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Crisi ucraina, Kiev accusa Mosca: «Non ha ritirato le truppe». L’Ue: «Basta parole, servono i fatti»

16 Febbraio 2022 - 17:15 Redazione
Un rapporto dei Servizi ucraini conferma le cifre americane sulle truppe accumulate da Putin al confine, ma non le giudicherebbe come una concreta minaccia

È davvero de-escalation nella crisi russo-ucraina? La tensione sembra scendere, ma il ministero della Difesa ucraino denuncia in queste ore un attacco informatico «senza precedenti» che ha colpito i siti web del ministero, quello delle forze armate e quelli di due banche statali. Attacco per cui la Russia nega qualsiasi responsabilità: «Come atteso, l’Ucraina continua a incolpare la Russia per tutto. La Russia non ha nulla a che fare con gli attacchi cibernetici», dice ai giornalisti il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. Mosca aggiunge anche che ritiene «positivo» il fatto che il presidente americano Joe Biden voglia proseguire i colloqui. Intanto, il presidente ucraino Voldymyr Zelensky ha accusato Vladimir Putin di non aver fatto ancora nulla di concreto. Parlando con la Bbc ha detto: «Ad essere onesti non vediamo ancora alcun ritiro. Ne abbiamo sentito parlare, ma per ora sono solo dichiarazioni». Anche la Nato avvisa: «Nessuna de-escalation sul terreno, altre truppe di Mosca sono in arrivo».

Stoltenberg: «Ancora nessuna escalation»

Da parte della Nato non ci sarebbe alcun segnale della de-escalation sul confine russo-ucraino, come invece annunciato dal Cremlino. Il segretario dell’alleanza atlantica Jens Stoltenberg ha anzi ribadito come la Russia stia continuando ad ammassare truppe vicino l’Ucraina: «Non vediamo alcun segno di de-escalation sul terreno – ha detto a margine del vertice con i ministri della Difesa Nato – C’è un gran numero di forze pronte ad attaccare». Sulla realtà situazione al confine russo-ucraino però si accumulano informazioni contrastanti. È di poche ore prima infatti un report dell’intelligence di Kiev, diffuso dalla Cnn, secondo cui: «Il contingente militare russo vicino al confine ucraino non è sufficiente per portare a termine con successo un’aggressione armata su larga scala contro l’ucraina». Stando al report, il numero totale di forze russe è aumentato a oltre 148mila unità, di cui 126mia soldati di terra.

I leader del Parlamento Ue: «Con gli ucraini per un futuro europeo»

Contro l’Ucraina non è solo in corso una minaccia militare senza precedenti, sostiene la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, con i leader dei gruppi parlamentari in un comunicato congiunto. Quella in corso è anche: «una minaccia per il prospero sviluppo democratico ed economico dell’Ucraina, per l’ordine internazionale basato sulle regole e per la sicurezza dell’Europa nel suo insieme». Nella ferma condanna alla Russia, il Parlamento Ue ribadisce il sostegno: «all’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina entro i suoi confini internazionalmente riconosciuti». L’invito è quindi per Kiev perché il Paese resti unito e fermo «nelle sue riforme globali in linea con gli impegni presi nell’ambito dell’accordo di associazione dell’Ue e della zona di libero scambio globale».

Von der Leyen chiama Draghi

Nel pomeriggio di oggi c’è stata una telefonata tra il premier Mario Draghi e la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. «Ho avuto uno scambio con il premier Draghi sulla situazione attuale della sicurezza», ha scritto la presidente su Twitter. «Una de-escalation sarebbe benvenuta, ma mancano segnali concreti da parte della Russia. Abbiamo anche parlato della prontezza nella risposta sulla sicurezza delle forniture energetiche, a beneficio dell’Ue dell’Italia».

In Ucraina è festa nazionale

Nel frattempo in Ucraina alla de-escalation ci credono: per il paese sono comparse bandiere nazionali ed è stato suonato l’inno, per mostrare unità contro i timori di un’invasione russa. Bandiere nazionali quindi fuori dalle scuole, dagli ospedali e da molti negozi per celebrare la “Giornata dell’Unità”, una festa che il presidente Zelensky ha creato questa settimana dopo che la Russia ha ammassato le truppe vicino ai confini dell’Ucraina. La Russia ha negato che invaderà, ma ha avvertito che potrebbe intraprendere un’azione “tecnico-militare” non specificata se le sue richieste di sicurezza, comprese le limitazioni a Kiev per l’ingresso nella Nato, non saranno soddisfatte. «Solo un giorno normale, ma queste bandiere sono qui per uno scopo, per mostrare che non temiamo nessuno. Non ci hanno spaventato», dicono per le vie di Kiev.

Da anni nel paese si sta (ri)costruendo un’identità nazionalista indipendente, anche in risposta alla politica del vicino russo, con ostentazione di bandiere gialle e blu e occasioni di celebrazione della nazione ucraina. Zelensky in tv ha affermato che gli ucraini sono uniti attorno al desiderio comune di «vivere in pace, felicemente, in una famiglia, bambini con genitori». «Nessuno può amare la nostra casa come noi. E solo noi, insieme, possiamo proteggerla», dice. Il presidente ha invitato gli ucraini a pubblicare foto e video della bandiera ucraina e ad aggiungere sui social l’hashtag #UnityDay. Zelenskiy dice da tempo che la minaccia russa di un’invasione sia stata sopravvalutata dagli alleati occidentali. Mykhailo Podolyak, consigliere del capo di stato maggiore di Zelenskiy, spiega che questa settimana il presidente ha scelto il 16 febbraio come festa patriottica in parte ironicamente (Zelensky è un ex comico), in parte in risposta ai resoconti dei media che davano per certa un’invasione per oggi.

