Pomicino: «È Draghi a dover dare un nome ai partiti. Ci sono almeno tre nomi giusti per il Quirinale»
Paolo Cirino Pomicino, ex ministro del Bilancio di Andreotti e aspirante king maker di tante corse al Quirinale, in un colloquio con Repubblica oggi sostiene una linea completamente diversa rispetto a quelle in auge in questi giorni. E dice che deve essere Mario Draghi a indicare una personalità di suo gradimento ai partiti: «Il nome di Draghi al Colle sancisce che la dissoluzione della politica è compiuta. Viene prima la richiesta di un Mattarella bis e poi si domanda a Draghi. Ma continuiamo fare diagnosi, mentre ci vorrebbe una terapia diversa. Innanzitutto i segretari dei partiti abbandonino la logica delle coalizioni. E soprattutto il presidente del Consiglio dica che continuerà a fare il premier, però sussurri ai leader il nome di un presidente simile a Mattarella, che possa essere in grado di reggere una situazione straordinaria e il suo governo straordinario. Questo consentirebbe il sussulto politico e del Parlamento».
Pomicino punta il dito sulle mancanze della politica. Che però non nascono oggi: «È l’approdo di un lungo processo di disgregazione che inizia nel 1993. Allora un Parlamento in crisi chiamò un esterno, Carlo Azeglio Ciampi, a fare il premier, cosa che si è ripetuta con Dini, Monti, Conte e ora con Draghi. Cinque volte in 27 anni». Per l’ex ministro il boccino attualmente non ce l’ha in mano «nessuno. Ci sono tre partiti – Lega, Pd e Fratelli d’Italia – nei sondaggi intorno al 20%, e il M5Stelle senza strategia politica. Ciascuno di quei tre partiti ritiene che il nome debba venire dalle sue file». Infine, la sorpresa: qual è il suo candidato? «Ci sono almeno tre nomi, ma non li dico».
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