Il caos M5s dopo il Quirinale: così Conte rischia il posto ma vuole cacciare Di Maio
L’elezione di Sergio Mattarella al Quirinale potrebbe portare il MoVimento 5 Stelle verso la resa dei conti finale. La guerra aperta che si è scatenata tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio porta a due possibili soluzioni. La prima è quella della scissione. La seconda – e sarebbe incredibile – è quella dell’espulsione del ministro degli Esteri dal MoVimento. E mentre Alessandro Di Battista si schiera con l’ex premier, anche Beppe Grillo è dipinto come “molto irritato” dopo il caso di Elisabetta Belloni. Indicata da Conte e, a quanto pare, non appoggiata da Di Maio. Per questo c’è anche chi chiede a “Luigi” di chiarire davanti agli iscritti.
La corrente dimaiana
A parlare dei progetti bellicosi di Conte su Di Maio è un retroscena della Stampa. Che parte dal presupposto del fatto che la convivenza tra le due “anime” del movimento, per l’ex premier, non è più possibile. Per questo si va verso un confronto. O meglio, un processo. I big vicini a Conte vogliono portare nei confronti del ministro degli Esteri una serie di accuse che potrebbero portare alla sua espulsione. La prima è quella di aver puntato su altre candidature durante la partita del Quirinale. La seconda, più cogente, è quella di aver creato una vera e propria corrente. Cosa espressamente vietata dallo Statuto grillino. La sentenza di espulsione però dovrebbero emetterla gli iscritti M5s con un voto in rete.
Perché Conte non vuole sporcarsi le mani. Ma proprio per questo la via della punizione è stretta. Perché per portare i grillini al voto su una questione del genere ci vogliono prove più schiaccianti. E perché intanto Di Maio potrebbe anche mangiare la foglia. E anticipare tutti andandosene lui prima di farsi cacciare. Ma portandosi dietro un buon numero di eletti e magari anche qualche voto, visto che il ministro ha saputo in questi anni costruirsi una base di consenso interna al MoVimento. Sul tavolo c’è anche il problema del governo Draghi. Conte, secondo i dimaiani, ha deciso di togliere l’appoggio del M5s a SuperMario e quindi di ritirare tutti i ministri e i sottosegretarie. Un’evenienza che gli altri vedono malissimo.
E se alla fine cacciassero Conte?
La prova dell’intenzione di lasciare il governo da parte del premier sarebbe nella sua ritrovata vicinanza con Di Battista. Che continua a chiedere una riflessione nel M5s e, soprattutto, che ha posto come condizione per il suo rientro proprio l’addio a Draghi. «Ora basta, vanno cacciati tutti, meglio pochi ma uniti», si è sentito dire negli ultimi giorni — più volte — da esponenti vicini all’attuale vertice secondo quello che riporta Repubblica. «La situazione è fuori controllo, serve un chiaro atto di sfiducia contro Conte e i suoi», è la linea dei dimaiani. Che non se ne vogliono andare e nemmeno rimanere per fare la corrente di minoranza. Il quotidiano aggiunge che i giochi per il Quirinale sono stati una sorta di precongresso. E che la la convinzione del ministro è di poter contare su almeno 70-80 parlamentari, ad oggi. Ma secondo i contiani i veri dimaiani sono solo venti.
E questo potrebbe portare l’ex leader grillino a evitare la battaglia. Perché è uno che la farebbe soltanto se fosse certo di vincerla. Altrimenti è meglio attendere, visto che il 2023 è vicino e che il parlamento sembra orientato a varare una legge elettorale proporzionale che consentirebbe la rielezione ai big grillini. Ma prima ci vuole la famosa deroga per il terzo mandato. E sono Grillo e Conte a doverla concedere. Anche se c’è chi è più pessimista: «Andremo in guerra, ci saranno morti e feriti. E però obiettivi, esigenze, linguaggi e target sono ormai troppo diversi», commenta un big grillino con il quotidiano.
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