«Il rischio di aggressione nei confronti dell’Ucraina è piuttosto grande», dice invece alla radio Lbc il sindaco di Kiev affermando che «è la prima volta nella storia dell’Ucraina che così tanti soldati russi sono al confine» e dicendo di sperare in una «soluzione diplomatica dell’ultimo momento». «Ci prepariamo per ogni scenario. Non sappiamo come evolverà la situazione ma speriamo l’invasione non avvenga e che all’ultimo momento si trovi una soluzione diplomatica».

Stasera Di Maio a Mosca, domani vede Lavrov

Il ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Luigi Di Maio andrà stasera in missione a Mosca per un incontro con il ministro degli Affari Esteri della Federazione Russa Sergey Lavrov: l’incontro avverrà domani, giovedì 17 febbraio, in mattinata, spiega la Farnesina. La missione ha luogo all’indomani di quella a Kiev e fa parte di un operato a tutto dell’Italia insieme agli omologhi europei e ai principali partner internazionali per favorire una soluzione diplomatica alla crisi ai confini fra Russia e Ucraina.

L’Ue: «Da Mosca vogliamo i fatti»

Nel frattempo gli occidentali vogliono conferme. A ribadirlo è la presidente della Commissione Ue: «Credo che la diplomazia non ha abbia detto l’ultima parola ma ora dobbiamo vedere i fatti oltre alla parole», dice Ursula von der Leyen alla plenaria di Strasburgo. «La Nato non ha ancora visto segni chiari di ritiro. Abbiamo esaminato tutte le possibili perturbazioni se la Russia sceglie di usare l’energia come leva di pressione e posso dire che per questo inverno siamo al sicuro», dice ancora von der Leyen alla plenaria di Strasburgo. «Con gli stati membri abbiamo messo a punto misure di emergenze che possiamo mettere in campo se si arriva a una crisi totale: oltre 200 navi di Gnl (gas naturale liquefatto, ndr) sono in arrivo in Europa», spiega. «Ma dobbiamo anche investire per liberarci dalla dipendenza dalla Russia per il gas».

Anche Josep Borrell, l’Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera e capo della diplomazia europea, invita alla cautela. Il ritiro è da «verificare», spiega ai microfoni di radio France Inter. Sarebbe sì un segnale di distensione, dice, se fosse vero, senza dubbio. «Bisogna sempre controllare». La Russia ha cercato «di ignorare l’esistenza dell’Ue mandando il messaggio che ritiene che l’Ue non sia un interlocutore importante per la sicurezza in Europa». Per dividere il fronte europeo il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov «infatti ha mandato lettere alle 27 capitali, sperando di riceve 27 risposte diverse ma ne ha ricevuta una sola a nome di tutti», dice ancora Borrell durante il suo intervento al Parlamento europeo nel dibattito sulla situazione in Ucraina.

«Si è detto che l’Europa è stata assente, che solo gli Usa hanno guidato i negoziati, sono critiche ingiuste davanti a tutte le iniziative di dialogo portate avanti dagli Stati membri in pieno coordinamento e in piena trasparenza con il resto dell’Ue». E avverte: «Nel preparare la nostra riposta unitaria, la volontà di negoziare deve anche saper ascoltare Mosca, poiché anche la Russia ha delle preoccupazioni di sicurezza che vanno considerate». Allo stesso tempo «bisogna affinare i nostri strumenti di dissuasione, come le sanzioni, entrambe le cose sono importanti nei negoziati per trovare una soluzione diplomatica a questa crisi, la più grave sin dalla guerra fredda».

Le operazioni militari russe

La Russia ha annunciato il termine delle esercitazioni militari nella Crimea annessa a Mosca: qui la presenza di truppe aveva scatenato prima fra tutte la paura di una possibile invasione russa del Paese. Le forze militari starebbero tornando alle loro guarnigioni, dice il ministero della Difesa in una nota. Ieri un primo ritiro dei militari di Mosca dai confini con l’Ucraina aveva segnato il cambio di passo. «Le unità del distretto militare meridionale, dopo aver completato la loro partecipazione alle esercitazioni tattiche, si stanno spostando verso i loro punti di schieramento permanente», dice in una nota il ministero della Difesa. La televisione di Stato ha mandato in onda le immagini di mezzi militari che attraversano un ponte tra la penisola di Crimea e la terraferma.

Gli Stati Uniti: «Siamo con Kiev»

Nel frattempo in nottata è arrivata dagli Stati Uniti una dichiarazione bipartisan di senatori americani, inclusi i leader repubblicano e democratico, Mitch McConnell e Chuck Schumer. «Un messaggio di solidarietà al popolo ucraino e un chiaro avvertimento a Vladimir Putin e al Cremlino»: se Mosca decidesse di invadere l’Ucraina dovrebbe «pagare un prezzo alto. Siamo pronti a un sostegno pieno per l’imposizione immediata di forti ed efficaci sanzioni, ma anche restrizioni e controlli all’export verso la Russia». Il senato degli Stati Uniti, si ribadisce, è con la «popolazione ucraina e con gli alleati della Nato. L’ordine internazionale stabilito dopo la Seconda Guerra Mondiale non ha mai visto una minaccia forte» come quella di questi giorni dai «tempi della Guerra Fredda. Questo ordine ha consentito un’era senza precedenti di pace e prosperità per gli Stati Uniti e gli alleati».

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