Bufera nel M5s, Conte dopo l’ordinanza: «La mia leadership è politica prima che giuridica». E attacca Di Maio
Giuseppe Conte non vacilla. Anche se il tribunale di Napoli ha congelato lo statuto di agosto che istituiva la sua figura, quella del presidente del Movimento. In assenza di un leader ufficiale, fintantoché non sarà risolta la sospensione imposta dal giudice, l’avvocato va in tv a Otto e mezzo a sottolineare un concetto: «C’è un piano politico-sostanziale e uno giuridico-formale che segna questa sospensione. Sospensione a cui si risponde con un bagno di democrazia. Erano già in programma delle modifiche dello statuto, si aggiungerà una ratifica da parte di tutti gli iscritti, anche quelli da meno di sei mesi, senza aspettare i tempi di un giudizio processuale. Curioso che si era sempre votato così, con il vecchio statuto, e ora viene impedita questa cosa». Insomma, la riconferma di quanto aveva detto «nelle vesti di avvocato» qualche ora prima: «La mia leadership nel Movimento 5 stelle si basa sulla profonda condivisione di principi e valori. Quindi è un legame politico prima che giuridico».
Il «problema» Casaleggio
C’è chi ritiene, come il legale esperto di dinamiche grilline Lorenzo Borré, che Conte non abbia più «poteri decisionali e non può dettare soluzioni, almeno non con maggiori facoltà di un qualsiasi altro associato. Ma soprattutto non può prescindere dai paletti procedurali dello statuto nella versione ante agostana». L’unica strada, per Borré, è quella della votazione di un comitato direttivo composto da cinque membri, come stabilito dall’ultima modifica statutaria votata su Rousseau. Anche l’associazione che gestisce la piattaforma ha evidenziato come l’unica opzione possibile sia quella di «individuare un guida collegiale al posto del decaduto presidente». Conte non ci sta e, ai microfoni di Otto e mezzo, derubrica Davide Casaleggio come «un problema». Quando gli fu chiesto di assumere la guida del Movimento, dice, «chiesi solo una cosa: di risolvere il problema Casaleggio, un problema che andava avanti da tempo e di cui, alla fine, mi sono dovuto occupare anche io ma penso che il rapporto fosse ormai compromesso».
L’attacco a Di Maio
Il presidente – decaduto – del Movimento striglia pubblicamente Luigi Di Maio. L’ex capo politico, ministro degli Esteri e, nelle ultime settimane, fine stratega per il Quirinale che ha giocato una partita diversa da quella di Conte, non rischierebbe un’espulsione. «Non è nell’orizzonte delle cose», dice l’avvocato, «ma è ovvio che lui ha delle responsabilità in più. Una leadership vera non ha mai paura del confronto, ma di fronte a un attacco così plastico, in televisione, non si può far finta di nulla». Conte, insomma, attende il redde rationem. E completa l’elenco di accuse ai microfoni di La7. «Prima Di Maio andava in piazza per sostenere le nostre battaglie, oggi per esibire la sua corrente e attaccare la leadership». Infine, l’ex premier parla di un’annosa questione che «produce mal di pancia comprensibili». Mal di pancia che si acutizzeranno in vista delle elezioni legislative del 2023. La questione è quella del limite di due mandati: «È un principio forte e un’intuizione giusta e Beppe Grillo lo ha ribadito in un post. Ma resta un principio ispiratore, che la politica non e’ una professione ma una vocazione. Secondo me questa regola ha un fondamento che va mantenuto, ne vorrei discutere con Grillo, ma ragionerei sul trovare qualche volta delle deroghe».
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