Pamela Mastropietro, la Cassazione conferma l’ergastolo per Oseghale ma accoglie il ricorso sullo stupro. La madre: «È un supplizio»
La Corte di Cassazione ha confermato l’ergastolo per Innocent Oseghale, il pusher 32enne condannato per l’omicidio della 18enne romana Pamela Mastropietro, uccisa e fatta a pezzi il 30 gennaio del 2018. I giudici hanno deciso anche per l’annullamento della sentenza d’appello per il reato di violenza sessuale. Su questa ulteriore accusa è stato disposto un appello bis che si terrà a Perugia. Anche per la Cassazione dunque Oseghale è il colpevole della morte di Pamela Mastropietro ma il nuovo processo d’appello stabilito per il reato di stupro potrebbe avere il potere di modificare la condanna finale dell’ergastolo. Se i giudici di secondo grado dovessero non ritenere Oseghale responsabile della violenza sessuale attribuita nella prima sentenza d’appello, la pena finale decisa dalla Corte d’assise d’appello di Ancona, potrebbe cambiare e ridursi. A questo proposito la difesa dell’imputato, l’avvocato Umberto Gramenzi, riferisce i dettagli della possibile riduzione: «Se a Perugia non verrà ritenuta sussistente l’aggravante della violenza sessuale, la pena potrebbe scendere a 30 anni – spiega -. L’aspetto rilevante dal nostro punto di vista è che era stata proprio l’aggravante della violenza ad aver comportato la condanna all’ergastolo ed è su questo punto che i giudici di Perugia dovranno esprimersi». L’accusa dello stupro è l’unico oggetto di ricorso che la Cassazione ha accolto, mentre è stato rigettato quello sulle accuse di omicidio volontario, vilipendio e distruzione di cadavere.
L’amarezza della madre
«La madre di Pamela è molto amareggiata, per lei questo è un supplizio». A farlo sapere è l’avvocato Marco Valerio Verni, legale della famiglia di Pamela Mastropietro insieme ad Ippolita Naso. «Questa è una sentenza che ci lascia con l’amaro in bocca, oggi speravamo arrivasse la parola fine», continua Verni, «l’annullamento con rinvio a Perugia per l’accusa di violenza sessuale rischia di portare a una riduzione della pena e questo ci dispiace e ci amareggia».