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Il fuorviante slogan No vax: «È la prima volta nella storia che l’inefficacia di un farmaco è colpa di chi non l’ha preso»

20 Febbraio 2022 - 12:43 Juanne Pili
Storicamente l'inefficacia è nelle campagne vaccinali, la cui responsabilità ricade nella collettività

Circolano degli slogan riportanti stereotipi volti a motivare i gruppi No vax. Oggi esaminiamo la foto di un cartellone con su scritto «È la prima volta nella storia che l’inefficacia di un farmaco è colpa di chi non l’ha preso». Si tratta di una frase costruita in base alla disinformazione e a imprecisioni comunicative riguardanti i vaccini contro il nuovo Coronavirus.

Per chi ha fretta:

  • L’efficacia dei vaccini approvati da Ema e Fda è dimostrata.
  • Da quando esistono i vaccini, l’efficacia delle campagne vaccinali dipende dal raggiungimento dell’immunità di comunità.
  • Nella gestione dell’emergenza pandemica sono numerose le variabili da tenere in considerazione: contano anche la quantità di posti letto, il personale sanitario e l’esistenza di farmaci antivirali efficaci.

Analisi

Uno slogan è una frase efficace nel persuadere, facile da ricordare, a uso e consumo di determinati gruppi sociali. Arriva alla mente prima di ogni esame razionale, viene assunto come vero perché conferma tutta una serie di preconcetti. In questo caso si veicola l’immagine di un establishment mondiale in imbarazzo, che non sapendo giustificare meglio la presunta inefficacia dei vaccini, scarica la colpa a chi rifiuta di farseli inoculare. Questi ultimi starebbero quindi vivendo una sorta di ingiustizia sociale.

Lo slogan No vax sui vaccini inefficaci per colpa dei No vax.

Efficacia e immunità di comunità

Cosa si intende per efficacia dei vaccini anti-Covid? I vaccini non curano la malattia contro la quale sono stati realizzati, ma hanno la funzione di prevenirla e non solo. Nel caso della pandemia Covid-19, un altro obiettivo è quello di immunizzare la popolazione affinché la sanità pubblica, in particolare gli ospedali, non siano sottoposti a una pressione tale da non poter garantire i servizi anche per altre patologie e pazienti.

Guardiamo cosa succede in Italia. Secondo dati diffusi dall’Istituto superiore di Sanità, nel gennaio scorso i ricoverati in terapia intensiva erano 26,7 ogni 100 mila non vaccinati; i vaccinati con terza dose erano invece 0,9 ogni 100 mila. Questo significa che i non vaccinati colpiti da Covid grave sono 38 volte di più. Per quanto riguarda i decessi, l’indice di rischio per chi non si è vaccinato è 30 volte più alto.

Se per efficacia intendessimo il non prendere un farmaco che riduce il rischio di finire ricoverato o di morire, allora lo slogan in oggetto sarebbe corretto, ma l’italiano non è opinabile. Va da se che raggiungendo un alto numero di persone vaccinate si potrà proteggere con più efficacia anche chi non può vaccinarsi. È la cosiddetta immunità di gregge, che sarebbe più corretto definire di comunità. Certamente una parte importante nell’alleggerire il carico sanitario la svolgeranno anche i farmaci antivirali, come Paxlovid di Pfizer-BioNTech e Molnupiravir di Merck, che non sono caramelle: entrambi vanno somministrati fin dai primi sintomi, quello è infatti il momento in cui il virus si moltiplica in un Organismo privo di difese adeguate.

Ricapitolando, i vaccini anti-Covid nel lungo periodo continuano a proteggere soprattutto dalle forme gravi di Covid-19, riducendo il carico ospedaliero e soprattutto i decessi. Ecco perché, come abbiamo visto, con SARS-CoV-2 puntare sulla cosiddetta immunità naturale non è una buona idea.

