Quirinale, Letta sente Casini. E le quote di Casellati crescono: Renzi punta al suo posto – Il retroscena
Negli ambienti Pd sono convinti che i nomi davvero in corsa per il Quirinale siano tre. Nessuno dei quali sarà protagonista domani, nell’urna, mentre si consumerà la pantomima delle schede bianche. Il primo, sul quale sembra scommettere il segretario, è quello di Pier Ferdinando Casini. Oggi il veterano del Parlamento ha avuto un colloquio riservato con Enrico Letta. E dal veterano sono arrivati anche dei messaggi ad alcuni parlamentari Dem, il cui sottotesto era: speriamo che vada bene, ora mettiamoci all’opera. Sarà casuale – in queste trattative così complesse è difficile credere che possa c’entrare il caso – ma tra i tanti no comment espressi da Matteo Salvini, inseguito dai giornalisti prima e dopo il suo punto stampa, c’è stato un «no» secco alla proposta Casini. «Non è una candidatura del centrodestra». Chissà se lo diventerà dal quarto scrutinio. Già, perché la vecchia volpe dei palazzi romani avrebbe già fatto sapere agli adulatori che non ha intenzione di accettare alcuna investitura prima della quarta chiama, anche se gli venissero promessi i voti bipartisan durante gli scrutini uno, due e tre.
Intanto, la candidatura forte della coalizione in cui spadroneggiano i grandi elettori leghisti, dicono fonti del Carroccio, resta quella di Elisabetta Casellati. C’è da lavorare, fanno sapere, sui parlamentari 5 Stelle che non seguono Conte. Mentre Casellati, raccontano dal Nazareno con preoccupazione, avrebbe il favore di Matteo Renzi, il quale ambirebbe a prendere il suo ruolo di presidente del Senato. Il terzo nome in campo, secondo voci dei grandi elettori Pd, raccolte da Open al termine dell’assemblea alla Camera, resta quello di Mario Draghi. Se proprio il presidente della Repubblica che succederà a Sergio Mattarella deve essere un tecnico, non può che essere l’attuale presidente del Consiglio. Con buona pace di Marta Cartabia e gli altri outsider della politica che sono saliti alla ribalta in questi giorni senza avere un partito alle proprie spalle.
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