L’accusa dei Nas ai medici: «Michele Merlo si poteva salvare con la terapia giusta»
Il cantante ed ex concorrente di talent show Michele Merlo si sarebbe potuto salvare. Non sarebbe guarito, ma nemmeno sarebbe morto come è accaduto il 6 giugno scorso. Ma la diagnosi di leucemia fulminante è arrivata troppo tardi. Anche se, racconta oggi Il Messaggero, Michele aveva ematomi enormi sulle gambe e aveva detto ai dottori di avere febbre, placche, mal di gola. La malattia è stata trattata prima come uno strappo muscolare e poi come una tonsillite. L’accusa è che la sua morte è il risultato di una serie di negligenze. Per questo la Procura di Vicenza ha iscritto sul registro degli indagati il medico di base di Merlo, Pantaleo Vitaliano, con studio a Rosà. Ma nell’informativa dei carabinieri del Nas emerge che anche un altro dottore avrebbe trattato il paziente con superficialità. I dottori erano stati “assolti” dagli ispettori inviati dalla Regione. Ma i Nas mettono invece in dubbio la correttezza dell’operato di due medici. Il secondo ha visitato Merlo a Bologna il 2 giugno diagnosticando una tonsillite. Questo dottore non è indagato perché in quella data le condizioni del cantante erano già disperate. Per i Nas, comunque, i due dottori, «trattando con superficialità i sintomi suggestivi di leucemia, ne ritardavano la diagnosi compromettendo l’esito delle cure». Secondo i consulenti della Procura di Bologna, se la terapia corretta fosse stata somministrata a partire dal 27-28 maggio, il giovane avrebbe avuto «una probabilità di morte precoce pari a 5-10 per cento».
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