Eutanasia e cannabis, attesa per la decisione della Consulta sui referendum. Mentre il Parlamento continua a non decidere
È cominciata poco dopo le 9.30 di oggi, 15 febbraio, alla Corte costituzionale la camera di consiglio sugli 8 giudizi di ammissibilità di referendum abrogativi. Si decide su:
- Legge Severino;
- Misure cautelari e recidiva;
- Separazione delle funzioni dei magistrati;
- Partecipazione di membri laici ai Consigli giudiziari e al Consiglio direttivo della Cassazione;
- Responsabilità civile diretta dei magistrati;
- Elezione dei componenti togati del Csm;
- Omicidio del consenziente;
- Sostanze stupefacenti.
Il calendario dei lavori prevede prima di tutto le decisioni su eutanasia legale e depenalizzazione della coltivazione della cannabis. Sarà poi la volta dei referendum sulla giustizia, promossi dalla Lega e dal partito Radicale. Il voto, in caso di ammissibilità dei quesiti dichiarata dalla Consulta, dovrebbe essere previsto tra il 15 di aprile e il 15 di giugno. «I giudici costituzionali hanno un’occasione storica per far vivere la lettera e lo spirito della Carta su cui si fonda la repubblica», dicono i promotori dei quesiti su eutanasia e cannabis, che quest’estate hanno raccolto, on e off line, centinaia di migliaia di sottoscrizioni. La Costituzione «parla chiaro: sono inammissibili ritagli normativi che riguardino leggi tributarie o di bilancio, amnistia o indulto e leggi che autorizzano trattati internazionali». Mentre i quesiti su cannabis ed eutanasia «sono frutto di anni di confronto con decine di esperti anche internazionali che nel preparare le proposte emendative hanno costruito quesiti rispettosi dell’articolo 75 della Costituzione, coerenti negli intenti e non manipolativi delle norme su cui vogliono intervenire», dicono in una nota Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni e Marco Perduca, presidente del Comitato Cannabis Legale.
Il parere del costituzionalista
La Corte Costituzionale «potrebbe ammettere tutti i referendum», spiega oggi a Radio Radicale il costituzionalista Massimo Villone. Perché, dice, il giudizio di oggi riguarda l’ammissibilità dei referendum, «che è cosa molto diversa dal merito». Il punto sono i quesiti, appunto giudicati ammissibili o meno, «senza che la Corte sia in alcun modo impegnata e si possa assumere una valutazione di quello che viene a valle del referendum da fare», prosegue Villone. La Corte «potrebbe ritenere ammissibile un referendum anche se per ipotesi l’esito della vittoria dei sì ponesse problemi di costituzionalità». Secondo il costituzionalista, per esempio, il referendum sulla responsabilità diretta dei magistrati «è probabilmente incostituzionale: in caso di vittoria dei sì, perché inciderebbe sul principio dell’autonomia e indipendenza del giudice, il quesito sulla separazione delle carriere secondo me è estremamente manipolativo, ma su questo la Corte non entra nella fase del giudizio di ammissibilità», dice. Quindi «è possibile che la Corte Costituzionale dichiari i referendum tutti ammissibili perché la griglia che utilizza in questi casi non guarda minimamente a dopo. Non vedo elementi che puntino chiaramente nel senso di escludere il voto popolare».
Il referendum sull’eutanasia
Gli avvocati presenti oggi alla camera di consiglio partecipata – ovvero aperta alle parti – per il quesito sull’eutanasia sono in tutto 18. Parleranno quasi tutti. Presenti anche, solo per ascoltare, sette esponenti del Comitato promotore, guidato dall’Associazione Coscioni. Tra loro Marco Cappato e Valeria Imbrogno, la compagna di Fabiano Antonioni, ovvero Dj Fabo, morto in Svizzera con il suicidio assistito il 27 febbraio del 2017. Il Comitato promosso dall’Associazione Luca Coscioni, nato ad aprile 2021, da giugno a settembre scorso ha raccolto più di 1,2 milioni di firme per la proposta di Referendum Eutanasia Legale.
Il quesito
«Abrogazione parziale dell’art. 579 del codice penale (omicidio del consenziente)»: “Volete voi che sia abrogato l’art. 579 del codice penale (omicidio del consenziente) approvato con R.D. 19 ottobre 1930, n.1398, comma 1 limitatamente alle seguenti parole “la reclusione da 6 a 15 anni”; comma 2 integralmente; comma 3 limitatamente alle seguenti parole “Si applicano”?”
Il referendum sulla cannabis
Anche il Referendum sulla cannabis è promosso dall’Associazione Luca Coscioni, insieme a Meglio Legale, Forum Droghe, Società della Ragione, Antigone, e dai partiti +Europa, Possibile, Radicali italiani, Potere al Popolo e Rifondazione Comunista e Volt. Per la prima volta in assoluto la campagna referendaria si è svolta totalmente online sulla piattaforma messa a disposizione dall’Associazione Luca Coscioni. Il quesito referendario riferito al Testo Unico in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, di cui al d.P.R. 309/1990, spiegano i promotori, «è stato formulato con il duplice intento di intervenire sia sul piano della rilevanza penale sia su quello delle sanzioni amministrative di una serie di condotte in materia di droghe».
