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Libero, Sallusti e il caso Montesano: «Superato il limite, le bare di Bergamo sono sacre»

10 Febbraio 2022 - 06:49 Redazione
tommaso montesano libero
tommaso montesano libero
Il direttore del quotidiano si scusa con i lettori e annuncia sanzioni per il giornalista

Il direttore di Libero Alessandro Sallusti oggi fa il punto in prima pagina sul caso di Tommaso Montesano, il giornalista che ha paragonato le bare di Bergamo al lago della Duchessa del sequestro Moro. Sallusti fa prima di tutto sapere che Montesano è in effetti “contrario ai vaccini”:

C’è un limite oltre il quale non si può andare, neppure per scherzo, per sbaglio o per equivoco. E questo limite ieri purtroppo è stato superato da un collega della nostra famiglia, Tommaso Montesano, che in un post sui suoi social ha messo in dubbio la veridicità sostanziale delle famose immagini del convoglio di camion dell’esercito che il 18 mano del 2020 ha attraversato Bergamo con un carico di bare di morti di Covid.

Tommaso Montesano si è sempre detto contrario ai vaccini e non ha mai nascosto, in redazione e in pubblico, le sue tesi negazioniste. Affari suoi, non è questo il punto perché a Libero ognuno può pensarla come crede fatto salvo il diritto dovere del direttore di decidere la linea e di conseguenza i contenuti del giornale che su questo tema sono chiari: i negazionisti negano innanzitutto che l’uomo, chi più e chi meno, sia dotato di intelligenza.

E poi conclude con le scuse:

È vero che i contenuti dei social personali dei giornalisti non ricadono sotto il controllo del direttore, ci mancherebbe altro. Ma è anche vero che il giornalista, con la sua faccia e la sua firma, è un peno dell’immagine del giornale su cui scrive, della sua autorevolezza e della sua credibilità. Per cui non posso permettere che neppure per un secondo e neppure per sbaglio e nemmeno per un fraintendimento tra social privati e aziendali un nostro lettore o chiunque altro possa essere sfiorato dal dubbio che qui a Libero si pensi che quel convoglio di camion sia stata una cinica messa in scena. Per noi quelle 65 bare di bergamaschi che non trovavano sepoltura nella loro terra, come tutte le altre 140 mila sparse per l’Italia ma quelle di più perché sono diventate il simbolo della tragedia nazionale, sono sacre, intoccabili e inviolabili.

Tra noi tutti e il collega si è rotto un patto che non sta scritto nei contratti ma è quello umano fondante della nostra piccola comunità. Per questo ho chiesto all’azienda la sua immediata sospensione, saranno gli avvocati a decidere il resto ma nessuna carta bollata potrà assemblare i cocci. Una collega ieri mattina in redazione ha pianto di rabbia per quello che è accaduto, io mi scuso con i parenti di quei morti e con i lettori. Penso di avervi detto tutto.

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