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Covid-19, sarà vera normalità? Il virologo Perno: «Dipende da non vaccinati e varianti, ma la scelta è politica»

12 Febbraio 2022 - 10:00 Giada Giorgi
Il direttore di Microbiologia dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma spiega perché per la scienza il momento di eliminare tutte le restrizioni è già arrivato

I contagi scendono e con essi anche le mascherine dai visi. La malattia fa meno paura, e lo stesso vale con l’idea di uscire di casa e concedersi momenti di normalità. Non c’è dubbio che è proprio sulla normalità che nei prossimi mesi si giocherà la principale partita contro Covid-19. La parola chiave del governo Draghi è allentamento. La stessa di molti Paesi esteri che ancora prima dell’Italia hanno affrontato in maniera analoga (forse) l’ultima grossa ondata di contagi. Dall’11 febbraio via alle mascherine all’aperto. Nella stessa data porte aperte per le discoteche. E via così fino al 31 marzo in cui si dirà addio anche all’obbligo di mascherina al chiuso e forse anche al Green pass per i luoghi all’aperto. Fino ad arrivare alla tappa già annunciata del 15 giugno, data in cui la Carta verde anti Covid diventerà solo un ricordo, così come l’obbligo vaccinale per tutti gli over 50.

La strada sembra piuttosto spianata ma dopo due anni di misure ormai diventate routine, la domanda è: verso quale normalità siamo davvero diretti? «Senza mascherina indossata sì, ma mi raccomando sempre in tasca», ripetono i tecnici del governo. «Senza Green pass già a marzo sì, ma attenzione a non scegliere posti troppo affollati al chiuso», continuano. «Liberarsi della misura della quarantena per i positivi si può fare ma solo con ospedali vuoti». L’impressione, e il timore allo stesso tempo, è quello di un ritorno a una normalità diversa, cambiata inevitabilmente da anni di pandemia, a questo punto non più cancellabili. È davvero così?

Senza mascherine, neanche in tasca

In Francia, il portavoce del governo Gabriel Attal è stato chiaro: «Ci sono motivi per sperare che tra fine marzo e inizio aprile si possa revocare il pass vaccinale». La mascherina nei luoghi all’aperto non è già più obbligatoria. Sulla stessa linea il Regno Unito: l’obiettivo dichiarato da Johnson è quello di dire addio alle misure anti Covid con un mese di anticipo rispetto al 24 marzo, data prevista inizialmente per l’eliminazione delle restrizioni. Dall’obbligo legale di quarantena per i positivi alle mascherine, a fine febbraio uno dei Paesi occidentali più colpiti in assoluto dalla pandemia proverà a tornare alla sua normalità. Sia Francia che Regno Unito hanno affrontato prima dell’Italia la quarta ondata di Covid-19 e, come spesso è accaduto nei mesi di emergenza, anche stavolta le strategie di lotta dei diversi governi trovano punti condivisi anche se con tempi differenti.

La questione della tempistica certo non è da sottovalutare e il governo Draghi continua a ribadire l’esigenza di una gradualità. Ma al di là dei timori politici, quali sono le valutazioni scientifiche a cui far riferimento? Il professor Carlo Federico Perno, virologo direttore di Microbiologia dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e professore di Microbiologia Clinica all’Università Unicamillus, è stato uno dei primissimi scienziati a studiare la modalità di diffusione del virus sul territorio nazionale, fornendo importanti dati su come Covid-19 sia riuscito ad entrare in Italia. A due anni dai primi casi positivi individuati in Lombardia, parla a Open di una normalità che si potrebbe ricominciare a pretendere fin da subito.

Green pass vecchio ricordo

«Tutta la gradualità scelta dai governi esteri e da quello italiano è una scelta esclusivamente politica. Se dal punto di vista scientifico ci chiediamo quando sarà possibile liberarci sul serio di tutte le restrizioni anti Covid, la risposta è anche subito». Il professore continua: «Pensiamo allo scenario attuale: c’è la maggior parte della popolazione italiana che ha uno status di salute abbastanza stabile ed è tri-vaccinata: per loro la Covid è diventata un patologia che si situa tra un raffreddore e una leggere influenza. E questo è un dato di fatto. Poi ci sono quei 2 milioni che anno deciso di non vaccinarsi e che rischiano ancora ricovero e decesso. Per la grande maggioranza degli italiani i rischi non ci sono più o comunque non sono peggiori di quelli causati da influenza o raffreddore. Alla luce di dati scientifici di questo tipo, mantenere o no il Green pass per un altro mese si colloca in una decisione esclusivamente politica, così come togliere gradualmente la mascherina. Per la scienza sarebbero scelte già possibili».