Il quesito
“Volete voi che sia abrogato il Decreto del Presidente della Repubblica del 9 ottobre 1990, n. 309, avente ad oggetto “Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza“, limitatamente alle seguenti parti:
Articolo 73, comma 1, limitatamente all’inciso “coltiva”;
Articolo 73, comma 4, limitatamente alle parole “la reclusione da due a 6 anni e”;
Articolo 75, limitatamente alle parole “a) sospensione della patente di guida, del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori o divieto di conseguirli per un periodo fino a tre anni;”?”
La voce di chi è contrario
Davanti alla Corte oggi è presente anche una delegazione della Comunità di don Benzi. «Portiamo davanti all’Alta Corte la silenziosa presenza e la preghiera delle persone che vivono nelle nostre case famiglia e comunità. Alcuni sono tra i più fragili della nostra società, persone che chiedono quasi scusa di esistere, altri sono i giovani nelle nostre comunità terapeutiche che cercano di emanciparsi dalle dipendenze patologiche», dice Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII. «Nelle scorse settimane sono state denunciate le conseguenze di una liberalizzazione senza limiti dei quesiti referendari sulle droghe, non soltanto della cannabis, e sull’eutanasia», dice ancora Ramonda. Diversi costituzionalisti «nutrono seri dubbi sulla liceità dei quesiti referendari. Se da un punto di vista legislativo si creerebbero vuoti e paradossi, da un punto di vista antropologico si aprirebbero possibilità devastanti per tante persone che vivono ai margini e giovani che cercano un senso di vita. La nostra Costituzione è per la vita e noi siamo qui per testimoniarlo».
Sull’altro fronte Scienza & Vita e l’Unione Giuristi Cattolici Italiani, entrambe vicine alla Conferenza episcopale italiana, si sono costituite e hanno discusso stamane davanti alla Consulta. L’avvocato Alessandro Benedetti, docente di diritto penale all’Università Europea di Roma, «ha articolato il suo ragionamento, rappresentando fondati motivi in ordine ai seguenti punti: a) gli elementi di contraddittorietà e carenza di chiarezza riscontrabili nella formulazione del quesito referendario; b) il fatto che il presente referendum abrogherebbe una legge costituzionalmente necessaria che dà tutela minima a un bene protetto dalla Costituzione, ovvero la vita umana; c) nelle sue conseguenze, la vera natura di tale referendum non è abrogativa (modalità propria dell’istituto referendario), ma di fatto manipolativa e propositiva».
Per il legale «la triste ed inaccettabile conseguenza dell’abrogazione richiesta dal quesito referendario sarebbe quella di lasciare privi di ogni forma di tutela i soggetti vulnerabili, che vivono in una condizione di difficoltà e debolezza, ma comunque capaci di esprimere un consenso valido»: quindi aprendo, è il ragionamento, a rischi di abusi, «non solo dei pazienti in condizioni terminali». Per Benedetti invece «le persone gravemente malate, unitamente ai loro cari, reclamano piuttosto che il dolore/sofferenza fisica si affronti con precisi e competenti presidi farmacologici e una seria preparazione specifica, con il potenziamento della legge 38/2010 – richiamata quale precondizione di qualunque eventuale scelta esiziale proprio dalla Corte costituzionale n. 242/2019, che un’eventuale declaratoria di ammissibilità del quesito referendario ora finirebbe per demolire».
La situazione in Parlamento
«Aspetto con ansia ma anche con grande speranza l’esito della Consulta di oggi su questioni che riguardano campagne di cui mi occupo da trent’anni: eutanasia, cannabis e riforma della giustizia», dice oggi a Forrest, su Rai Radio1, la leader di +Europa e storica esponente radicale Emma Bonino. «Certo è che le Camere si sono svegliate dal sonno solo per evitare i referendum. È come se i partiti non leggessero i risultati elettorali: vedo una grande astensione alle elezioni, ma una grande partecipazione e una voglia diffusa dei cittadini di partecipazione sui temi che li interessano. I partiti fanno finta di non vedere tutto questo e sono più interessati a risolvere i loro problemi».
Già perché nel frattempo un testo in Parlamento sul fine vita c’è, ma la discussione e rimandata e di fatto rischia, si dice in Parlamento, di fare la stessa fine del ddl Zan al voto segreto. Nicola Provenza del M5S relatore del fine-vita insieme ad Alfredo Bazoli del Partito Democratico, si dice «fiducioso», mentre Bazoli parla di «cauto ottimismo»: «Questo è un testo che ha cercato di trovare un punto di mediazione. Non mi aspetto che il centrodestra voti a favore ma che non faccia ostruzionismo. E che alcuni esponenti votino in dissenso al gruppo». Il testo è frutto di modifiche che hanno inserito l’obiezione di coscienza e sanciscono di fatto il diritto al suicidio assistito solo per chi ha avviato delle cure palliative. Riccardo Magi di +Europa parla di «un’occasione storica sprecata» e di una legge che non garantisce davvero libertà di scelta. Dal Pd non mancano le voci critiche, come quella di Giuditta Pini che segnala l’esclusione, di fatto, dei malati oncologici. «Restiamo contrari a questa legge», dice il capogruppo leghista, Roberto Turri. «Proveremo a farla passare con qualche modifica in aula». Il centrodestra, tranne Fratelli d’Italia, vorrebbe fermare ulteriormente la discussione per valutare tutti gli emendamenti. E intanto c’è l’appuntamento con la Consulta.
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