Vaccini e varianti Covid

Un altro luogo comune sta nella semplificazione del fenomeno delle varianti Covid. La protezione degli anticorpi indotti dai vaccini resta alta, anche contro Omicron. Un recente studio, apparso il 23 gennaio 2022 su Cell, ha riscontrato risultati simili, anche per quanto riguarda la linea di difesa rappresentata dai linfociti T, che fanno parte della cosiddetta immunità cellulo-mediata. Eppure continuano a emergere varianti e c’è chi avvelena i pozzi, sostenendo che la colpa sarebbe della pressione selettiva indotta dai vaccini. Una teoria derivante dalla convinzione che i virus si comportino come i batteri, mentre è ben noto al contrario di questi ultimi (i batteri, per i quali ha senso la farmaco-resistenza) non possono moltiplicarsi senza infettare le cellule.

Risulta statisticamente probabile che le varianti emergano dove a essere inefficaci sono le campagne vaccinali, ma non basta fare calcoli probabilistici. Esiste un riscontro nella realtà? Sì, ecco uno storico dei contesti in cui sono emerse le principali varianti note:

Alfa – Regno Unito: 20 settembre 2020, 0% della popolazione vaccinata;

Beta – Sud Africa: 19 agosto 2020, 0% della popolazione vaccinata;

Gamma – Brasile, 11 settembre 2020, 0% della popolazione vaccinata;

Delta – India, 23 ottobre 2020, 0% della popolazione pienamente vaccinata;

Eta – Nigeria, 20 dicembre 2020, 0% della popolazione pienamente vaccinata;

Iota – New York, 23 novembre 2020, 0% della popolazione pienamente vaccinata;

Kappa – India, 1° dicembre 2020, 0% della popolazione pienamente vaccinata;

Lambda – Perù, 30 novembre 2020, 0% della popolazione pienamente vaccinata;

Mu – Colombia, 11 gennaio 2021, 0% della popolazione pienamente vaccinata;

Omicron – Sud Africa e Botswana, novembre 2021, Paesi dove appena il 20% della popolazione era stata pienamente vaccinata.

Omicron e i casi del Botswana

Qualcuno potrebbe obiettare facendo notare che tra i primi casi accertati di variante Omicron in Botswana vi fossero dei vaccinati. Questo a dimostrazione che nei falsi miti funzionano di più le correlazioni spurie e trovarvi nessi causali a tutti i costi.

Se i vaccini non garantiscono protezione contro il contagio, e sono bensì efficaci per le forme gravi, è pacifico che in una regione dove poco più del 20% dei cittadini è vaccinato la probabilità di essere trovati positivi con una nuova variante riguarda anche chi si vaccina.

I cittadini del Botswana erano risultati positivi a seguito di uno screening previsto per viaggiare. Erano tutti e quattro vaccinati, ed é abbastanza probabile che chi in Botswana può permettersi di fare viaggi all’estero ricada tra quel 20% dei vaccinati. All’epoca erano probabilmente migliaia i casi nel Paese non ancora tracciati. In nessun modo lo stato di quei quattro vaccinati avrebbe potuto ribaltare le statistiche.

Un esempio storico: la poliomielite

Storicamente l’inefficacia è nelle campagne vaccinali, la cui responsabilità ricade nella collettività, perché dipendono dal raggiungimento di una immunità di comunità, evitando i costi – anche in vite umane -, che comporterebbe raggiungere un’ampia immunizzazione mediante la libera circolazione del virus. Non è certo la prima volta nella storia che ce ne accorgiamo. Basta vedere i progressi fatti nel debellare la poliomielite nei Paesi occidentali e cosa succede nelle regioni del Mondo – come l’Afghanistan -, quando le vaccinazioni vengono arrestate, specialmente dove questa malattia è endemica. Nel 2020 su tre milioni di bambini afgani a rischio, per colpa dei talebani che hanno boicottato le campagne vaccinali, c’è stata una esplosione di casi, con circa 300 minori paralizzati. 

Conclusioni

Parliamo di uno slogan, che in quanto tale prescinde dal contesto reale e ne sottintende un altro, totalmente privo di fondamento. I vaccini hanno dimostrato una efficacia intrinseca, contestualizzata alla protezione dai casi gravi e dai decessi.

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