La domanda chiave a cui rispondere secondo l’esperto è sulla gravità che l’infezione è attualmente in grado di provocare su un tri-vaccinato sano. Perno lo spiega così: «Se i sintomi grazie ai vaccini ora sono simili a un’influenza e se per l’influenza il problema di quarantene e chiusure non ce lo siamo mai posto, perché porselo scientificamente per Covid-19? Da qui parte il ragionamento: se pensiamo che l’evoluzione della patologia è simile a quella di una leggera influenza per tutti coloro che sono vaccinati, anche la strategia delle restrizioni andrà a cadere automaticamente, così come la limitazione di capienza per discoteche o ristoranti».

Al cinema, a scuola, sui mezzi. Quale normalità?

La domanda sul ritorno alla normalità non è solo sul quando ma anche sul come. Potremmo davvero entrare in un cinema affollato senza l’idea che forse forse indossare la mascherina sarebbe più prudente? Saliremo su un bus senza la necessità di sfilare la mascherina dalla tasca se troppo pieno? Uno dei pericoli più nominati dalla comunità scientifica negli ultimi mesi è quello di una diffusione del virus che agevoli la formazione di nuove varianti. Omicron è ormai dominante, pericolosa per i non vaccinati, molto meno per i protetti. Ma la possibilità che il virus muti diventando più potente e rischioso è sempre dietro l’angolo. Ed è innegabile che l’arma più potente finora è sempre stata quella di arginarne la circolazione. «Tenere tutti dentro e tutto chiuso per evitare la circolazione del virus ormai è un’idiozia», spiega Perno interrogato sul tema. «Il virus anche ora sta circolando e sta mutando in altre parti del mondo, Paesi dove la quantità di popolazione vaccinata è in percentuali minime. Lì Covid-19 circola liberamente ed è inevitabile che tornerà: è evidente quindi che non possiamo più agire sulla base di questo dato di fatto».

Con una campagna vaccinale ormai avanzata dunque il pericolo variante non può più dipendere da noi: «E se ci pensiamo è sempre stato così fin dall’inizio. L’unica variante che si è sviluppata apparentemente nei Paesi cosiddetti sviluppati è la Alfa nel Regno Unito, ma anche in quel caso si sospetta che sia arrivata da altrove. Tutte le altre mutazioni si sono generate dove il virus poteva circolare libero e senza grandi quantità di popolazione vaccinata e protetta. Per questo continuare a vivere una non normalità per paura che il virus vari non è applicabile». L’ideale sarebbe spingere le somministrazioni in tutto il mondo. «Dobbiamo vaccinare ancora 8 miliardi di persone. Sappiamo anche che non ci riusciremo mai perché non c’è interesse a vaccinare laddove le possibilità di acquisto delle dosi è ridotto: è brutto dirlo ma è cosi», continua Perno. «Oltre a questo c’è anche una quota molto forte di rigetto della cultura occidentale del vaccino. Il problema, quindi, non è dato soltanto da una non distribuzione equa dei vaccini ma anche da una non ricezione culturale».

Il peso della quota non protetta

Per lo scienziato sarà la quota dei non protetti a dettare i tempi della normalità: «Scientificamente i non protetti rimangono a rischio morte, anche con Omicron», ribadisce Perno. Ed è alla luce di questo dato che la responsabilità politica sarà chiamata ad agire ancora una volta. Da un lato, l’idea di tutelare la scelta dei non vaccinati potrebbe ritardare quello che per la scienza è ormai tempo di fare. Dall’altro, la decisione di proseguire per una libertà ora davvero possibile chiamerebbe i non vaccinati alla responsabilità di una scelta presa nonostante l’opera di convincimento e persuasione adottata nei lunghi mesi di campagna vaccinale. «La verità dei numeri e della medicina attualmente ci dice che questo virus non è più in grado di uccidere soggetti tri-vaccinati. Per noi scienziati è l’unica chiave di lettura possibile, senza se e senza ma».

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