Gas liquido, Tap e trivelle: così l’Italia punta a liberarsi dalla dipendenza energetica dalla Russia
Preoccupa la guerra alle porte tra Europa e Russia ma preoccupano anche i problemi concreti che verrebbero da conflitto e sanzioni, a cominciare dalle ricadute sulle forniture energetiche. Sulla carta, però, l’Italia può puntare su ben tre strade per far fronte all’emergenza: il gasdotto trans-adriatico TAP, l’incremento della produzione interna e il gas liquefatto (GNL) potrebbero liberare il nostro paese dalla dipendenza dal gas russo. Il quadro di partenza non è dei più semplici, nel 2020 abbiamo importato oltre il 40% del fabbisogno di gas dalla Russia. Ma i prezzi insostenibili degli ultimi mesi e le tensioni geopolitiche della Russia con l’Ucraina e l’Europa tutta impongono un cambio di passo.
Il contesto
È di ieri 22 febbraio 2022 la dichiarazione del cancelliere tedesco Olaf Scholz di sospendere l’entrata funzione del gasdotto Nord Stream 2 in seguito all’invasione russa del Donbass. Il condotto permetterebbe al gas russo di raggiungere la Germania, e quindi l’UE, passando sotto al Mar Baltico. Così facendo la Russia avrebbe una linea diretta con l’Unione che le permetterebbe di escludere dai giochi l’Ucraina, che al momento si trova in una posizione strategica in quanto attraversata da un gasdotto che dalla Russia raggiunge l’Europa. Tale gesto segnala una forte volontà della maggior economia europea di non sottostare a potenziali ricatti del Cremlino, e giunge in un periodo in cui le trattative per risolvere la crisi in Ucraina sono state spesso ostaggio dell’approvvigionamento di gas russo, mentre l’UE si trova strozzata da prezzi sempre più alti della materia prima.
Perché il gas costa così tanto?
I prezzi del gas sono saliti non solo a ridosso della crisi geopolitica in Ucraina. E le ragioni dell’impennata sono principalmente tre.
- La pandemia aveva causato una flessione dei consumi. Al momento della ripresa però la domanda è schizzata alle stelle, costringendo i principali fornitori a razionare le loro esportazioni. Nello specifico, la Russia ha dirottato gran parte della sua produzione verso l’Asia, causando un aumento del prezzo del gas in Europa. A questo si aggiunge il progressivo esaurimento del giacimento di Groningen, nei Paesi Bassi, che entro il 2026 chiuderà definitivamente.
- Per limitare le emissioni di gas serra, l’UE adotta un sistema definito “mercato del carbonio“. Chi inquina deve compensare le proprie emissioni acquistando delle quote i cui proventi vengono utilizzati per ridurre le emissioni. Con gli anni, il numero di quote diminuisce per incentivare il passaggio a fonti energetiche meno inquinanti. Di conseguenza, il prezzo delle quote rimanenti aumenta sempre di più, e questo si riflette sul costo finale dei combustibili fossili, tra cui il gas.
- Il 38% del gas utilizzato nell’UE proviene dalla Russia. Consapevole di questa dipendenza, Putin può usare l’approvvigionamento di gas come leva per ricattare i leader europei, il che può tornargli particolarmente utile nella trattative sull’attuale crisi in Ucraina. In maniera simile, il flusso di gas russo che transita dall’Ucraina potrebbe essere bloccato a causa del conflitto nel paese. A prescindere dal fatto che questo accada o meno, quest’incertezza si riflette sui mercati, e fa impennare i prezzi.
La soluzioni dell’Italia
Le recenti tensioni hanno messo in evidenza la vulnerabilità dell’UE, e dell’Italia nello specifico, dovute alla forte dipendenza dal gas russo, le espongono eccessivamente a fluttuazioni di prezzo e alla volontà di Putin. Per porre rimedio, in Italia si ragiona su come diversificare l’approvvigionamento di gas. Le principali soluzioni per sopperire a un ipotetico stop dei rifornimenti russi sono tre.
Aumentare la produzione interna
Il primo intervento previsto dal governo per limitare la dipendenza dalla Russia è il potenziamento della produzione interna. I giacimenti in territorio italiano contengono oltre 90 miliardi di metri cubi di gas (per fare un confronto, il consumo annuale italiano si aggira sui 70 miliardi di metri cubi). Al ritmo attuale, dai giacimenti italiani vengono estratti circa 3 miliardi di metri cubi di gas, che però potrebbero essere portati a 6 adeguando gli impianti. A ciò si aggiunge il fatto che l’estrazione di gas in territorio italiano costa, a parità di prodotto finito, circa il 10% del gas importato, il che potrebbe liberare fondi da utilizzare diversamente.
Gas liquido via nave
Un’altra soluzione, contemplata più dall’UE che dall’Italia singolarmente, si basa sulla tecnologia di liquefazione del gas, che, una volta portato alla temperatura di 162 gradi sottozero, può essere stoccato in forma liquida (GNL) e trasportato via nave da una parte all’altra del mondo. Questa tecnologia permette all’UE di rifornirsi da mercati il cui apporto è stato finora nullo o marginale, come gli Stati Uniti o l’Australia.
TAP – Il gasdotto transadriatico
Infine, il maggior contributo per sopperire al gas russo potrebbe provenire dall’Azerbaijan. Il paese del Caucaso è infatti collegato direttamente all’Italia tramite il Trans Adriatic Pipeline, un gasdotto in esercizio dal 2020 che attraversando Georgia, Turchia, Grecia, Albania e il Canale d’Otranto porta il gas azero direttamente in Puglia. Nel 2021, attraverso il TAP sono giunti in Italia circa 7 miliardi di metri cubi di gas, che hanno quindi coperto il 10% del fabbisogno del paese. Questi però sono a malapena un terzo della potenziale portata del gasdotto, che tra la fine del 2023 e quella del 2024 potrebbe portare in Italia fino a 25 miliardi di metri cubi di gas in seguito a progetti già delineati di adeguamento degli impianti. Nel 2020 i metri cubi di gas giunti in Italia dalla Russia sono stati 28 miliardi. Uscire da questa dipendenza non sarà facile né immediato. La combinazione delle tre strade sul tavolo del governo italiano e di quelli europei potrebbe però limitare le conseguenze economiche più immediate della crisi ucraina.
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