimo presidente del Consiglio espressione della volontà popolare, è il fondatore del centrodestra e ha governato a lungo la Nazione. FdI lo ha lasciato quando era all’apice del consenso, come leader del Pdl, ed è tornato a sostenerlo oggi, come riconoscimento del suo percorso storico. La coalizione ha il dovere di mostrarsi compatta e coesa in questa fase, per incidere con forza su quello che sarà il prossimo governo, unito nei valori e nei comportamenti del centrodestra».
Il tempo stringe. Quindi, aspetterete fino all’ultima ora disponibile?
«Non nego che c’è la necessità di arrivare quanto prima a una definizione della tattica del centrodestra. Berlusconi deve fare una scelta in termini personali e la coalizione deve fare una considerazione in termini numerici, per capire se si può andare avanti con la sua candidatura».
A FdI va bene che sia Berlusconi a fare il kingmaker, come ricompensa per un suo passo indietro, e quindi lasciare che sia lui a fare il nome del candidato della coalizione?
«Non è questa la strada che abbiamo intrapreso come coalizione. È il centrodestra, nel suo complesso, che deve essere in grado di proporre un nome o una rosa di nomi nell’eventualità che la strada di Berlusconi non sia più percorribile. FdI non darà a nessuno una delega sul ruolo di kingmaker, tantomeno una persona o un partito della coalizione da solo potrà intestarsi l’investitura di un presidente. La disponibilità a una candidatura di Berlusconi non corrisponde alla delega, in una seconda fase, a rappresentare l’intera coalizione».
Il centrodestra, come dice Enrico Letta, non può vantare alcun diritto di prelazione sulle candidature. È così?
«Le prelazioni le ha imposte la sinistra quando aveva i numeri in parlamento. Non può essere questo l’approccio, adesso. Per la prima volta, il centrodestra è nella condizione di fare proposte ed essere il soggetto intorno al quale far girare il resto della discussione. Cosa che non è mai avvenuta negli ultimi anni. Non è questione di prelazione, ma la sinistra non può avere di certo la pretesa di porre veti. Mi sembra il tentativo del Pd di far arrivare al Quirinale presidenti che portino sempre la sinistra al governo, a prescindere dagli esiti elettorali».
È molto probabile che dopo le elezioni per il Quirinale nascerà un nuovo governo. Esclude la presenza di FdI nel prossimo esecutivo?
«FdI auspica che ci sia un nuovo governo. Ma il prossimo governo deve passare per le urne. Mentre la partecipazione a governi in coabitazione con il Pd o il M5s è sempre e comunque da escludere. Sì, vogliamo il ritorno alle urne subito dopo l’elezione del presidente della Repubblica. Perché il parlamento non è più rappresentativo degli equilibri politici che ci sono nel Paese. FdI ha il 6,3% dei grandi elettori e ciò conterà nell’elezione del presidente della Repubblica. Ma la verità è che noi abbiamo nel Paese un presunto consenso almeno tre volte più grande di questa percentuale».
Sono le regole decise della Costituzione. Legislatura di cinque anni – salvo scioglimento delle Camere – e presidenza della Repubblica da votarsi ogni sette.
«La verità, infatti, è che tutto questo alambicco che porta alle elezioni del presidente della Repubblica dovrebbe essere rimosso. Basta corridoisti. L’unico modo giusto per eleggere il garante della Costituzione è l’elezione diretta. Lo chiediamo da tempo».
In parlamento sembrano tutti convinti che l’unico nome spendibile, al momento, sia quello di Draghi. Dagli ambienti riformisti trapela quello di Pier Ferdinando Casini. C’è, per voi, una candidatura più congeniale tra queste due?
«Finché regge l’ipotesi principale di Berlusconi, le subordinate non le trattiamo proprio. Fare altre ipotesi, seppur autorevoli, minerebbe il lavoro sulla candidatura di Berlusconi. Certo, non è che non ci stiamo preparando: in queste ore, come FdI, ragioniamo di tutto, ma espliciteremo le strategie solo quando e se cadrà la candidatura di Berlusconi, per sua scelta soggettiva o per riscontro oggettivo dell’assenza di numeri».
Alcune fonti della Lega si dicono preoccupate per un vostro possibile accordo con Berlusconi che tagli fuori il Carroccio.
«FdI è un partito che si è caratterizzato in particolare per la lealtà e la coerenza nei confronti degli avversari, dei cittadini e degli alleati. Difficilmente saremo imputati di giochi oscuri. Abbiamo chiesto è ottenuto l’impegno dei leader della coalizione a restare uniti, non saremo certo noi a rinnegarlo».
Le riporto una delle ultime dichiarazioni di Meloni: «Questo Governo irresponsabile era troppo occupato a mettere gli italiani gli uni contro gli altri per prendere provvedimenti seri contro la pandemia». Non è che FdI vuole Draghi al Colle per togliergli dalle mani l’esecutivo?
«Per quanto ci riguarda, desideriamo fortemente la fine di questo governo. Ha fallito in tutti gli obiettivi che si era posto, sanitari, economici, sociali. Ha fallito, punto. Attenzione però: il problema non è Draghi, che ha un’autorevolezza indiscussa, ma la condivisione dell’azione di governo tra parti che hanno programmi alternativi tra loro. E forze alternative non possono governare insieme perché i provvedimenti che ne vengono fuori risultano schizofrenici. Pensi all’ultima finanziaria, un agglomerato di oboli e mancette».
Eppure dicono che Meloni sia tra i maggiori sponsor di Draghi al Colle proprio per accelerare il cambio di governo.
«L’elezione del presidente della Repubblica non è un escamotage per arrivare da un’altra parte. È l’elezione del garante dell’intera nazione. Tuttavia, è ovvio che il nostro auspicio è che il prossimo presidente della Repubblica non tenti di ricostituire un governo con le pezze a colori».
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